Più connessi ma più isolati: bambini e adolescenti nella pandemia
Durante la pandemia emozioni negative per l’80% di bambini e di adolescenti. E 1 su 2 è stato davanti agli schermi per oltre 8 ore al giorno. È la fotografia scattata da un sondaggio condotto da Società Italiana di Pediatria, Polizia di Stato e skuola.net su un campione di 10mila studenti (di cui 6.500 ragazzi tra 15 e 18 anni e 3.500 tra 9 e 14 anni). Il sondaggio è stato condotto a marzo 2021 e i risultati sono stati messi a confronto con una ricerca analoga, condotta sempre da SIP, Polizia di Stato e Skuola.net a ottobre 2019, ossia prima che bambini e adolescenti italiani conoscessero la lunga fase di confinamento dovuta al virus SARS CoV-2, con la chiusura delle scuole, la didattica a distanza, il diradarsi delle relazioni sociali e delle occasioni di socialità. I dati emersi consentono, quindi, di valutare quale è stato l’impatto della pandemia nella loro relazione con i media device e costituiscono, in qualche modo, il loro punto di vista dell’emergenza, la loro diretta esperienza.
Il primo importante dato emerso riguarda
il tempo trascorso sui dispositivi tecnologici: il 54% del campione dichiara,
infatti, di usare i media device per più di tre ore al giorno, oltre al
tempo trascorso in DAD (il 50% nella fascia 9-14 anni, il 57% in quella 15-18
anni). Nel 2019, questa percentuale era pari al 41% ma, a ben vedere l’aumento ha riguardato
soprattutto i giovanissimi, ossia i 9-14enni. Passa, infatti, dal 32 al 50% – dunque
da una proporzione di 1 su 3 a un rapporto di 1 su 2 – la quota di bambini e
preadolescenti che trascorre sui device più di tre ore al giorno oltre
alle attività scolastiche. Se a queste ore si sommano quelle impegnate in DAD,
circa 5 al giorno, è evidente che 1 intervistato su 2 passa almeno 8 ore al
giorno davanti a un dispositivo. Tutto ciò nella migliore delle ipotesi, ossia
se non si prende in considerazione che le ore extrascolastiche trascorse su
smartphone e tablet non siano più di tre. Un tempo che, inoltre, tende a
crescere ulteriormente con l’età.
Al di fuori della didattica, smartphone,
tablet e pc vengono usati prevalentemente per comunicare con gli amici (36%),
usare i social (24%), guardare video o film (21%), giocare ai videogame (11%),
solo marginalmente per fare ricerche (8%). Rispetto ai dati del 2019, passa dal
24 al 36% la quota di coloro che usano la tecnologia per comunicare con gli
amici e si riduce dal 19 all’8% la quota di quelli che
usano le risorse digitali per fare ricerche o approfondire argomenti di
interesse.
In mancanza della scuola e di altri
ritrovi abituali (palestre, piscine, laboratori teatrali, ecc.) la tecnologia
si afferma come strumento di “sopravvivenza”, unica strada per costruire
o mantenere relazioni umane, seppur mediate. Ma gli schermi non bastano a
simulare la realtà. Così, il 25% degli intervistati dichiara di sentirsi più
isolato e avverte la mancanza di una relazione in presenza, il 24% si sente più
stressato, il 18% più triste, il 14% dichiara di aver paura per i propri
familiari e per il proprio futuro, appena il 6% afferma che i rapporti
interpersonali sono migliorati grazie alla tecnologia. Soltanto il 13% dichiara
di non aver sperimentato nessuna delle emozioni appena elencate. E mentre i
ragazzi più grandi (15-18 anni) si sentono maggiormente stressati (27% contro
18%) e preoccupati (15% contro 11%), i più piccoli (9-14 anni) si sentono un po’ più isolati (28%
contro 24%).
Pochi libri, molte serie tv. Solo
eccezionalmente la pandemia ha rappresentato l’occasione per consolidare relazioni
familiari. Alla domanda “durante questi mesi cosa hai fatto di più?”, il 37% risponde di aver visto più serie tv, il 13% di aver
giocato in rete con gli amici, il 12% ha giocato ai videogiochi da solo,
soltanto l’11% ha letto più libri, solo
il 12% ha parlato di più con la sua famiglia e appena il 3% dichiara di aver
giocato più del solito a giochi di società con la famiglia.
A fronte di questi dati la Società Italiana
di Pediatria sottolinea i possibili risvolti negativi di stili di vita
sbagliati sulla salute fisica e mentale di bambini e adolescenti e auspica il
recupero al più presto di abitudini più salutari. “La brusca sospensione
di tutte le attività sociali, incluse le attività scolastiche e le attività all’aperto- ha spiegato
Annamaria Staiano, Vicepresidente SIP- si è associata, negli ultimi mesi, ad un
cambiamento in negativo dello stile di vita. I dati sull’utilizzo dei dispositivi elettronici
rappresentano un ulteriore pericoloso campanello d’allarme. Numerosi studi clinici hanno già evidenziato
quanto, rispetto al periodo precedente la pandemia, negli ultimi mesi si sia
verificato un importante peggioramento delle abitudini alimentari, associato ad
una significativa riduzione dell’attività fisica”. Tali comportamenti
scorretti, ai quali si aggiunge l’aumento del tempo trascorso davanti agli
schermi, incrementano notevolmente il rischio di sviluppare obesità che può
avere effetti negativi a lungo termine sulla salute dell’individuo.
Tra gli altri dati che devono preoccupare
di più vi è anche l’aumento dal 38 al 56%, in meno di due
anni, dell’utilizzo del telefonino prima di andare a
dormire (52% tra i più piccoli, 59% tra i più grandi). “Recenti ricerche- ha
aggiunto Elena Bozzola Segretario Nazionale SIP- confermano che l’uso dello smartphone
nelle ore serali interferisce non solo con l’addormentamento, ma anche con la qualità del
sonno. La deprivazione del sonno, tra l’altro, aumenta il rischio di sviluppare
malattie cardiovascolari, disfunzioni metaboliche, diabete mentale; inoltre,
una sua scarsa qualità può comportare stanchezza, depressione, disturbi con l’alcol, disturbi
ossessivo-compulsivi, abuso di sostanze e risultati scolastici scadenti”.
“L’avvento della pandemia – ha detto Nunzia Ciardi, Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – ha di fatto bruciato le tappe di una progressione della diffusione dell’uso delle nuove tecnologie in fasce di età sempre più precoci: per riempire i lunghissimi pomeriggi chiusi in casa, per compensare la mancanza di contatti con coetanei e familiari, moltissimi bambini hanno acquisito, in pochi mesi, una dimestichezza maggiore all’uso di tablet e smartphone, in un’età in cui si è particolarmente vulnerabili ai rischi della Rete. I bambini che si muovono sui social network rivelano la loro spiccata fragilità per inesperienza, per immaturità cognitiva ed emotiva e sono, inevitabilmente, molto esposti a tutti i reati di aggressione on line”.
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