Povertà educativa: il gap sugli apprendimenti nelle aree interne.
Società | 27 luglio 2022
Nelle aree interne del nostro Paese, il livello degli apprendimenti registrato dall’Invalsi risulta essere mediamente più basso. La criticità pare risiedere proprio nella distanza dai servizi essenziali: da questi territori è infatti più difficile raggiungere servizi come l’istruzione superiore, le strutture sanitarie e i trasporti. Parliamo di circa 4.000 comuni in Italia, con 13 milioni di abitanti (di cui 2 milioni di minori), a forte rischio spopolamento (in particolare di giovani), e dove la qualità dell’offerta educativa risulta essere sovente compromessa. Se sono proprio gli studenti dei territori svantaggiati a restare indietro, le distanze territoriali già esistenti finiscono con l’allargarsi. Secondo i dati riportati da Openpolis sono 9,5% gli studenti che nel 2021 hanno concluso la scuola superiore con competenze di base inadeguate (+2,5 punti in più rispetto al 2019).
Le relazioni relative all’attuazione della strategia per le aree interne hanno spesso sottolineato le difficoltà di sviluppare un’offerta didattica di qualità in territori dispersi e soggetti a spopolamento, soprattutto di bambini e di ragazzi. Secondo quanto riportato testualmente nella Relazione annuale sulla strategia delle aree interne 2018: “la costante diminuzione di alunni iscritti si manifesta in modo maggiore nelle Aree Interne e ciò determina la chiusura dei plessi più remoti (...) Trasversalmente a queste problematiche, se ne evidenziano ulteriori due che aggravano il quadro presentato: forti problemi di mobilità sia per i docenti che per gli studenti ed esiti degli apprendimenti non soddisfacenti”.
A confermare tale tendenza sono i dati rilasciati da Invalsi a livello comunale. Pur non trattandosi di un campione che rispecchia l’intera popolazione scolastica (i dati comunali sono infatti disponibili per un set limitato di comuni, quelli in cui sono presenti almeno 2 plessi), fanno emergere una tendenza piuttosto chiara. In terza media i ragazzi delle scuole nei comuni polo tendono a performare meglio dei loro compagni nei test di italiano. Dall’analisi dei dati emergono dunque due aspetti interessanti: non solo una minore performance della maggioranza delle aree interne, ma un vero e proprio divario tra gli stessi territori periferici del paese. Le distanze sembrano tuttavia allargarsi proseguendo nel percorso formativo. Nell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado il punteggio mediano nelle scuole polo rilevate supera quota 190, mentre è largamente al di sotto dei 180 punti nei comuni più periferici. I dati medi della rilevazione 2020/2021, come quelli degli anni precedenti del resto, hanno indicato degli enormi divari tra i risultati nei diversi percorsi di istruzione. Nei licei classici, scientifici e linguistici si registra infatti una media di 211 punti in V superiore, in quelli tecnici si scende a 181 e nei professionali a 158. Mentre negli altri tipi di licei il punteggio medio nazionale si attesta a 191. Ne consegue che la diversa distribuzione sul territorio dell’offerta superiore incide sui punteggi rilevati tra i comuni polo, di cintura o di area interna.
La grande estensione e rilevanza delle aree interne nel nostro paese ha portato, nel corso dell’ultimo decennio, alla definizione di una strategia nazionale specifica. Per attuarla, l’accordo di partenariato 2014/2020 tra l’Italia e la commissione Ue ha previsto l’individuazione di specifiche aree del paese in cui pianificare e concentrare gli interventi. Si tratta di 72 territori, spesso a cavallo tra province diverse, definiti attraverso delibere di giunta regionale, negli anni tra il 2014 e il 2017.
Esistono tuttavia dei divari educativi profondi anche tra le stesse aree interne. Comprendono oltre 1.000 comuni in Italia, distribuiti sull’intero territorio nazionale. Capire il livello degli apprendimenti di queste aree del paese, rispetto alla media nazionale e in confronto tra loro, è cruciale perché permette di valutare la situazione effettiva del paese, nei territori più distanti dai centri. A tale scopo, l’Invalsi pubblica i dati degli apprendimenti aggregati per la aree di progetto della strategia delle aree interne. Prendendo in esame i dati delle prove di italiano in III media (a.s. 2020/21) emerge come i punteggi più elevati si rilevino nell’area interna “Valtellina” (217 punti). A seguire la “Val di Sole” (in provincia di Trento) con 209,68 punti, le bellunesi Agordina (207,59) e Comelico (206,60) e l’Alta Carnia (205,77). I punteggi più bassi si rilevano invece nelle aree interne calabresi Ionico-Serre (174,13), Grecanica (175,21), Sila e Presila (177,06). Segue la Val Simeto (Catania, 177,30) e l’area del Gargano (179,05). Dati che indicano come la faglia nord-sud segni una spaccatura anche tra le stesse aree interne del paese.
