Questione morale, mafia e campagna elettorale
L'analisi | 21 agosto 2022
Le mafie stragiste di quarant’anni e trent’anni fa sono state sconfitte, ma non cancellate. Lo abbiamo detto e ripetuto in ogni occasione soprattutto negli anniversari di quest’anno. Esse sono state battute storicamente grazie alla reazione della società civile, della buona Politica e dello Stato con il varo e l’applicazione di una legislazione antimafia che, a partire dalla legge Rognoni-La Torre, è stata imitata a livello internazionale per la sua originalità e per aver svelato il complesso rapporto tra mafia e politica. Abbiamo dimostrato altresì come oggi le nuove mafie sono presenti e dedite, forti della loro intimidazione, all’infiltrazione nelle istituzioni, nella spesa pubblica soprattutto, ma non solo, degli enti locali. Questi legami, scoperchiati da tanti processi, scioglimenti di enti locali infiltrati, confische di imprese di beni immobili e finanziari, hanno confermato da un lato l’efficacia e l’impegno dei corpi repressivi dello Stato e dall’altro la debole azione di prevenzione della Politica, di solito distratta o complice.
In questi due anni di pandemia, di guerre, di aggravamento sociale ed economico delle imprese e delle famiglie, di crisi ambientale, di ulteriore distanziamento tra Nord e Sud, di inflazione, sono stati segnalati i pericoli di infiltrazione delle nuove mafie nella spesa pubblica nazionale e europea e di strumentalizzazione delle difficoltà sociali. Pericoli taciuti da tutti nell’attuale dibattito elettorale per il rinnovo del Parlamento italiano. Scorrendo i programmi elettorali dei vari schieramenti politici quasi tutti hanno un capitoletto dedicato alla ”cultura della legalità e di contrasto alle mafie” ma sinora non hanno dato luogo ad alcun dibattito tra i partiti con impegni di politiche concrete di contrasto preventivo antimafia.
Le mafie sono scomparse dal dibattito politico, ma non dalla società e dall’economia dove continuano ad agire direttamente o tramite intermediari flessibili.
Qualche lista candida campioni storici dell’antimafia come gli ex magistrati Caterina Chinnici a Presidente della Regione Sicilia o Roberto Scarpinato, Cafiero de Raho ed Enza Rando per le elezioni politiche i quali sicuramente sul tema si faranno sentire. Il problema di fondo non è la dichiarazione antimafia di circostanza, ma le politiche concrete e ordinarie per mutare il modello di sviluppo che ha tollerato o generato la violenza, non solo fisica, per arricchirsi, per il potere, sacrificando i diritti umani, la democrazia, la solidarietà. Ciò vale per l’Italia e per tutti i paesi.
Nell’attuale mondo globalizzato senza regole democratiche di controllo chi governa realmente? Gli stati nazionali o i grandi gruppi multinazionali il cui controllo dell’economia globale è cresciuto grazie alla sacralità del neoliberismo degli ultimi trent’anni? Sacralità accettata da tutti, da destra e da sinistra e che oggi mette in crisi i sistemi democratici aprendo i varchi ai sistemi sovranisti, autocratici o dittatoriali- vedi gli esempi di Orbàn, di Putin, della Cina, di Bolsonaro o di Trump. Tutto ciò mentre le guerre, l’inflazione, il riscaldamento climatico minacciano la stessa esistenza futura dell’umanità.
L’attenzione dei partiti su questi temi è molto diseguale. La lega propone di evitare lo scioglimento dei consigli comunali infiltrati dalle mafie facendo decadere solo il consigliere o il funzionario colluso aprendo così la strada al legittimo ricorso in sede amministrativa con i suoi tempi lunghi. Il Pd prevede organiche conferme delle azioni di contrasto potenziando mezzi e strumenti legislativi e amministrativi già in essere a livello locale, nazionale ed europeo. Dal terzo polo sinora non è pervenuta alcuna proposta antimafia scritta, naturalmente non dubitiamo del suo impegno futuro.
Il movimento antimafia, di cui fa parte storicamente il Centro studi Pio La Torre, ritiene che la legislazione non ha bisogno di modifiche, ma di applicazione e di conseguente volontà politica.
È possibile fare sparire le mafie se contestualmente saranno contrastati l’uso della violenza, le disuguaglianze sociali, territoriali, ambientali a livello locale, nazionale e internazionale. Tollerare l’uso della violenza a livello individuale o tra gli stati per acquisire ricchezza, potere, territori come sta avvenendo con le guerre in corso contro l’Ucraina, nel Medio Oriente, nella penisola Arabica, in Africa, in Asia significa sacrificio di vite umane, migrazioni di massa, povertà assoluta, nuove occasioni di proliferazione di sistemi mafiosi, abnorme crescita di spesa militare mentre la gente muore di fame e per mancanze di cure.
