Riforma della giustizia e contrasto alle mafie
Il ministro Orlando e il procuratore Agueci a conferenza Pio La Torre
“La mafia si è trasformata in un sistema economico in grado di condizionare le istituzioni anche attraverso la corruzione e la collusione”. L'ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, incontrando gli studenti, a Palermo, nel corso della conferenza “Contrasto alle mafie e riforma della giustizia” organizzata dal centro Pio La Torre nell'ambito del progetto educativo antimafia. Sulla stessa linea il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, intervenuto all'incontro insieme all'avvocato Ettore Barcellona e al presidente del centro, Vito Lo Monaco.
“La storia della mafia – ha detto Agueci - insegna che nessuna istituzione e amministrazione è rimasta incontaminata rispetto al fenomeno mafioso che si è sviluppato nelle forme che gli sono proprie, tra le carenze delle istituzioni. La mafia rimedia a delle risposte e a dei bisogni che lo Stato non è in grado di dare”. “Bisogna però lavorare – ha sottolineato Orlando – sull'idea che ricorrere alla giustizia convenga e non sia una sciagura”.
Il ministro ha poi fatto ai ragazzi un quadro delle iniziative del governo contro la criminalità organizzata citando la normativa sulle misure di prevenzione, come la confisca per sproporzione, che consente di aggredire patrimoni illeciti anche se da tempo non sono più nella disponibilità dei mafiosi. “Il reato di auto riciclaggio approvato è uno strumento molto importante – ha aggiunto - perché nel nostro ordinamento prima dell'approvazione di questa norma alcuni fenomeni di infiltrazione nella nostra economia non avevano un'adeguata sanzione; l'autoriciclaggio, invece, consente di intervenire nei confronti di fenomeni che hanno esaurito la loro attualità ed evita di mettere fuori gioco le imprese che rispettano le regole e che non agiscono in un mercato drogato”.
Diversi i passaggi in cui è stato ricordato il progetto di riforma del falso in bilancio su cui la maggioranza ha appena raggiunto un accordo in Consiglio dei ministri: Orlando ha sottolineato con soddisfazione il superamento dei limiti della prima bozza, con la procedibilità di ufficio anziché su querela per il reato, e degli sconti di pena per chi collabora. Sull'argomento è intervenuto anche il procuratore Agueci che ha testimoniato “l'impegno profuso dal ministro Orlando per le misure messe in campo sulla sicurezza dei magistrati di Palermo e per prevenire progetti di attentati micidiali nei loro confronti”.
“Non abbiamo ancora un testo sul falso in bilancio e in materia di corruzione, finora abbiamo soltanto delle anticipazioni di stampa, specialmente in riferimento alle misure premiali che abbiamo chiesto da un pezzo – ha precisato Agueci – Aspettiamo di leggere il testo perché siamo abituati a dei progetti di riforme normative che contengono delle contraddizioni interne che vanificano lo scopo prefissato - ha aggiunto Agueci - riteniamo che una volta che è stata aumentata la sfera della punibilità con la legge Severino, la contropartita dovrebbe essere un'area di non punibilità per chi collabora. Attendiamo che si affronti in modo adeguato pure questo aspetto”. Sul fronte della sicurezza dei pm, il guardasigilli tiene a precisare: “Abbiamo firmato un decreto sulla messa in sicurezza del tribunale di Palermo.
Quando abbiamo fatto l'emendamento alla legge di stabilità per affrontare questo tema, esso è stato colto come una priorità da tutte le parti. Ma mentre ci siamo preoccupati della sicurezza dei magistrati e della città, si sono sviluppate delle polemiche tra politica e una parte della magistratura – ha detto Orlando - Sono qui per riconoscere il ruolo fondamentale della magistratura nella lotta alla mafia. La mafia non è stata sconfitta, ma è stata fortemente indebolita”. E sulle polemiche e divergenze di vedute con l'Anm e altre forze politiche, Orlando sottolinea: “La lotta alla mafia non può essere uno strumento di polemica tra fronti politici diversi, perché si vince se si realizza un fronte comune. La mafia come ogni parassita ha accompagnato i cambiamenti della società.
