Quei 60 sindacalisti morti per difendere i diritti
LA CAMERA del lavoro di Palermo commemora oggi per la prima volta Andrea Raia, il primo dirigente sindacale ucciso dalla mafia, nel 1944.
Nel secondo Dopoguerra siciliano, fra il '44 e il '48, i sindacalisti che cadono sono più di quaranta. Raia era iscritto al Pci, segretario della Camera del Lavoro di Casteldaccia, e componente della commissione di controllo dei Granai del popolo. Difendeva i diritti della gente povera, alla quale distribuiva, in tempi di mercato nero, tutte le provviste alimentari che arrivavano, dalla farina alla pasta e allo zucchero, opponendosi agli speculatori. Fu ucciso da quattro colpi di pistola sparati alle spalle.
Venerdì andremo a Caccamo, anche qui per la prima volta, a ricordare il contadino e dirigente sindacale Filippo Intili, ucciso il 7 agosto del 1952, negli anni della riforma agraria, perché voleva dividere il prodotto dei campi che aveva a mezzadria il 60 per cento ai contadini e il 40 per cento ai proprietari, secondo il decreto del ministro Gullo. A Caccamo, dove ancora governavano agrari e mafiosi, si divideva ancora la terra al 50 per cento. Lo uccisero in maniera cruenta, a colpi di accetta, facendone a pezzi il corpo.
Continua in questo modo il viaggio della Cgil di Palermo per riportare alla luce storie di contadini, braccianti, artigiani e dirigenti sindacali, a capo di movimenti di lavoratori, che chiedevano terra, lavoro, giustizia, leggi, dignità, democrazia.
Vogliamo trasferire alle giovani generazioni, anzitutto ai nuovi dirigenti sindacali, ai nostri iscritti e a tutti i cittadini, un' idea di appartenenza, e strappare dall' oblio la storia del movimento sindacale, per ricordare chi siamo stati, in Italia, in Sicilia, a Palermo.
Non tutto è atavica rassegnazione. Ci sono stati uomini e donne, lavoratori anzitutto, che nel Dopoguerra, oltre al potere degli agrari e dei fascisti, hanno dovuto contrastare anche una magistratura ben diversa da quella attuale, un movimento cattolico non impegnato come quello di questi anni e forze dell' ordine non ancora organizzate democraticamente nei sindacati. Uomini che hanno combattuto la mafia a mani nude e che hanno pagato un prezzo altissimo. In Sicilia sono stati circa 60 i nostri morti. Tanti, troppi. Questa bella storia è stata la risposta all' indifferenza, alla disillusione. La lotta per la libertà, per cambiare la società. Raia e Intili ci hanno provato. Noi continuiamo sulla loro scia.
Mi ha amareggiato sentire il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla commemorazione per la strage di Capaci, ricordare Falcone, Borsellino, La Torre e altri caduti e non la strage di decine di dirigenti sindacali. I magistrati e le forze dell' ordine, se hanno avuto grandi successi nel contrasto alla mafia, certamente lo devono a quei martiri del sindacato che hanno pagato con la vita lo scontro con i mafiosi. È stato Pio La Torre a rappresentare, dal punto di vista teorico, una sintesi tra le lotte per la conquista delle terre e la legge sul sequestro delle ricchezze dei mafiosi. Legge che ha consentito a Falcone e Borsellino di sferrare un attacco frontale a Cosa nostra. La strage dei sindacalisti non è storia di parte, del mondo del lavoro, ma deve essere ricordata come la storia eroica e più bella del popolo siciliano e italiano.
Il prossimo anno inviteremo il capo dello Stato a un' iniziativa del nostro calendario della memoria. Vorremmo che continuasse nella direzione di Napolitano, che ha partecipato a Corleone ai funerali di Stato per Placido Rizzotto. Abbiamo chiesto al sindaco di Palermo di intitolare strade della città ai morti del sindacato, e Leoluca Orlando ha già dato la sua disponibilità.
Anche questo è un segno di riconoscimento al mondo dei martiri del lavoro.
Ci piacerebbe invitare il presidente Mattarella il prossimo 16 maggio, quando pianteremo un albero per Turi Carnevale al Giardino della memoria di Ciaculli che, secondo me, è un esempio di vera memoria antimafia perché vengono ricordati tutti insieme magistrati, poliziotti, carabinieri, dirigenti sindacali, giornalisti, insegnanti, semplici cittadini.
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