Ridere dell'orrore nazifascista può solo fare bene
Prismatico, ma parimenti schietto e frontale, tocca ogni tonalità della commedia musicale di ‘necessario’ impegno civico\politico (sul solco di una lezione che va da Piscator e Weill), questa corale, cesellata, appassionate edizione de “Il grande dittatore”, che è battesimo teatrale (dal Carcano di Milano in poi) del capolavoro chapliniano, settantacinque anni dopo la sua (travagliata, censurata) apparizione su grande schermo; e primo cimento del grande interprete con le potenzialità dell’audiovisivo sortito e sovvertito dopo l’età dell’oro (enfatizzata, lastricata di vittime) dei film muti e delle ‘comiche’ (spericolate, buffonesche, di tutto un po’…) che fecero la caduca fortuna di Sennet, Lloyd, il giovane Keaton e –su tutti- la maschera di Charlot.
Sappiamo già quanto il film di Chaplin sia stato la prima, acuminata, grottesca denuncia del regime liberticida nazista: in quella singolare dicotomia umana che nasce dalla perfetta somiglianza tra il barbiere ebreo e il despota in svastica, ‘mixati’ sapientemente da Chaplin sino a fondersi (e confondersi) nelle scene d’epilogo e nella famosa, ma non retorica, perorazione al pacifismo fra popoli di svariate etnie, sorgività, fedi religiose, tracciati di millenaria, spesso antitetica cultura.
Non essendo inoltre ‘replicabile’ la maschera, il carisma, l’aura espressiva di Chaplin, è bene che la trasposizione di Venturiello e Marini vada a privilegiare non solo i ‘segni’ estetici del musical sobrio e (per natura della vicenda) privo di sfarzo e virtuosismi, ma la stessa scomposizione scenica ‘astratta’ e ‘attratta’dalla lezione della Bahaus, come su interstizi e telai di forme irreali (para-espressionisti), ma dal compiuto ‘senso’ drammaturgico, connotabile anche al di là delle follie, dei lutti nazifascisti.
Satira, ironia, ribellione ontologia alla ‘fatalità’ del Male emergono con caparbietà ed energia sia dalla compatta, accuratissima regia di Marini, sia dalla resa dei due protagonisti (Venturiello e Tosca) coesi e corroborati da più di un decennio di coesistenza umana e artistica (nei ruoli principali del dignitoso artigiano del ghetto ebraico, sosia suo malgrado di Hitler, e della sua trepidante, volitiva compagna)- con il determinante apporto di Lalo Cibelli, nel ruolo imponente, zotico, ‘mostruosamente’ egocentrico dell’italico Napoleoni (alias Mussolini).
Da antologia la base ‘pentagrammatica’ dell’allestimento, colta e variegata, di Germano Mazzocchetti, che esalta le qualità vocali della (chi lo ricorda?) possente vincitrice di ‘Sanremo ’92’. Giusto per concludere con una nota di colore.
P.S.
In tema di antinazismo umanitario, in chiave satirica, commedistica, suggeriamo a chi potrà di completare la visione del grande dittatore con la rilettura di quel piccolo gioiello ciematografico di Lubich che è "Vogliamo vivere".
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Società per attori presenta
IL GRANDE DITTATORE
di Charlie Chaplin
adattamento Massimo Venturiello
con Massimo Venturiello e Tosca
e con Lalo Cibelli, Camillo Grassi, Franco Silvestri, Sergio Mancinelli, Gennaro Cuomo, Pamela Scarponi, Nico Di Crescenzo, Alessandro Aiello
musiche Germano Mazzocchetti
scene Alessandro Chiti
costumi Sabrina Chiocchio
coreografie Daniela Schiavone
light designer Umile Vainieri
sound designer Antonio Lovato
regia Giuseppe Marini e Massimo Venturiello Teatro Eliseo, Roma (attualmente in tournée)
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