Quel bigliettino di ringraziamento firmato Ennio Morricone

Cultura | 7 luglio 2020
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14 aprile 2020, pieno lockdown. E’ un tempo cupo caratterizzato da un turbinio di messaggi d’ogni sorta. Nella chat WhatsApp che già da prima ci tiene collegati – siamo una decina di amici di lunga data, mogli comprese - uno dei componenti posta un video. Un giovane romano, Jacopo Mastrangelo, lo stesso ragazzo che giorni prima aveva suonato brani di Ennio Morricone da una terrazza che dava su Piazza Navona, suona con la sua chitarra elettrica altri brani di Morricone e uno di Giacomo Puccini dalla terrazza del Campidoglio. Guoardo il video e lo commento così alle mie amiche ed ai miei amici: “Avevo ascoltato il tema di “C’era una volta in America” eseguito da Jacopo dal terrazzo di una abitazione che dava su Piazza Navona ma non ancora il tema di “Nuovo Cinema Paradiso”. Sapete che sono un estimatore sconfinato di Ennio Morricone. Il mio cimelio più importante tra centinaia di foto e documenti d’ogni genere è un bigliettino di ringraziamento che mi ha mandato anni fa. Mi ringraziava perché gli avevo inviato una copia di un mio libro del 2009, “Conterranei Miei Atto II”. Nel libro lo citavo nelle pagine in cui avevo scritto di quando noi eravamo giovani e in paese andavamo spesso al cinema. E’ per me un cimelio che non ha prezzo. Morricone è il top, le sue colonne sonore sono state un po’ le colonne sonore della nostra vita. Se solo penso a quanti lunedì e a quante mattinate al buio per centinaia di chilometri in autostrada mi hanno fatto compagnia…”.

6 luglio 2020. Già al mattino la notizia della morte di Ennio Morricone fa il giro del mondo. Riempie tutti i notiziari radiotelevisivi e web. Si mandano e rimandano scene di film e colonne sonore, brani di canzoni indimenticabili firmate o arrangiate dal maestro. Grande commozione per l’intera giornata, soprattutto all’ascolto del suo “autonecrologio” così umano, dignitoso, pieno di affetto per i figli, i nipoti e l’amatissima moglie (di origini siciliane, di Gioiosa Marea). Mi ritrovo con gli occhi lucidi, un nodo alla gola. Reazioni che ritornano man mano che si ascoltano brani ed interviste.

Avrei voluto vederlo di presenza. A dirigere l’orchestra che eseguiva suoi brani. In una occasione ci sono stato molto vicino. A Palermo era previsto un suo concerto al “Velodromo Borsellino”. Poi annullato a qualche settimana dalla data prevista. Niente da fare. Mi rimangono tante vecchie audiocassette e più recenti cd con decine e decine di suoi brani. E quel bigliettino di ringraziamento che nella giornata della sua dipartita vado a cercare tra i miei “cimeli”. Il più importante per me.

Come mi ritrovo – io, un signor nessuno – un bigliettino di ringraziamento che mi indirizza il più grande compositore del nostro tempo? E’ una vicenda per certi versi curiosa. Ma anche ostinata. Che per la prima volta merita di essere raccontata in questi giorni in cui l’immortale maestro si congeda dalla vita terrena.

Nel 2009 pubblico il quinto mio libro. Si intitola “Conterranei miei. Atto II” (Tipoedizioni). Sottotitolo “Volti e storie di Troina e dintorni dall’antichità ai nostri giorni”. Più che altro profili individuali, prevalentemente riproduzioni di corrispondenze giornalistiche scritte in una decina d’anni, opportunamente introdotte da una breve presentazione. Storie di gente comune e non solo di personaggi locali importanti della storia, della religione, dell’arte, della cultura. In alcuni casi la fotografia non è singola ma collettiva. Come ad esempio nell’articolo pubblicato nel lontano 1991 su di un mensile provinciale che si stampava a Piazza Armerina - “Orizzonti” - che nel libro ho intitolato (facendo il verso ad Enzo Jannacci e ad una nota trasmissione televisiva sportiva della domenica pomeriggio) “Quelli che il cinema…”. Nella presentazione del brano, più lunga di tutte le altre, scrivevo: “(…) Insomma, siamo cresciuti a pane e cinema. Ecco perché questo articolo andava recuperato. Nelle sue righe ci siamo noi (…) come eravamo quaranta o trenta o venticinque anni fa.

