Piccole riforme necessarie per una grande scuola
E’ nota la storia della scuola italiana: a parole, sempre, grande apprezzamento per il suo ruolo, grande attribuzione di funzioni educative , grandi riconoscimenti ai docenti per la loro abnegazione, ma niente riforme sostanziali, niente risorse, niente sostegno al merito ed all’impegno, scarsa selezione del personale reclutato spesso in modo casuale , niente concorsi, se mai qualche corso-concorso per presidi e qualche corso abilitante per gli insegnanti.
Per diversi decenni si sono succeduti governi e ministri dell’istruzione che sono passati senza lasciare traccia della loro attività nella scuola italiana: mentre la condizione di quest’ultima degradava, tutto veniva rinviato ad un secondo tempo quando ci sarebbero state le risorse per fare le riforme.
E’ avvenuto cosi che i locali delle scuole si sono via via deteriorati, i posti in ruolo dei docenti sono rimasti sempre più scoperti, il precariato è cresciuto , la gestione degli incarichi e delle supplenze è divenuta sempre più complicata, la continuità didattica è divenuta un ricordo, le promozioni alla classe successiva e lo stesso esame di maturità hanno perso significato, l’assiduità delle lezioni da parte degli alunni è diventato un opzional, l’autorità ed anche il prestigio degli insegnanti sono fortemente scaduti, l’autonomia concessa alle scuole è rimasta una parola vuota.
Poi è arrivato l’attuale governo che fin dal suo insediamento ha affermato la centralità della scuola e della formazione per il progresso del nostro paese ed è poi intervenuto , pur con le difficoltà finanziarie del nostro paese, con una serie di provvedimenti in favore dell’edilizia scolastica, dell’informatica nella didattica, del merito delle scuole, dell’aggiornamento culturale dei docenti, e soprattutto con l’immissione in ruolo per concorso di circa 160 mila docenti abilitati, provvedimento quest’ultimo in corso di attuazione.
Questa in sintesi la storia della nostra scuola ed il contesto in cui sono maturati gli interventi dell’attuale governo, interventi non sempre apprezzati , anzi in molti casi fortemente contestati anche dagli stessi docenti.
Rimane però il fatto che comunque anche i provvedimenti più contestati in qualche modo sono stati ritenuti utili dagli stessi insegnanti se è vero, come è vero , tanto per citare uno dei provvedimenti più criticati, che nonostante le critiche quasi tutti gli insegnanti abilitati non solo hanno partecipato al concorso ma hanno accettato la cattedra anche in sedi lontane da quelle di residenza mostrando in questo modo di avere trovato conveniente la soluzione proposta dal governo.
Rimane anche il fatto che forse per la prima volta nella storia della nostra scuola ogni istituto ad inizio anno potrà disporre di propri docenti non solo per le attività curriculari ma anche per quelle extra-curriculari (organico dell’autonomia) e che per l’immissione in ruolo ogni insegnante nel medio e lungo termine registrerà una rivalutazione del suo stipendio.
Certo nei primi tempi ci sarà una forte richiesta di trasferimenti specialmente dal nord al sud, forse anche qualche problema, ma in prospettiva ogni scuola avrà il suo organico ordinario ed in più quello dell’autonomia, cosa quest’ultima che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere strategica in quanto la presenza nei ruoli di personale docente non impegnato in attività curriculari dovrebbe consentire anche attività diverse sia nel campo della formazione sia per il territorio.
La scommessa è che questo personale non sia tenuto a disposizione solo per le supplenze e sia utilizzato propriamente secondo quanto previsto dalla legge 107 del 2015 che attribuisce all’organico dell’autonomia “ il compito di concorrere alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività d’insegnamento,di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento” .
L’auspicio è che nell’utilizzo di questo personale non siano accantonate le funzioni di “ potenziamento, organizzazione, progettazione e coordinamento” per rendere più operativa ed efficace la pianificazione educativa che spesso oggi costituisce un elenco di buone intenzioni senza un effettivo controllo, senza apertura al nuovo, senza uno studio delle cause degli scarti tra dati programmati e dati realizzati .
In questo senso, anche a livello sindacale ma non solo, sarebbe utile concentrarsi su come riorganizzare le scuole , come aprirle al nuovo, come rendere effettiva l’alternanza scuola-lavoro, come combattere la dispersione scolastica , come realizzare il coordinamento disciplinare , come controllare la produttività delle scuole e degli insegnanti, come potenziare la professionalità dei docenti, come articolare la loro carriera , come concepire il ruolo dell’ispettore tecnico ai fini dell’innovazione didattica, come configurare il rapporto centro-periferia.
Una riflessione particolare, senza pregiudizi, bisognerebbe dedicare agli insegnanti cominciando dalla loro formazione per finire al loro trattamento economico. Non si può partire dall’idea che tutti gli insegnanti conoscono bene la loro disciplina, hanno un metodo didattico ottimo, dedicano lo stesso tempo e lo stesso impegno alla scuola, sono disposti ad accrescere questo impegno se adeguatamene compensato.
Bisogna prendere atto che la realtà della professione docente, cosi come quella di ogni altra categoria di lavoratori, è molto variegata: accanto a docenti molto preparati e motivati disposti ad impegnarsi ancora di più ve ne sono altri che per impegni di famiglia, professionali o altro non hanno questa disponibilità.
Nelle università questa realtà è stata accettata e parzialmente affrontata con la distinzione tra docenti a tempo pieno e docenti a tempo parziale. Nelle nostre scuole potrebbe utilizzarsi per introdurre , previo concorso per esami e titoli, figure intermedie tra il dirigente ed il docente, ad esempio creando i coordinatori di area o di dipartimento con funzioni di supporto della pianificazione didattica ed insieme di raccordo con l’innovazione scolastica .
Le figure ipotizzate in una prima fase potrebbero assegnarsi nelle scuole medie inferiori all’area linguistica, all’area scientifica ed a quella artistica, nelle scuole medie superiori all’area linguistica, all’area scientifica, all’area professionale .
Si avrebbero tanti vantaggi oltre quello indicato sopra : il vantaggio di arricchire le possibilità di carriera degli insegnanti, il vantaggio di accrescere la loro motivazione , il vantaggio di cominciare a differenziare in modo sostanziale il loro trattamento economico in base al diverso grado d’impegno, il vantaggio di creare una rete di supporto didattico all’interno delle scuole, il vantaggio d’integrare ed in qualche modo bilanciare il potere dei dirigenti scolastici e, non ultimo, quello di creare le premesse culturali per una nuova generazione di dirigenti , più giovani, più moderni, più evoluti , più adatti a gestire il tipo di scuola tratteggiato dalla legge 107/2015.
Ove
venisse accettata l’ipotesi sopra detta e venissero istituiti i
coordinatori professionali di area il loro destino finale nella
carriera potrebbe essere il ruolo di dirigente scolastico, di
direttore regionale, d’ ispettore tecnico e, perché no, di docente
universitario.
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