Renzi in cerca della stabilità senza il Mezzogiorno
Che questa sia una
legge di stabilità preelettorale, pensata in vista delle amministrative di
maggio mi sembra fuor di dubbio. Aspetterei, tuttavia, i testi ufficiali e le
tabelle per esporre un'opinione compiuta ed un
commento di merito. Urge comunque
una domanda: dov'è finito il Mezzogiorno? Se si escludono i 450 milioni
previsti, secondo le notizie di stampa, per la “Terra dei fuochi” non v'è
traccia di provvedimenti per Il Sud. La
stessa riproposizione della decontribuzione per i nuovi assunti sarebbe
decurtata da 8.000 a 4.000 euro e riguarderebbe ancora una volta tutto il
paese, nel timore che l'UE la potesse bocciare. Così pure, non v'è traccia di
alcune proposte che giravano tra gli
addetti ai lavoratori, come la possibilità di contrattare con la Commissione Europea l'istituzione di
una o più zone economiche speciali (ZES), per attrarre investimenti diretti
esteri (IDE) attraverso la fiscalità di vantaggio. Si tratta di uno strumento
diffuso in Cina ed adottato in Europa dalla Polonia che, personalmente, ritengo
di difficile adozione nella situazione italiana, ma che costituisce comunque
una delle idee in campo di cui sarebbe opportuno aver contezza.. Di tutto ciò
nel disegno di legge sulla stabilità non v'è cenno. L'assenza del Mezzogiorno
nella proposta del governo suona ancora più strana dopo i grandi strombazzamenti settembrini del
premier Renzi. Di questo dovrebbe
preoccuparsi il ceto politico siciliano, non dell'assenza nel DdL delle risorse
per ripianare il debito del bilancio della Regione siciliana che, francamente,
non si capisce come avrebbero potuto esserci. Nel confronto diretto in
corso tra governo centrale, presidenti
delle Regioni e sindaci delle principali città meridionali, però, qualcosa si sta muovendo:
basta consultare il sito della Presidenza del Consiglio per scoprire che
il governo, nella persona del sottosegretario Claudio De Vincenti, sta realizzando una fitta agenda di incontri
con gli amministratori regionali e locali per elaborare i 15 patti per il
Sud che coinvolgono otto regioni
meridionali e sette città capoluogo e che dovrebbero verosimilmente costituire
il fantomatico Masterplan per il Sud. Sospetto che la montagna partorirà il
classico topolino: nessuna risorsa
ordinaria aggiuntiva nella spesa per investimenti, interventi per il Mezzogiorno affidati
esclusivamente ai fondi strutturali europei e al fondo sviluppo coesione , magari in una logica di maggior controllo
romano sulla spesa. Così si rivenderà per l'ennesima volta la stessa merce,
magari accompagnandola con la grancassa del “prima di noi non l'aveva fatto
nessuno” che è diventata una sorta di oppio del popolo del renzismo. Con buona pace del Mezzogiorno e delle
legittime attese delle sue popolazioni.
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