Nuovo Cinema Paradiso” del regista Giuseppe Tornatore, siciliano di Bagheria, ha ricostruito quelle atmosfere. Alla domanda: “Quale è per te il più bel film di sempre”? non ho dubbi a rispondere: “Nuovo Cinema Paradiso”. L’ho rivisto decine di volte – sia nella versione breve che ha vinto l’Oscar, sia in quella originale più lunga, poi tagliata in fase di montaggio per esigenze di mercato cinematografico – e tutte le volte mi commuove, a volte mi si inumidiscono gli occhi. Non ci si può non rivedere in quel pubblico dell’immaginario paesino siciliano dove la vicenda è ambientata, nelle numerose sequenze di film famosi riproposte da Tornatore nella sceneggiatura del suo film, che è soprattutto una struggente storia d’amore.

L’articolo vuole anche essere un omaggio ad Ennio Morricone, premio Oscar alla carriera nel febbraio 2007 “per i suoi magnifici e multisfaccettati contributi nell’arte della musica per film”, autore di quel capolavoro che è la colonna sonora di “Nuovo Cinema Paradiso” e di circa quattrocento altre colonne sonore. Un compositore da inserire a pieno titolo tra i grandi della musica. Rifletteteci e ripensate ai tanti film per i quali ha composto le musiche: in definitiva quei brani – spesso riproposti anche in servizi giornalistici, documentari, spot pubblicitari – hanno finito per comporre a partire dagli anni ’60 la colonna sonora della nostra vita. Immenso Morricone, geniale l’intuizione di Tornatore di fare un film sul cinema come a nessuno è mai riuscito. E noi, in quegli anni, a modo nostro protagonisti nella sala, ora tesi se la trama riusciva a catturare l’attenzione, ora annoiati se invece il film non coinvolgeva. A Troina come a Nicosia o Leonforte o dovunque cento o duecento persone vivevano nel buio le emozioni che immagini proiettate sul telone bianco riuscivano a dare.

Quando alla fine di un film avverti un nodo alla gola significa che la storia raccontata con quelle immagini ha saputo emozionarti, ha saputo scavare dentro di te, ha saputo farti sognare”.

Il libro esce nel mese di settembre. Nei mesi seguenti sono sempre più intenzionato a farlo avere al maestro Morricone. Non tanto per il modesto e lontano contenuto delle mie pagine quanto per l’omaggio strameritato che con le parole appena riportate gli rendeva. Già, ma come fare? Ho scandagliato tutto l’Internet possibile. Senza risultati. Poi – siamo ormai ad aprile del 2010 – la classica lampadina che si accende all’improvviso. Morricone fa parte dell’Accademia di Santa Cecilia. Dell’Accademia è stato facile recuperare l’indirizzo.

E se spedissi il volume all’Accademia? Procedo così. In una busta a sacco più piccola ripongo il libro e la lettera a Morricone che l’accompagna. Scrivo sulla busta: “Al Maestro Ennio Morricone”. Inserisco la busta in un’altra appena più capiente indirizzata all’Accademia. Con questa lettera: “Palermo, Aprile 2010. So per certo che il maestro Ennio Morricone fa parte dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Dentro la busta c’è un libro. In due pagine di questo libro gli si rende omaggio, si scrive qualcosa di lui. Vi prego – se possibile – di farglielo avere. Non mi è riuscito di acquisire un suo recapito. Voi sicuramente avrete il suo indirizzo. Vi chiedo solo di fare da “ponte” perché questo libro possa essergli consegnato. Vi chiedo in pratica di operare come una sorta di “fermo posta”. Grazie”.

