Rispetto della persona non di genere, molti non lo sanno

Società | 24 novembre 2018
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Sono 106 le vittime di femminicidio in Italia registrate nei primi dieci mesi del 2018, una ogni 72 ore. Numeri allarmanti, sebbene in lieve calo in valore assoluto (-7%) rispetto allo stesso periodo preso in considerazione lo scorso anno, quando le donne uccise da uomini violenti erano state 114. Secondo i dati raccolti da Eures – Ricerche economiche e sociali in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, il numero dei femminicidi in Italia è, però, cresciuto rispetto al totale degli omicidi, passando dal 34,8% dell’anno precedente al 37,6% del 2018 (il picco si è avuto nel 2016 con una incidenza del 38% delle donne uccise). L’età media delle vittime è in aumento, con numeri che proprio quest’anno raggiungono i valori più elevati: 52 anni per il totale delle donne uccise e 54 anni per le vittime di femminicidio familiare. E anche nel 2018 i dati confermano che le violenze sulle donne si consumano principalmente in famiglia (79,2 % - nei primi dieci mesi del 2017 erano state l’80,7%) e in coppia (70,2% - nel periodo gennaio-ottobre 2017 erano state il 65,2%).

Il fenomeno del femminicidio continua, dunque, a dilagare. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 3.100, con una media di più di 3 vittime a settimana. In questo arco di tempo preso in considerazione, il 2017 è l’anno con più casi di femminicidi familiari (112 su 141, pari al 79,4%) e con il più basso numero di femminicidi di coppia (67, pari al 59,8%). A ciò si aggiunga che è aumentato anche il numero delle madri uccise dai propri figli (16,1%). Ieri, come oggi, la violenza sulle donne è soprattutto violenza familiare. Dal 2008 ad oggi il 72% (3 su 4) delle donne uccise è sempre vittima della brutalità di un parente, del partner o di un ex partner. In particolare, “la coppia – sottolinea l’Eures - rappresenta l'ambito più a rischio per le donne, con ben 1.426 vittime di coniugi, partner, amanti o ex partner (pari al 66,1% dei femminicidi familiari e al 47,6% del totale delle donne uccise).” Alla base dell’uccisione violenta delle donne nell’ambiente familiare vi è l’idea di possesso (il 30,6% dei casi nel 2017), sebbene altrettanto spesso la causa scatenante è una lite in famiglia (25%) dal momento che proprio in famiglia “si generano i maggiori conflitti e le più forti patologie”. Ecco perché la maggior parte dei femminicidi si consuma all’interno delle coppie “unite” - il 67,2% nel 2015, il 51,4% nel 2016 e il 54,2% nel 2017 - anche davanti alla presenza dei figli, i quali, secondo l’Istat, sono testimoni delle violenze in 4 casi su 100. Secondo l’Eures, inoltre, una vittima su tre di femminicidi di coppia ha subito nel passato ripetuti maltrattamenti: il 34,7% dei casi noti nel 2015, il 36,9% nel 2016 e il 38,9% nel 2017. Episodi di femminicidio sono da ricondurre anche a disturbi psichici dell’omicida (22,2%) o sono scatenati dalla malattia o dalla disabilità della vittima (12%). In quest’ultimo caso, si tratta di donne malate uccise dal coniuge che, a sua volta, si toglie la vita.

In Italia il maggior numero di femminicidi si registra al Nord (45,4% nel 2017), seguito dal Sud (36,3%) e dal centro (18,4%). La regione con più casi è la Lombardia (24 nel 2017, pari al 17% del totale, di cui 17 familiari). Seguono Lazio (9,2%), Puglia (9,2%), Campania (8,5%), Veneto (8,5%), Emilia Romagna (7,8%), Piemonte (7,1%), Sicilia (7,1%), Toscana (6,4%) e Sardegna (5,7). A livello provinciale, invece, è l'area metropolitana di Roma ad annoverare più vittime con 10 donne uccise (pari al 7,1% del totale), seguita da Milano, con 7 vittime (di cui 6 all'interno del contesto familiare o amoroso), Bari, Caserta, Como e Catania con 5 ciascuna e Chieti, Parma, Taranto e Venezia con 4.

Secondo Grovio, l'Organismo del Consiglio d'Europa che monitora l'applicazione della Convenzione di Istanbul in ogni paese, l'Italia è poco impegnata nella lotta al femminicidio e alla violenza sulle donne. Le strutture per dare ospitalità a chi fugge dalla violenza delle mura domestiche sono insufficienti – mancano più di 5 mila posti letto – così come pure i fondi pubblici destinati all’aiuto delle donne vittime. Inadeguate sia la formazione di forze dell'ordine e del personale socio-sanitario sul fenomeno della violenza, sia le azioni di prevenzione e protezione sui territori. Pertanto, la mancanza di un sistema di supporto credibile disincentiva la denuncia delle violenze subite. Ciò spiega anche un altro dato raccolto da Eures: nella maggioranza dei casi (il 57,1% nel 2017), delle violenze subite erano a conoscenza terze persone e nel 42,9 % delle occasioni la donna aveva presentato regolare denuncia. Senza, però, ricevere un’adeguata protezione.

Secondo i dati forniti dall’Istat, che per la prima volta ha realizzato un'indagine sui servizi offerti dai Centri antiviolenza in collaborazione con il Dipartimento per le Pari opportunità, le regioni e il Consiglio nazionale della ricerca, le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza nel 2017 sono 49.152, di cui 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza.

Oggi a Roma si terrà la manifestazione nazionale del movimento “Non una di meno” contro la violenza di genere. Sui social è già partita la campagna istituzionale lanciata dalla vicepresidente della Camera Mara Carfagna, intitolata #nonènormalechesianormale. 

 di Alida Federico

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