Poche donne nei settori Stem, crisi educativa
Il nostro paese è colpito da molteplici divari nelle competenze tecnico-scientifiche. Secondo quanto riportato in uno studio di Openpolis, l’Italia risulta essere infatti meno competitiva di molti altri Stati in Europa, sia per quanto riguarda i titoli di studio, sia per quanto concerne il lavoro. Nel 2019 i laureati in scienze, matematica, informatica, ingegneria, manifattura e costruzione erano 16,4 su 1.000 abitanti tra i 20 e i 29 anni, in Ue erano in media 20,8. Un altro divario si registra considerando la percentuale di persone occupate nei settori di scienze e tecnologie, che nel 2020 corrispondeva al 16,9% della popolazione tra i 15 e i 74 anni nel nostro paese, contro una quota del 21,7% a livello europeo.
Alle disparità già menzionate tra Italia e Europa si aggiunge anche quella tra uomini e donne. Da una lettura dei dati secondo una prospettiva di genere, emerge infatti una grave carenza di donne occupate in questi settori. In un’Europa dove le donne in media lavorano più degli uomini in questi settori, l’Italia resta ancorata a un divario di genere che resta quasi immutato nel tempo. Si registra, infatti, una percentuale inferiore di 3 punti rispetto a quella degli uomini nel nostro paese (18,3%) ed entrambe inferiori al dato sia maschile (21,2%) che femminile (la quota più alta, pari al 22,1%) di tutta l’Ue. In circa 20 anni, le donne italiane occupate in scienze e tecnologie sono aumentate in meno di 4 punti: nel 2002 infatti la quota era pari al 12%. Le donne che lavorano in questi ambiti in Italia sono aumentate di esattamente di 3,6 punti percentuali, arrivando nel 2020 al 15,6%. Neppure il divario rispetto ai colleghi uomini è cambiato considerevolmente, dai 3,2 punti che distanziavano i due tassi di occupazione nel 2002, ai 2,7 nel 2020.
Lo studio di Openpolis mette in risalto altresì come in Italia sia le lavoratrici che i lavoratori siano diminuiti tra il 2008 e il 2010, in corrispondenza dell’inizio della crisi economica. Un calo che ha colpito soprattutto gli uomini rispetto alle donne, con la conseguenza di assottigliare anche il divario di genere per quei 3 anni, che tuttavia a partire dal 2011 ha ricominciato a crescere. Tali tendenze tuttavia sembrano non aver inciso sulle medie europee. I divari nel lavoro risultano essere una conseguenza di quelli nello studio. Le carriere in ambito tecnico-scientifico sono attualmente le più richieste, oltre che le migliori remunerate. In questi settori dunque una minore presenza femminile rischia di alimentare anche i divari economici già esistenti. Per capire da dove traggono origine queste tendenze, occorre ricercare tra i pregiudizi sociali e culturali che influenzano le scelte delle donne fin da bambine e ragazze, quando devono decidere quale percorso di studio intraprendere.
In Italia nel 2019 oltre il 70% dei laureati in ingegneria e scienze erano uomini, contro solo il 30% di donne. Un gap considerevole quindi, nonostante in Italia sul totale dei laureati di tutte le discipline, siano le donne a costituire la maggioranza (60% nel 2020). A influenzare tale tendenza concorrono anche tutti quei pregiudizi e stereotipi che vedono bambine e ragazze come “naturalmente” più portate a percorsi di studio umanistici, al contrario dei propri pari maschi, che sarebbero invece portati per studi tecnici e scientifici.
Il numero di uomini che hanno completato percorsi di studio in discipline Stem in tutti gli Stati presi in esame supera quello delle donne. In Europa, nel 2019 sono 14,9 le laureate Stem su 1.000 abitanti tra i 20 e i 29 anni. Un dato che è quasi la metà di quello degli uomini (27,9) e che si affievolisce ulteriormente nella maggior parte dei paesi Ue. Per quanto riguarda l’Italia, che già complessivamente registra meno laureati Stem (16,4 ogni 1.000) rispetto alla media europea (21), il divario tra uomini e donne è di circa 6 punti di distacco, con 19,4 laureati ogni 1.000 per i primi e 13,3 per le seconde.
Nel nostro Paese, a livello regionale, il confronto tra donne e uomini laureati in questi settori cristallizza uno spaccato disomogeneo. L’unico comune denominatore è la maggiore frequenza con cui i primi, rispetto alle seconde, completano percorsi di studio in questi settori. In tutte le regioni gli uomini laureati in discipline Stem sono più delle donne. Le regioni italiane con i divari percentuali più alti tra uomini e donne laureate sono il Trentino-Alto Adige e il Veneto. Seguono Friuli-Venezia Giulia (88,3%), Lombardia (72,8%) ed Emilia-Romagna (66,1%). Al Nord il divario di genere tra laureati Stem è più ampio rispetto al sud. Le differenze percentuali più basse si registrano invece in regioni del sud Italia. In particolare in Campania (21,9%), Abruzzo (18,7%), Calabria (15,8%), Sardegna (13,3%) e infine Basilicata, dove gli uomini laureati in Stem superano le donne solo dell’11,2%. La Basilicata ha il guinness del primato: è la regione con più donne laureate in Stem su 1.000 residenti, cioè 17, contro i 18,9 uomini. Al contrario, è il Trentino-Alto Adige a registrare il dato più basso in questo senso, con sole 4,6 laureate su 1.000 ragazze.
Melania Federico
Ultimi articoli
- Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica - Si smantella l’antimafia
e si indebolisce lo Stato - C’era una volta l’alleanza progressista
- Vito Giacalone, un secolo
di lotte sociali e politiche - Violenza sulle donne, come fermare
l’ondata di sangue - Ovazza, l'ingegnere ebreo comunista
padre della riforma agraria - Uno studio sui movimenti
studenteschi e le università