Questo invece il contenuto della lettera – scritta a penna come la precedente - che avevo compiegato tra le pagine del libro: “Palermo, Aprile 2010. Maestro Morricone, non so se questo libro Le giungerà mai. Ho cercato in tutti i modi di acquisire un suo recapito ma senza successo. Quando ho letto che Lei fa parte dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma ho pensato che lì sicuramente avranno un Suo indirizzo e comunque potrebbero essere in condizione – come una sorta di “fermoposta” – di farLe avere il volume. Si tratta di una piccola pubblicazione a carattere locale. Con, nelle pagine 12 e 13, un omaggio alla Sua arte immensa ed a quanto Lei ha saputo donarci. Lei ha ricevuto talmente tanti riconoscimenti di ben altro spessore. Ma tenevo a farLe avere questo volume. O almeno a provarci. Grazie. La saluto con grande stima e ammirazione”.

Se non è come lanciare un messaggio in una bottiglia nel mare poco ci manca. Trascorrono i giorni. Una mattina il portiere dello stabile dove alloggio in affitto a Palermo mi consegna una piccola busta. Di quelle che si usano per i bigliettini di auguri. Affrancata con un francobollo di 60 centesimi. Al “Gent.mo Dr. Giuseppe Scorciapino”. All’indirizzo che era riportato nella mia carta intestata. La apro sul lato destro. La piccola busta è di colore bianco paglierino, carta di pregio, anticata. All’interno un biglietto di presentazione. Con stampato il solo nome e cognome ENNIO MORRICONE a caratteri maiuscoli marroncini, non eccessivi, non appariscenti. Sotto il nome e cognome, scritte a penna, probabilmente stilografica, le seguenti parole: “Grazie, ho ricevuto il Suo libro, ho letto alcune pagine e la ringrazio. Cordiali saluti. Ennio Morricone”.

Un documento tanto piccolo quanto, per me, prezioso. L’ho ripreso in mano in questo 7 luglio in cui il maestro ci ha lasciati, a 91 anni, mentre i film con le sue musiche si susseguono sulle reti televisive. Penso che Ennio Morricone e Sergio Leone, compagni di scuola, hanno fatto la fortuna l’uno dell’altro. Ma non per caso o per sola fortuna. Perché erano sono due geni nel loro campo. Penso a tutte le altre colonne sonore di decine di film di registi italiani, europei, americani firmate da Morricone, fino alle più recenti. Oltre cinquecento. Con un secondo Oscar, stavolta per le musiche di un film del regista Quentin Tarantino - nel frattempo meritatamente arrivato. Penso alle canzoni da Morricone musicate e/o arrangiate, che tutti conosciamo – popolarissime, meravigliose – da quelle per Sergio Endrigo ed Edoardo Vianello, ad un capolavoro come “Sapore di sale” di Gino Paoli, a “Il Mondo” di Jimmy Fontana, a “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles ed i Rolling Stones” di Morandi, a “Se telefonando” di Mina – in assoluto uno dei brani più straordinari della musica leggera italiana – alla “Ballata di Sacco e Vanzetti” di Joan Baez. Mi rammarico di conoscere assai meno rispetto alla musica da film ed alle canzoni la produzione “impegnata” di Morricone, tanto grande quanto umile, tanto versatile quanto innovatore e sperimentatore, così capace di spaziare nell’universo della musica: le composizioni di musica vocale per orchestra, la musica da camera, nel 1996 anche una opera lirica (“Partenope”). E penso che gli artisti – i grandi compositori, i grandi pittori, i grandi scultori – non dovrebbero morire. Non perché non sono immortali – in effetti lo sono nei secoli e nei millenni con le loro opere – ma perché la morte ci priva di nuove produzioni del loro genio creativo. Così preziose per confortare, commuovere, divertire – in una parola elevare – il genere umano.

 di Pino Scorciapino

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