Poveri Centri per l'impiego, mancano pure i pc

Economia | 29 settembre 2021
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Nei giorni in cui il ministro del Lavoro Andrea Orlando lavora alla messa in opera della riforma delle politiche attive del lavoro e del Programma GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) e nel pieno del confronto tra Governo e Conferenza delle Regioni sul riordino e rafforzamento dei Centri per l'Impiego, la Corte dei Conti entra in partita a gamba tesa con l'approvazione dell'indagine sul “Funzionamento dei centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro.” 

E va giù pesante: “Nel nostro Paese esistono eterogenei assetti organizzativi, con approcci, metodologie e sistemi informativi diversificati e sovente non dialoganti tra di loro”. La scarsa offerta di lavoro e l’inadeguata conoscenza dell’effettivo mercato del lavoro impedisce, di fatto, ai Centri per l’impiego di costituire l’anello di congiunzione per un’occupazione sostenibile e per una collocazione lavorativa ideale. 

 Alcune informazioni ci riguardano direttamente: se nell’analisi si considerano le sole strutture principali, la diffusione dei CPI è maggiore in Sicilia (con n. 68 organismi operativi), seguono la Lombardia (n. 63), l’Emilia Romagna e la Toscana (n. 47). La Sicilia ha articolato il suo sistema in 9 Servizi provinciali Cpi e in diversi Centri territoriali afferenti ai rispettivi Servizi provinciali. La nostra è anche la regione con la maggiore dotazione di organico: con i suoi 2.208 operatori- compresi 429 navigator- (ma il numero sembra essere ulteriormente cresciuto, come vedremo) raccoglie poco più del 20 per cento del totale del personale impiegato sull’intero territorio nazionale (10.895 addetti), seguita dalla Lombardia con 1.063 operatori (9,77 per cento) dislocati su 82 sedi e dal Lazio con 996 addetti (9,15 per cento) effettivi presso 47 Centri. 

Le risorse destinate ai CPI nell'isola sono per intero regionali (con esclusione di quelle che si riferiscono all'attività dei navigator per la presa in carico dei beneficiari del reddito di cittadinanza) e sono pari a 1.462.556 euro. Per fare un confronto la Lombardia spende per i suoi Centri 39.030.831 euro ed il Lazio addirittura 61.634.059. La prima evidenza riguarda perciò l'evidente sottodotazione finanziaria dei CPI nella nostra regione. 

Risultano in totale iscritti ai Centri 305.012 siciliane e siciliani: ogni sede si trova così a gestire 4485 posizioni, a fronte di 3589 in Lombardia e 2913 nel Lazio. 

Nel periodo 2017-2020 gli utenti sono lievitati da 162.123 (di cui 70.540 donne) agli attuali 305.012 (di cui 145.489 donne). In percentuale l'utenza maschile è cresciuta meno: da 91.583 a 194.506. Sono cresciuti del 149,6% gli utenti in possesso di laurea, del 192,6% i diplomati, del 92,5% coloro che hanno la licenza media. Nel triennio il numero di quelli che hanno trovato occupazione è diminuito del 47,3%. 

Sono dati drammatici, che si commentano da soli. La dotazione informatica delle strutture appare del tutto insufficiente. Meno di metà degli operatori (1351 sui sui 2364 segnalati dalla Corte dei Conti per il 2020) utilizzano una dotazione informatica; di essi solo 1074 hanno un PC; le stampanti sono in numero esiguo, appena 277. Segnalo qui che dalle tabelle pubblicate nella delibera del massimo organo di giustizia contabile i dipendenti nell'ultimo anno nell'isola risultano cresciuti da 2208 segnalati nel testo a 2364: Se non deriva da un errore di scrittura, la cosa incuriosisce ed andrebbe approfondita. 

La Corte, infine, dedica attenzione al Reddito di cittadinanza, altro argomento alla ribalta del dibattito politico nazionale. Sono interessanti i dati che riguardano la Sicilia, regione che , com'è noto, è stata insieme alla Campania tra le principali beneficiarie della misura.

 Al 28 febbraio 2021 nell'isola i soggetti beneficiari del RdC potenzialmente tenuti alla stipula del patto personale di lavoro (PPL) ammontavano a 316.893. A questo numero vanno sottratti 4504 soggetti esclusi, 6210 esonerati, 4147 rinviati al patto di inclusione. Restavano “Work Ready”, cioè in condizione di entrare utilmente nel mercato del lavoro 302.032 beneficiari, donne ed uomini. I piani personali di accompagnamento al lavoro sono stati però solo 3131. Se si fa riferimento ai dati dell'assessorato della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, rispetto ai 130.514 convocati, 106.698 sono firmatari di patto. Di questi sono stati presi in carico dai navigator 84.093 e 51.074 sono stati supportati per l'iscrizione a MyAnpal. I beneficiari a cui sono stati proposti percorsi o opportunità formative sono stati 49.842, di cui 10.584 hanno avuto esito positivo e hanno determinato l’iscrizione dei beneficiari ai percorsi. A trovare lavoro invece con la mediazione diretta dei navigator sono stati in 6.662 beneficiari.

 Un numero comunque inferiore alle previsioni. A dimostrazione del fatto che una misura utile e necessaria per combattere la povertà e l'esclusione sociale e che va difesa dagli attacchi pesantissimi che sta subendo da parte del Centro destra e di Matteo Renzi- va tuttavia meglio definita, innanzitutto intervenendo con una modifica legislativa che separi nettamente le misure di presa in carico e di sostegno al reddito di ultima istanza, dalle politiche attive del lavoro che devono invece trovare una strumentazione più adeguata nel coordinamento tra Governo centrale e regioni e con un ruolo nuovo dell'ANPAL (commissariata e riportata all'interno della struttura ministeriale), come anche la delibera della Corte dei Conti evidenzia aldilà di ogni dubbio.

 di Franco Garufi

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