Poveri ma rissosi, ecco il patto per la Sicilia che divide

Economia | 25 gennaio 2016
Condividi su WhatsApp Twitter

Sul patto per la Sicilia il governo Crocetta è riuscito- tanto per cambiare- a creare una situazione di confusione, fino ad alimentare lo scontro all’interno stesso della Giunta.  L’assessore  alle infrastrutture Pistorio ha dichiarato al quotidiano catanese  “La Sicilia” che “il patto per la Sicilia è insoddisfacente e migliorabile”.  La rivendicazione , a quanto si capisce, è relativa al finanziamento di tutte le opere riguardanti la viabilità secondaria, compresi i progetti definitivi (cioè non immediatamente cantierabili ndr) e le grandi infrastrutture stradali”. Il suo collega Marziano denuncia il taglio da parte di “Roma “ delle risorse destinate alle ex provincie per la manutenzione delle scuole e per i bus”. Nel frattempo, in Commissione Bilancio dell’ARS molti deputati protestano per l’eccesso di risorse che sarebbe stato destinato a Gela ed a Termini Imerese.  Insomma, si è scatenata una bella lite localistica perché alcuni parlamentari avrebbero scoperto che nei territori cari a Crocetta e a Lumia arriverebbero troppi soldi: eccoci di nuovo al piccolo mondo antico della gara clientelare tra territori che  si sospetta godano di sostenitori potenti ed altri che invece si rammaricano di venire trascurati. Siamo messi proprio bene! Siccome a noi siciliani piace abbondare, è anche esplosa una polemica su cinque miliardi che mancherebbero all’appello dei fondi da destinare allo sviluppo dell’isola, conto fatto  (mi verrebbe di dire “alla fimminina”, ma non oso e mi scuso se sono tentato dialettismo maschilista) sottraendo dai circa sette miliardi di dotazione prevista per la Sicilia nella programmazione del FSC 2014-2020, i 2,5 miliardi di risorse contenute nel Patto. Ad esse vanno comunque  aggiunti i fondi, sempre FSC, destinati ai tre patti con le aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo che – per le notizie che circolano- dovrebbero valere complessivamente tra otto e novecento milioni di euro.  Per il settennio sono attualmente disponibili (vedi Linee giuda del Masterplan sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri) 39 miliardi di euro di FSC, mentre l’intervento previsto dai patti in questione (otto con le regioni meridionali e sette con le aree metropolitane) , la cui spesa va concentrata tra il 2016 e il 2017, non dovrebbe superare in totale gli 11 miliardi di euro. L’intervento non riguarda quindi l’intero FSC né i cosiddetti programmi complementari (PAC) 2014-2020 derivanti dall’abbattimento del cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali europei; queste risorse andranno programmate con apposite delibere CIPE ed è fondamentale che le Regioni e le forze economiche e sociali si attivino per evitare che- com’è avvenuto in passato- esse vengano dirottate verso la spesa corrente. Cos’è allora questo patto per lo sviluppo della Sicilia che tante polemiche sta suscitando?

Conviene leggere le carte e contribuire, per quanto possibile, all’accertamento dei fatti.

Il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio del 17 dicembre 2015 dava conto dell’avvenuto incontro conclusivo per la stipula del patto per la Sicilia  tra il governo regionale e quello di Roma ed annunciava la firma del documento “per la prossima settimana”. Sono passati Natale e Capodanno, ci avviciniamo pericolosamente a carnevale, ma della firma non vi è più traccia. Che si aspetti la Pasqua per far risorgere un governo regionale che ormai appare morto da ben più di tre giorni? Utilizzando le delibere della Giunta regionale si può ricostruire il complesso iter della definizione delle proposte presentate dalla Regione siciliana (o almeno dal suo presidente, on. Crocetta) al tavolo di confronto con il Governo nazionale. La delibera della Giunta regionale n.288 del 26/11/2015 aveva definito le priorità strategiche del patto insistendo sulla necessità di “selezionare pochi e specifici interventi per un massimo di due o tre per ogni settore prioritario” A tal fine s’individuavano i criteri di eleggibilità in interventi già finanziati ed in corso di esecuzione per i quali il completamento, l’avvio e la progettazione potessero determinare un impatto rilevante per gli anni 2016 e 2017. Quindi, interventi di rapida cantierizzazione e con progettazione esecutiva completa o completabile in breve tempo. Dalla tabella allegata, pubblicata in calce alla delibera, si constata che 1,6 miliardi di euro erano destinate alle infrastrutture (compresa la viabilità autostradale del Consorzio autostrade siciliane), 646  milioni all’ambiente, 70 al turismo ed alla cultura, 343,5 allo sviluppo economico e produttivo. In sostanza, gli interventi per la viabilità in questo documento pesavano per oltre il 60% dell’intero pacchetto.  Da Roma deve evidentemente  essere arrivato lo stop a             quest’impianto, tanto che la Giunta  è stata costretta a  rimetterci mano e con la delibera n.344 del 29/12/2015 ha  approvato una seconda versione del Patto, concordata con la Presidenza del Consiglio, nella quale gli interventi sull’ambiente salgono al 45% del totale 911 milioni), quelli sulle infrastrutture si ridimensionano al 41%  (per la viabilità 605milioni su 833  del capitolo), allo sviluppo economico va l’8% (170 milioni con l’azzeramento dell’intervento sulla cantieristica navale), a turismo e cultura il 4% (84 milioni), al capitolo welfare e legalità il 2% (40milioni). Nel capitolo dello sviluppo produttivo si ripropone la zona franca urbana rafforzata, cioè un meccanismo di agevolazione fiscale nei limiti della regola europea del “ de minimis”. Si tratta di un elenco di decine di interventi, altro che poche e selezionate priorità strategiche. La grande viabilità autostradale non è compresa (né francamente poteva esserlo): l’assessore Pistorio, che ora si lagna, era forse distratto?  Non ci si ferma qui, però: compare un allegato B nel quale vengono previsti oltre 133 milioni, dei quali 63 sono destinati alla realizzazione del porto turistico di Santo Stefano di Camastra e il resto, tranne qualche spicciolo in provincia di Palermo e Siracusa, vanno a Gela. Qui, com’era facile prevedere, casca l’asino. Naturalmente, tutta questa vicenda si svolge in assenza di qualsiasi confronto del governo Crocetta con i corpi intermedi e le organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Mentre la Regione, ormai prigioniera del proprio solipsismo, ignora ogni interlocutore che non sia funzionale al perseguimento dei propri disegni, i sindaci delle tre città metropolitane, assai più virtuosamente, hanno coinvolto il partenariato economico e sociale nelle definizione delle scelte. Infatti sui rispetti patti non sono nate polemiche significative. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, verrebbe da dire. Tuttavia a pagare il conto di questo modo di governare, che per carità di patria non aggettivo, saranno le possibilità di sviluppo della Sicilia e di nuova occupazione per tante donne ed uomini. E’ la medesima logica  distorta per la quale diverse decine di migliaia di famiglie siciliane impoverite dalla crisi stanno pagando le proposte sbagliate sulla lotta alla povertà inserite nel disegno di legge regionale, mentre s’impedisce che vada in discussione il disegno di legge d’iniziativa popolare che ha raccolto oltre quindicimila firme. Usque tandem Catilina abutere patientia nostra? (libera traduzione: quando riusciremo ad arrabbiarci? ndr)

 di Franco Garufi

Ultimi articoli

« Articoli precedenti