Pino Daniele, il blues italiano
«Il nero a metà, l'americano della nuova Napoli che sognava di veder passare la 'nuttatà, il mascalzone latino, il Lazzaro felice, l'uomo in blues, il musicante on the road, il neomadrigalista, cantautore che negli anni in cui dominava il messaggio non mise mai in secondo piano la musica, pur avendo cose da dire, e che cose».
È l'autoritrattò, sul suo sito ufficiale, di Pino Daniele, stroncato da un infarto alla soglia dei 60 anni che avrebbe compiuto il 19 marzo. Inventore di quel sound inconfondibile, tra sonorità blues, rock, jazz e la tradizione napoletana, diventato il suo marchio di fabbrica in Italia e nel mondo, Pino (all'anagrafe Giuseppe) Daniele nasce a Napoli il 19 marzo 1955. L'esordio nel 1977 con Terra mia: il brano che apre il disco, 'Napulè è diventa il manifesto della speranza e delle disillusioni di una generazione.
Il 1979 è l'anno di 'Je sò pazzò e di capolavori come 'Je sto vicino a tè, 'Il marè, 'Putesse essere allerò. 'Nero a meta«, del 1980, è l'album del grande successo, l'incrocio definitivo tra il blues dei neri americani e la musica popolare napoletana, simbolo del meticciato sociale, culturale e artistico, tra 'Allerià e 'A me me piace 'o blues'. Il 19 settembre 1981, l'apoteosi in piazza del Plebiscito, con 200 mila persone ad ascoltare Pino sul palco con Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo, Tony Esposito, James Senese. È la consacrazione del 'neapolitan power'. Arrivano un altro lp epocale, come 'Vai mo» (1981), e brani come 'Yes I know my way', 'Viento 'e terrà.
'Bella 'mbrianà, del 1982, coinvolge jazzisti del calibro di Wayne Shorter ed Alphonso Johnson, continuando a mischiare napoletano, italiano ed inglese, 'Tutta 'n'ata storià e 'I got the blues'. Due anni dopo, 'Musicantè incontra le percussioni brasiliane di Nanà Vasconcelos, la tromba di Don Cherry e i suoni d'Africa, affrontando temi-tabù come quelli del contrabbando in mano alla camorra in Stella nera. Dopo aver aperto nel 1980 il concerto milanese di Bob Marley, per Pino arriva la consacrazione sulla grande scena internazionale, con il Festival di Montreux, il Canada, l'Olympia di Parigi, il Festival di Varadero a Cuba e l'Arena di Verona.
Intanto continua la collaborazione con l'amico Massimo Troisi, per cui scrive le colonne sonore di Ricomincio da tre ('81) e Le vie del signore sono finite ('87), poi il capolavoro di Quando, scritta con l'amico per Pensavo fosse amore e invece era un calesse ('91). Con 'Mascalzone latinò ('89) Pino Daniele torna all'acustico, poi negli anni Novanta ancora una svolta, con 'Un uomo in blues' ('91) in cui «O scarrafonè denuncia la xenofobia e il titolo del disco gioca con un nuovo appellativo per il cantautore. Ospiti d'eccezione: Chick Corea, Ralph Towner, ma anche Bruno De Filippi. Nel 1993 a Cava dè Tirreni un altro concerto storico, che poi diventerà l'album live 'E sona mo».
Da sempre aperto alle collaborazioni, da Jovanotti a Chick Corea, Pino Daniele suona con artisti del calibro di Yellow Jackets, Mike Manieri, Danilo Rea, Mel Collins, Pat Metheny. Nell'estate 2002 ha l'idea di una tournèe con Fiorella Mannoia, Francesco De Gregori e Ron, che diventa un cd e un dcd, In tour. 'Passi d'autore '(2004) è forse il più ambizioso dei suoi progetti, tra omaggi a Che Guevara, Django Reinhardt e Maradona, tra world music e il richiamo ai madrigali di Gesualdo da Venosa. 'Iguana cafe« (2005) è una sintesi, spiega il sottotitolo, di 'Latin blues e melodiè che riprende 'It's now or never', ovvero »O sole miò. Con 'Il mio nome è Pino Daniele e vivo quì (2007) ritrova Tony Esposito e prepara la strada al triplo cd antologico con inediti 'Ricomincio da 30', che cita Troisi e riforma il supergruppo (Tullio De Piscopo, James Senese, Tony Esposito, Rino Zurzolo e JoeAmoruso) con l'aggiunta di Chiara Civello e Al di Meola.