Intervenire su queste carenze è uno degli obiettivi della strategia nazionale. Essa ha un duplice scopo: aumentare nell’immediato il livello di servizi nelle aree interne, a partire da istruzione, salute e mobilità. Sul lungo periodo, invece, la sfida è quella di riuscire a invertire il trend demografico declinante. In questo quadro, valorizzare il ruolo della scuola in questi territori significa spesso investire su uno dei pochi presidi territoriali presenti per la comunità. Nonché sul principale servizio rivolto ai minori.
di Melania Federico
Le relazioni relative all’attuazione della strategia per le aree interne hanno spesso sottolineato le difficoltà di sviluppare un’offerta didattica di qualità in territori dispersi e soggetti a spopolamento, soprattutto di bambini e di ragazzi. Secondo quanto riportato testualmente nella Relazione annuale sulla strategia delle aree interne 2018: “la costante diminuzione di alunni iscritti si manifesta in modo maggiore nelle Aree Interne e ciò determina la chiusura dei plessi più remoti (...) Trasversalmente a queste problematiche, se ne evidenziano ulteriori due che aggravano il quadro presentato: forti problemi di mobilità sia per i docenti che per gli studenti ed esiti degli apprendimenti non soddisfacenti”.
A confermare tale tendenza sono i dati rilasciati da Invalsi a livello comunale. Pur non trattandosi di un campione che rispecchia l’intera popolazione scolastica (i dati comunali sono infatti disponibili per un set limitato di comuni, quelli in cui sono presenti almeno 2 plessi), fanno emergere una tendenza piuttosto chiara. In terza media i ragazzi delle scuole nei comuni polo tendono a performare meglio dei loro compagni nei test di italiano. Dall’analisi dei dati emergono dunque due aspetti interessanti: non solo una minore performance della maggioranza delle aree interne, ma un vero e proprio divario tra gli stessi territori periferici del paese. Le distanze sembrano tuttavia allargarsi proseguendo nel percorso formativo. Nell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado il punteggio mediano nelle scuole polo rilevate supera quota 190, mentre è largamente al di sotto dei 180 punti nei comuni più periferici. I dati medi della rilevazione 2020/2021, come quelli degli anni precedenti del resto, hanno indicato degli enormi divari tra i risultati nei diversi percorsi di istruzione. Nei licei classici, scientifici e linguistici si registra infatti una media di 211 punti in V superiore, in quelli tecnici si scende a 181 e nei professionali a 158. Mentre negli altri tipi di licei il punteggio medio nazionale si attesta a 191. Ne consegue che la diversa distribuzione sul territorio dell’offerta superiore incide sui punteggi rilevati tra i comuni polo, di cintura o di area interna.
La grande estensione e rilevanza delle aree interne nel nostro paese ha portato, nel corso dell’ultimo decennio, alla definizione di una strategia nazionale specifica. Per attuarla, l’accordo di partenariato 2014/2020 tra l’Italia e la commissione Ue ha previsto l’individuazione di specifiche aree del paese in cui pianificare e concentrare gli interventi. Si tratta di 72 territori, spesso a cavallo tra province diverse, definiti attraverso delibere di giunta regionale, negli anni tra il 2014 e il 2017.
Esistono tuttavia dei divari educativi profondi anche tra le stesse aree interne. Comprendono oltre 1.000 comuni in Italia, distribuiti sull’intero territorio nazionale. Capire il livello degli apprendimenti di queste aree del paese, rispetto alla media nazionale e in confronto tra loro, è cruciale perché permette di valutare la situazione effettiva del paese, nei territori più distanti dai centri. A tale scopo, l’Invalsi pubblica i dati degli apprendimenti aggregati per la aree di progetto della strategia delle aree interne. Prendendo in esame i dati delle prove di italiano in III media (a.s. 2020/21) emerge come i punteggi più elevati si rilevino nell’area interna “Valtellina” (217 punti). A seguire la “Val di Sole” (in provincia di Trento) con 209,68 punti, le bellunesi Agordina (207,59) e Comelico (206,60) e l’Alta Carnia (205,77). I punteggi più bassi si rilevano invece nelle aree interne calabresi Ionico-Serre (174,13), Grecanica (175,21), Sila e Presila (177,06). Segue la Val Simeto (Catania, 177,30) e l’area del Gargano (179,05). Dati che indicano come la faglia nord-sud segni una spaccatura anche tra le stesse aree interne del paese.
Intervenire su queste carenze è uno degli obiettivi della strategia nazionale. Essa ha un duplice scopo: aumentare nell’immediato il livello di servizi nelle aree interne, a partire da istruzione, salute e mobilità. Sul lungo periodo, invece, la sfida è quella di riuscire a invertire il trend demografico declinante. In questo quadro, valorizzare il ruolo della scuola in questi territori significa spesso investire su uno dei pochi presidi territoriali presenti per la comunità. Nonché sul principale servizio rivolto ai minori.
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