Mi sono spinto a definire Giovanni Falcone un intellettuale perché ha capito per tempo come cambiava la società”. E poi, ancora, un passaggio sulle contestate proposte di riduzione delle ferie dei magistrati: “Se oggi con la magistratura discutiamo di ferie e pensionamento, stiamo diventando con fatica un Paese normale, perché si tratta di discussioni fisiologiche di carattere organizzativo. In questo Paese e in questa regione non è passato molto tempo da quando si negava l'esistenza del fenomeno mafioso o la si minimizzava.
Se oggi discutiamo di ferie significa che progressivamente siamo rientrati con fatica in una dialettica che appartiene a tutti i paesi europei, il tema dell'organizzazione e delle varie attribuzioni pone una serie di attriti tra potere esecutivo e giudiziario. Ma questo non deve mai far venir meno il riconoscimento del ruolo svolto dalla magistratura”. Sul fronte della prevenzione delle infiltrazioni mafiose, il ministro ha detto agli studenti: “La vera carta fondamentale della lotta alla mafia è la nostra Costituzione – ha proseguito il ministro - perché la mafia è un'organizzazione che ha bisogno di uno Stato che funziona male. Si fa antimafia facendo funzionare bene un ospedale o un tribunale civile”.
E a proposito di tempi della giustizia civile, il ministro ha sottolineato ancora una volta la necessità di intervenire, poiché “i tempi della giustizia civile sono il triplo di quello penale” e alcune “Strutture criminali finiscono per dirimere le controversie tra privati creando oltre che una grandissima iniquità una legittimazione impropria delle stesse organizzazioni. In modo perverso, le organizzazioni criminali diventano, in una società bloccata, un ascensore sociale, offrendo effimere idee di riscatto da condizioni di miseria. La mafia ha bisogno di corpi intermedi (sindacati, partiti, associazioni religiose) che funzionano male e che sono il presupposto per uno Stato che funziona male.
Noi abbiamo bisogno di ricostruire questa dimensione è importante che i cittadini partecipino attivamente alla vita civile, questo è il contributo migliore per vincere la frammentazione sociale”. Infine, Orlando ha ricordato l'importanza della cultura e dell'educazione nel contrasto alle mafie. “Pio La Torre – ha detto - ebbe la fondamentale intuizione di aggredire i patrimoni dei boss, sfidando l'idea di un'organizzazione che ai tempi veniva invece minimizzata, quasi derubricandola a organizzazione di carattere folcloristico”. Inevitabili i riferimenti, anche da parte degli studenti, alle parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento: “Mattarella 35 anni fa raccolse il corpo del fratello Piersanti insieme alla sua storia, facendosene custode e avviando una lotta rigorosa alla mafia mirata al rafforzamento della democrazia”.
Tra le domande degli studenti non sono mancati i riferimenti al processo sulla trattativa: “La trattativa Stato - mafia di cui si parla riguarda un preciso momento storico relativo alle stragi del 1992 e che ha avuto per oggetto un accordo tra alcuni esponenti delle istituzioni e alcuni mafiosi per fermare le azioni stragiste in cambio di un trattamento meno afflittivo nei confronti dei boss. Oggi sul piano della mentalità c'è un indubbio progresso e appare chiaro che non può esserci nessun compromesso. Ma il fatto che oggi ci siano organi dello Stato capaci di processare quelle parti di se stesso che si sono trovate coinvolte è la dimostrazione di uno Stato forte e veramente democratico che non ha paura della verità". Ha detto il procuratore aggiunto Agueci.
“Senza entrare nel merito del processo è un privilegio per uno Stato moderno e civile avere la consapevolezza che si tratta di fatti avvenuti in un'epoca lontana e delimitata sul piano storico. Riguardo poi a determinati progetti criminali che circolano in carcere - ha proseguito Agueci - si tratta di progetti concreti e non degli sfoghi di una persona sola e che hanno trovato dei riscontri”. Agueci ha poi fatto riferimento a quei colloqui in carcere del boss “Riina in cui ha detto di essere ricchissimo, e questo nonostante le tante misure di prevenzione e azione di recupero dei patrimoni sottratti alla mafia”, ha sottolineato il magistrato, a dimostrazione che “la mafia va combattuta con strumenti più ampi, profondi ed estendendo il contrasto anche a livello internazionale”.
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