L'8 luglio il gruppo espugna di nuovo piazza del Plebiscito, ma stavolta ci sono pure Giorgia, Irene Grandi, Avion Travel, Nino D'Angelo, Gigi D'Alessio. Sono storia recente Electric jam del 2009 e Boogie boogie man dell'anno successivo. Infine, il trionfo di Nero a metà, con sessanta musicisti e gli amici di ieri e di oggi, riuniti a settembre scorso all'Arena per celebrare un'avventura lunga oltre trent'anni, iniziata tra i vicoli del centro storico di Napoli per approdare sulla scena mondiale.
PINO DANIELE E NAPOLI, TRA RIBELLIONE E ORGOGLIO
Pino Daniele, per i napoletani, non era mai andato via: anche se da molti anni il cantautore, tra gli artisti italiani più noti al mondo, aveva deciso di risiedere tra il Lazio e la Toscana, il legame pur controverso con la città a cui ha regalato 'Napule e«, scritta quando aveva solo 18 anni, l'aveva mantenuto sempre reciproco e viscerale. La simbiosi ha avuto forse il momento di maggiore empatia con il concerto di Piazza Plebiscito, quello dei 200 mila del 19 settembre 1981, momento di gioia e rinascita collettiva a poco meno di un anno dal terremoto. La vicinanza i napoletani di tutte le generazioni l'hanno dimostrata con le tante luci accese stanotte nelle case di tutti in quartieri dove navigando su internet o davanti alla tv hanno sperato che la notizia diffusa sui social non fosse vera, inondando poi il web di commenti e video, e proponendo di proclamare il lutto di cittadino nei giorni dei funerali, decisione presa in mattinata dal sindaco de Magistris.
Daniele era andato via da Napoli ma non aveva affatto dimenticato la città. Quel suo 'La Lega è una vergognà de 'O scarrafonè, ad esempio, era un moto di ribellione e di orgoglio. E oggi c'era dolore e incredulità nei vicoli del centro, davvero un 'Amore senza finè parafrasando il titolo di una sua canzone, nonostante il 'dispiacerè di molti fan per una lontananza fisica tra Napoli e l'artista, che ne era l'anima insieme tradizionale e moderna. Pino Daniele era nato il 19 marzo 1955 nel cuore del centro storico, in via Francesco Saverio Gargiulo, già noto come Vico Foglie a Santa Chiara, 'all'ora è magna» (cioè all'ora di pranzo, ndr) come scrive lui stesso in 'Storie e poesie di un mascalzone latinò. Era il primo di sei figli di una modesta famiglia e crebbe con la zia in piazza santa Maria la Nova. Iniziò a suonare verso i 13 anni con una vecchia spinetta trovata in casa, poi con il complessino dei New Jet e la sua prima chitarra, una x27, nei localini del porto. diplomatosi ragioniere, nel 1975 è un session man per artisti come Jenny Sorrenti e Gianni Nazzaro, ma soprattutto incontra Mario Musella, voce degli Showmen, il 'nero a meta« che ricorderà tutta la vita.
Sempre nel 1976 entra a far parte, come bassista, del gruppo precursore del cosiddetto 'neapolitan power', 'Napoli Centralè fondato dal sassofonista James Senese, che con la sua storia di 'nero napoletanò è un autentico ispiratore per Daniele. Con i primi brani in dialetto viene scritturato dalla EMI Italiana (Che calore, Furtunato) e fortissimo è il legame con la tradizione nell'album di esordio 'Terra mià del 1977 che contiene 'Na tazzulella 'e cafe», lanciata da Renzo Arbore grazie alla radio. Nel cuore dei napoletani e non solo Pino Daniele è da molti anni collegato al ricordo del grande amico Massimo Troisi per il quale aveva scritto le musiche dei film compresa la celebre 'Quandò, e per lui aveva musicato le strofe di 'O ssaje comme fa 'o corè. Daniele, che ha collaborato con i più grandi artisti italiani e internazionali, nel 2005 ha inciso anche la sua versione di It's now or never (cover inglese di 'O sole mio, a suo tempo lanciata da Elvis Presley).
Dopo 30 anni di carriera riunì i suoi collaboratori degli esordi ovvero Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo, Joe Amoruso, Ernesto Vitolo, Gigi De Rienzo e l'8 luglio 2008 tornò in Piazza del Plebiscito per un concerto al quale partecipò anche Gigi D'Alessio. A Napoli era stato di recente, al Palapartenope, il 16 e 17 dicembre scorso per un appuntamento delle feste che era divenuto ormai rituale, e trionfale come sempre, e in precedenza il 30 ottobre al Mercadante per ricevere un premio e lanciare l'idea di un evento da dedicare ai giovani, al Teatro Mediterraneo, da organizzare 'sul marè. Giovani napoletani che ha sempre seguito anche alla distanza, immaginando sempre nuove collaborazioni: per la nuova leva del rap, Clementino e Rocco Hunt, era semplicemente lo Zio Pino.
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