Chiederemo a tutti i partiti e tutti i candidati conto dei loro impegni concreti per cancellare ogni forma di ingiustizia, di povertà e di mafia, per salvare il Pianeta dal riscaldamento climatico, la convivenza pacifica tra tutti popoli nella democrazia e la tutela dei diritti umani. Lavoro, salute, conoscenza per tutti significa sconfiggere ogni chiusura sovranista, discriminatoria, autoritaria anche col voto del 25 settembre prossimo per dare un segnale di cambiamento all’Europa e al Mondo. Essere coerentemente antimafiosi in questa fase significa anche tutto questo.
di Vito Lo Monaco
In questi due anni di pandemia, di guerre, di aggravamento sociale ed economico delle imprese e delle famiglie, di crisi ambientale, di ulteriore distanziamento tra Nord e Sud, di inflazione, sono stati segnalati i pericoli di infiltrazione delle nuove mafie nella spesa pubblica nazionale e europea e di strumentalizzazione delle difficoltà sociali. Pericoli taciuti da tutti nell’attuale dibattito elettorale per il rinnovo del Parlamento italiano. Scorrendo i programmi elettorali dei vari schieramenti politici quasi tutti hanno un capitoletto dedicato alla ”cultura della legalità e di contrasto alle mafie” ma sinora non hanno dato luogo ad alcun dibattito tra i partiti con impegni di politiche concrete di contrasto preventivo antimafia.
Le mafie sono scomparse dal dibattito politico, ma non dalla società e dall’economia dove continuano ad agire direttamente o tramite intermediari flessibili.
Qualche lista candida campioni storici dell’antimafia come gli ex magistrati Caterina Chinnici a Presidente della Regione Sicilia o Roberto Scarpinato, Cafiero de Raho ed Enza Rando per le elezioni politiche i quali sicuramente sul tema si faranno sentire. Il problema di fondo non è la dichiarazione antimafia di circostanza, ma le politiche concrete e ordinarie per mutare il modello di sviluppo che ha tollerato o generato la violenza, non solo fisica, per arricchirsi, per il potere, sacrificando i diritti umani, la democrazia, la solidarietà. Ciò vale per l’Italia e per tutti i paesi.
Nell’attuale mondo globalizzato senza regole democratiche di controllo chi governa realmente? Gli stati nazionali o i grandi gruppi multinazionali il cui controllo dell’economia globale è cresciuto grazie alla sacralità del neoliberismo degli ultimi trent’anni? Sacralità accettata da tutti, da destra e da sinistra e che oggi mette in crisi i sistemi democratici aprendo i varchi ai sistemi sovranisti, autocratici o dittatoriali- vedi gli esempi di Orbàn, di Putin, della Cina, di Bolsonaro o di Trump. Tutto ciò mentre le guerre, l’inflazione, il riscaldamento climatico minacciano la stessa esistenza futura dell’umanità.
L’attenzione dei partiti su questi temi è molto diseguale. La lega propone di evitare lo scioglimento dei consigli comunali infiltrati dalle mafie facendo decadere solo il consigliere o il funzionario colluso aprendo così la strada al legittimo ricorso in sede amministrativa con i suoi tempi lunghi. Il Pd prevede organiche conferme delle azioni di contrasto potenziando mezzi e strumenti legislativi e amministrativi già in essere a livello locale, nazionale ed europeo. Dal terzo polo sinora non è pervenuta alcuna proposta antimafia scritta, naturalmente non dubitiamo del suo impegno futuro.
Il movimento antimafia, di cui fa parte storicamente il Centro studi Pio La Torre, ritiene che la legislazione non ha bisogno di modifiche, ma di applicazione e di conseguente volontà politica.
È possibile fare sparire le mafie se contestualmente saranno contrastati l’uso della violenza, le disuguaglianze sociali, territoriali, ambientali a livello locale, nazionale e internazionale. Tollerare l’uso della violenza a livello individuale o tra gli stati per acquisire ricchezza, potere, territori come sta avvenendo con le guerre in corso contro l’Ucraina, nel Medio Oriente, nella penisola Arabica, in Africa, in Asia significa sacrificio di vite umane, migrazioni di massa, povertà assoluta, nuove occasioni di proliferazione di sistemi mafiosi, abnorme crescita di spesa militare mentre la gente muore di fame e per mancanze di cure.
Chiederemo a tutti i partiti e tutti i candidati conto dei loro impegni concreti per cancellare ogni forma di ingiustizia, di povertà e di mafia, per salvare il Pianeta dal riscaldamento climatico, la convivenza pacifica tra tutti popoli nella democrazia e la tutela dei diritti umani. Lavoro, salute, conoscenza per tutti significa sconfiggere ogni chiusura sovranista, discriminatoria, autoritaria anche col voto del 25 settembre prossimo per dare un segnale di cambiamento all’Europa e al Mondo. Essere coerentemente antimafiosi in questa fase significa anche tutto questo.
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