Regione nella bufera e senza soldi: buco di 2 miliardi

Economia | 14 dicembre 2019
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Spiace constatare che attorno alla sentenza di parifica del bilancio della Regione pronunciata  dalle sezioni riunite per la Sicilia della Corte dei Conti si  sia creata una straordinaria confusione. causata  in parte dalla complessità tecnica delle questioni affrontate, ma soprattutto dalla pervicace volontà  della Giunta di governo presieduta dall'onorevole Nello Musumeci di scaricare  esclusivamente su altri responsabilità che sono anche sue. 

 Innanzitutto va sottolineato che la Corte , che in genere parifica il bilancio a giugno, quest'anno ha costretto il governo a ritirare il rendiconto presentato all'inizio dell'estate ed ha attivato una minuziosa verifica sulla contabilità regionale. Vediamo allora, affidandoci ai testi, di capire le questioni poste dalla relazione della dottoressa Maria Aronica, procuratore generale d'appello che ha testualmente chiesto al Collegio, che ha recepito pienamente le proposte, di “dichiarare le irregolarità sopra indicate nel conto del bilancio e l'irregolarità del conto economico e patrimoniale. E' una formula che mette in luce il punto di estrema criticità cui è giunta la situazione finanziaria dell'istituzione autonomista in Sicilia. Le anomalie dello stato patrimoniale e del conto economico investono il collegamento con il conto di bilancio e con lo stato patrimoniale, l'articolazione di ricavi e costi, l'assenza di correlazione tra conto economico e conto di bilancio, l'accantonamento per rischi da contratti derivati, le svalutazioni e  rivalutazioni di immobilizzazioni finanziarie e materiali 

 La Corte dichiara irregolari il fondo contenzioso (201.000.000 euro), il fondo residui perenti (520.000.000 euro), il fondo perdite  delle aziende partecipate (4.778.000 euro). Per quanto riguarda il Rendiconto generale vengono dichiarate irregolare partite che assommano complessivamente a poco più di 65.450.000 euro. Fin qui si ripete sostanzialmente l'impostazione dell'anno scorso che portò anche allora ad una parifica che evidenziava dubbi ed osservazioni critiche. Il problema più grave attiene però al disavanzo dell'esercizio finanziario 2018 che risulta pari a 7.313.398.073,97 euro con un incremento di oltre un miliardo rispetto all'anno precedente (6.286.779.324,51). 

Qui sta il busillis: Il Dlgs 118 del 2015 prevedeva che le regioni e gli enti locali, al fine di consentire il consolidamento ed il monitoraggio dei conti pubblici nonché il miglioramento della raccordabilità del sistema europeo dei conti nazionali, avrebbero provveduto al riaccertamento dei residui attivi e passivi. Si trattava, in parole semplici, di un'operazione di pulizia dei bilanci che avrebbe consentito di far emergere la reale situazione delle entrate e della uscite della spesa regionale. I residui attivi non più esigibili, pari a quella data a quasi sei miliardi di euro, avrebbero potuto essere ammortizzati in 30 anni; il loro peso  sul bilanci della Regione sarebbe stato, quindi, scaglionato in un arco di tempo tale da non influire in modo sostanziale sulla capacità di spesa della regione. Ciò naturalmente determina in capo alla Regione l'obbligo di inserire ogni anno nel proprio bilancio una somma per il ripiano del disavanzo. Tutti i residui accertati successivamente avrebbero dovuto invece essere  iscritti a bilancio entro la legislatura corrente.

 Fu l'operazione di accertamento  straordinario, gestita dall'assessore all'economia protempore Alessandero Baccei e  che risalì indietro nel tempo fino al 1994, condotta in maniera tale da individuare e inserire nel binario della scadenza trentennale tutti i residui attivi? Probabilmente no; e si trattò di uno dei tanti errori del governo Crocetta. Tuttavia è vero che la grandissima parte dell'operazione andò in porto, consentendo alla Sicilia di applicare il 118 che, guarda caso, veniva allora ferocemente contestato dal professor Gaetano Armao come un'indebita sottrazione di risorse all'isola. Lo stesso Armao che, divenuto assessore alle Finanze, contestò al suo predecessore di avere fatto troppo poco e di non avere messo in luce per intero la pesantissima situazione. Cambiare idea è legittimo, ma un minimo di coerenza non guasterebbe!

 Quello che è successo dopo è chiaramente descritto in tre tabelle della sintesi della relazione della Corte (pagg.13-15). Confrontandole si scoprirà che la filosofia dell'armonizzazione dei conti pubblici in Sicilia ha funzionato al contrario: invece di ridurre il disavanzo lo ha incrementato, in modo particolare nel 2018;  Contemporaneamente però Musumeci ed Armao dal vertice della Regione non perdevano occasione  per scaricare ogni problema sui loro predecessori (cosa che il presidente ha fatto anche oggi, davanti alla Corte , in un intervento francamente debole ed autoassolutorio). Il disavanzo che al 31 dicembre era pari a 6.286.779.324,51 euro è cresciuto alla stessa data dell'anno successivo a 7.313.398.073,97. Avrebbe dovuto diminuire di oltre un miliardo di euro per collocarsi poco sopra i 5 miliardi, è invece aumentato di oltre un miliardo. Ecco da dove spuntano i due miliardi di euro da  coprire. Anche ammettendo che una quota di disavanzo sia da attribuire al governo precedente, una parte è stato senza dubbio creato da quelli che ci stanno ora. A norma di legge una parte di tale disavanzo potrà essere spalmato nei tre anni restanti della legislatura ma l'altra andrà imputata al bilancio 2019. Così la Corte le quantifica: 1.103.965.100,71 nell'esercizio 2019 e 1.026.618.749,46 non oltre la durata della legislatura regionale. Per quanto riguarda la prima cifra, in realtà si potrà in parte far fronte con l'accantonamento previsto nell'allegato alla legge di bilancio del  2019, ma ci vorranno nell'ipotesi migliore oltre 300 milioni di euro da coprire con una manovra di assestamento che assai difficilmente potrà essere conclusa entro il 31 dicembre.

 In un bilancio irrigidito dalla spesa corrente sarà drammatico individuare i settori da tagliare e giustamente i diversi settori della società siciliana che dipendono dalla spesa pubblica si mobiliteranno per non pagare loro il prezzo degli errori dei governi che si sono succeduti. Altrettanto difficile sarà individuare le coperture dei 300 milioni annui per i prossimi tre anni. Sarà certamente necessaria una trattativa con lo Stato, il quale tuttavia non versa nell'agiatezza. In verità, per la prima volta nella storia recente della Sicilia, il re è nudo e non può  sottrarsi alle sue responsabilità: nella difficilissima situazione che vivremo potrebbe essere un elemento di chiarezza, qualora venisse associato alla capacità di liberarsi dalle miserie del politicismo di piccolo cabotaggio che da troppo tempo caratterizza una parte del ceto politico siciliano.

 di Franco Garufi

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