Quella magica "Eredità Ferramonti" col drammatico Gigi Proietti

Nell’abbondante filmografia che lo ha visto interprete perlopiù di film di genere comico o di commedie, raramente ha prestato il suo volto a personaggi drammatici. Tra i pochi ruoli insolitamente dolorosi si ricorda in particolare nell'elegante e raffinatissimo “L'eredità Ferramonti” (1976) regia di Mauro Bolognini, tratto da un’opera letteraria di Gaetano Carlo Chelli (ottimo scrittore verista ingiustamente dimenticato). Protagonista - una crudelmente affascinante e tortuosa Dominique Sanda, nei panni di una diabolica “dark lady” ottocentesca - che tenterà d’impadronirsi dell’eredità del vecchio e ricchissimo mugnaio Ferramonti (Anthony Quinn, perfettamente a suo agio nelle vesti d’un tipico rappresentante del “generone” romano). Gigi Proietti, nel ruolo di Pippo Ferramonti, vi interpreta il personaggio insolitamente drammatico del marito-fantoccio, sposato solo per interesse e subito ingannato. Un mite bottegaio romano, titolare d’un negozio di ferramenta, travolto e annichilito dai malvagi disegni della moglie, dimesso e sconfitto - del tutto incapace di reagire ai ripetuti tradimenti della infernale e malvagia consorte, divenuta amante dello spregiudicato cognato (Fabio Testi, che si suiciderà) e successivamente anche del suocero (di cui provocherà la morte) - Proietti appare penosamente come il personaggio più patetico, cancellando del tutto - con una splendida interpretazione tutta giocata su difficili mezzi toni - il volto scanzonato e ridanciano dei film precedenti, confermando “inaspettate” (si fa per dire) doti mimetiche. Rabbrividente mélo a tinte fosche, ambientato in una Roma post-risorgimentale già abbondantemente corrotta. Ingiustamente accusato di calligrafismo il film (sicuramente da rivalutare) conserva una sua eleganza decorativa (la Roma ministeriale ispirata a modelli pittorici d’epoca) e dipinge un affresco coinvolgente dell’escalation sociale di una famiglia di bottegai, sullo sfondo di una ben schizzata capitale umbertina grondante di scandali e speculazioni. Gli effetti flou e le luci morbide sapientemente organizzate da un esperto direttore della fotografia come Ennio Guarnieri e le riprese in esterno effettuate alle prime luci dell’alba (per motivi di circolazione automobilistica), conferiscono all’intero film un’atmosfera particolarmente sospesa e magica, pur nel crudo realismo d’una vicenda oscillante tra romanzo popolare e feuiletton. Belli i costumi di Gabriella Pescucci e le musiche languide, morbide o inquietanti del grande Ennio Morricone. Palma d’Oro a Cannes. Un’interpretazione dimenticata che convalida la presenza del grandissimo, istrionico ed eclettico artista romano come una delle tante straordinarie e indimenticabili performances che ne hanno fatto uno degli attori più amati e benvoluti del teatro e del cinema italiano, anche doppiatore, regista, cantante, cabarettista, direttore artistico e conduttore televisivo. Con Gigi Proietti se ne va tristemente anche una parte di tutti noi. Il suo nome - che ha già conquistato la grande immortalità - resterà per sempre scolpito nei nostri cuori. Grazie Gigi!
P.S. Lo stesso articolo, leggermente modificato, è stato inserito sul mio blog personale “Parlando di Cinema in Sicilia”, che vi invito a seguire. La pagina propone brevi saggi, recensioni e segnalazioni cinematografiche. Sono inoltre riportate foto di attori e registi. soprattutto siciliani anche del periodo muto.
Ultimi articoli
Pippo Oddo, tante vite
e un sogno incompiutoL’emozione dei ragazzi
per La Torre e Di Salvoi giovani promuovono
il ricordo di Pio La Torre
e Rosario Di SalvoGerges Simenon,
la vita in tanti fotogrammi
di bellezzaGiustizia, dove porta la riforma di Nordio
Solo lo stupro nero diventa caso nazionale
Meli, l'intellettuale
distante dalle accademieMercati azionari, la Grande Rapina
Storie di amore,
orrore e coltelliDonne, pregiudizi
e violenza di genere