"Piccoli crimini coniugali", Placido e Bonaiuto affrontano Schmitt

Cultura | 10 ottobre 2019
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Una storia semplice, ma non desueta, ascrivibile ad una delle miriadi “scene da un matrimonio” sconosciute ai più e seppellite, in complice silenzio, nell’opprimente decoro delle mura domestiche. I fatti (che la commedia riesce abilmente a centellinare): Gilles e Lisa, agiati signori di mezza età, uniti da vincolo matrimoniale da circa vent’anni , scrittore di gialli lui casalinga lei, trascinano vite intrecciate ma sostanzialmente estranee. Persuasasi -non a torto- di essere reiteratamente tradita, la donna (in un ‘tempo’ che è antefatto del presente-scenico) stimola il marito ad una chiarificazione, una confessione, un qualsivoglia armistizio per ridare propellente a quella ‘coazione a ripetere’ su cui si fonda la routine di tante convivenze consunte.

All’ennesimo diniego di Gilles, in un attimo di furibonda reazione, Lisa lo colpisce alla testa con un oggetto pesante e contundente. Preziosa “opportunità” che offre all’uomo l’occasione per fingersi stordito, smemorato, bisognevole di soccorso ospedaliero. Cosa che puntualmente avverrà, senza “gravi” conseguenze, salvo il perpetuarsi della falsa amnesia (chi sono? Chi sei? Come mi chiamo?) anche dopo le dimissione dal nosocomio e il conseguente ‘furoreggiare’ di equivoci, fraintendimenti, torture mentali, amare bugie al momento (topico) del ‘ritorno a casa’ (“non so nemmeno dove mi trovo”).

Eric E. Schmitt annota che “per tutta la vicenda non si sa mai che pericolo, per così dire dialettico, aspetta i due dietro l’angolo, entrambi troppo impegnati a scagliarsi addosso vecchi rancori e inconfessabili rivelazioni. Ed essendo, la perdita di memoria, il pretesto per essere finalmente, totalmente sinceri l’uno con l’altro”. Ottimismo all’ingrosso. Nel risaputo ribaltamento di fronte (sadomasochistico) dei due ‘naufraghi ’ sbandanti in testa-coda.

Palesemente epigono di Pinter, refrattario a Ibsen e Strindberg – nel tragico precipitare dei loro drammi domestici- l’autore (abilissimo artigiano di calembour e apparati drammaturgici a ‘sospensiva tensione’: per il pubblico di bocca buona) è invece un inveterato enigmista della parola, manipolatore di lemmi e allocuzioni (a doppio, triplo senso, da andata e ritorno), divertito giocoliere di “fenomenologie dell’anima” disagiate, triturate, sorvolanti la realtà in misura epiteliale e disconoscimento di quella “cognizione del dolore” che si accompagna a ciò che i francesi definiscono la maladie d’amour (e di ogni simbiotica convivenza ove una nevrosi alimenta l’altra).

Più che di gabbie e di inferni domestici ciò che emerge è quindi il piacere di “catturare” ed épater les bourgeois (più o meno come accade nelle commedie della connazionale Yasmina Reza) sul quel prevedibile crinale di rispecchiamento e sublimazione (deresponsabilizzante) che ha smesso di funzionare, per tutti gli occidentali, con l’avvento della Grande Crisi del 2007, arrecante corollari di sopravvivenza e triste fine di falsi ‘giochi al massacro’ per coppie e comitive.

Spiace scrivere inoltre- a fronte dell’interpretazione ferrigna, volitiva, caparbiamente ‘fragile’ dell’infallibile Anna Bonaiuto- di quanto stazzonata e indolente “si diverte” ad essere l’esibizione di Michele Placido. Strambamente incurvato, gigioneggiante, malvestito come se volesse (invano) dare consolazione e compatimento al codardo personaggio di Gilles.

Raffinata ambientazione (tutta lunghe scale e librerie a muro), patinato tappeto musicale tipico anni ’70 (“L’appuntamento” di Ornella Vanoni), accurato dosaggio delle luci di scena. Ma nulla di più.

Ps La penultima volta che “Piccoli crimini coniugali” andò in scena a Roma (era il 2005) ne furono interpreti la radiosa e dissacrante Andrea Jonasson ed il caro Giampiero Bianchi, cui approfittiamo per rendere omaggio, essendo scomparso – fra poco saranno quindici anni- un mese dopo la fine delle repliche: per autodeterminazione e quindi meritevole del nostro rispetto e riserbo. Trascrivo ciò che ebbi ad annotare quando appresi della sua fine: “recitava come solfeggiando, in punta di anglosassone ironia. Impercettibilmente svagato e con sobrio distacco. Eleganza mai affettata o esibita. L’esatto opposto dell’Istrione italiano: invadente, ingombrante, eccessivo”.

Oggi nessuno sa più chi è stato Giampiero Bianchi, attore e doppiatore: male, molto male.

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"Piccoli crimini coniugali"

di Eric-Emmanuel Schmitt

Adattamento e regia di Michele Placido pure interprete con Anna Bonaiuto

Scene: Gianluca Amodio Costumi: Alessandro Lai Musiche: Di Maggio & LunaLuci: Pasquale Mari

Produzione: Goldernat. Teatro Quirino di Roma (e successiva tournée)

 di Angelo Pizzuto

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