Perdono garantito a Busi e grazie dell’estremismo

Cultura | 30 maggio 2016
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Forse solo ad Aldo Busi – alla sua spudoratezza, al suo illuminismo, alla sua eleganza e alla sua cultura – e a nessun altro si può perdonare l’oltranza stilistica e la ridondanza tematica del suo ultimo libro, una continua invettiva al mondo intero, mascherata da autobiografia, finto sequel, piuttosto versione extra-large del suo volume precedente, “Vacche amiche”, edito come il nuovo da Marsilio. “L’altra mammella delle vacche amiche” (463 pagine, 18 euro) è il suo nuovo titolo, in cui tornano oltre alla copertina firmata dallo stesso artista (il nemmeno trentenne comisano Fabio Romano), più forti, gli accanimenti (contro quasi tutto) e certi concetti del testo più smilzo dell’anno prima – su tutti, il conflitto, anzi l’incompatibilità totale tra amore e letteratura. A differenza dello smilzo “Vacche amiche”, Busi decide di darsi totalmente, con generosità, in uno zibaldone solo apparentemente senza capo né coda.

Evitando di soffermarsi troppo su quello che è noto, cioè che anche quest’ultimo libro di Aldo Busi è una festa della lingua italiana e che è il tripudio di tutto ciò che non è omologato in letteratura (come nove romanzi su dieci della top ten di qualsiasi settimana), “L’altra mammella delle vacche amiche” e chi lo ha scritto vanno ringraziati per l’estremismo, poco di moda in questi tempi, perfino per i periodi arzigogolati e le infinite digressioni, per il punto di vista altro contro ogni oltre opinione scontata e addomesticata.

Riassumere il libro sarebbe da presuntuosi, oltre che un pessimo servigio al lettore, che deve attendersi pagine ardite e mai scontate. Basti sapere che tra le righe, fra sogni, realtà e ricordi irrazionali, Busi lotta contro un’Italietta gretta e meschina (dalla provincia bresciana alla società letteraria), paese scandagliato in lungo e largo, eticamente sopraffatto da affaristi e maneggioni, e soprattutto da ignoranza, superficialità e superfluità. La sua vita di uomo e quella di scrittore sono inscindibili, dato che emerge ancora una volta, prepotentemente, come il suo rapporto speciale con le donne (amate intellettualmente, ritratte anche spietatamente – le vacche amiche, una lombarda, una caraibica, una calabrese), lettrici e ammiratrici, e quello privilegiato con la contessa Miriam, con cui intrattiene un densissimo epistolario elettronico, attaccando qualsiasi meschinità lo circondi, spesso attraverso il comico, e quindi il tragico, mai con nostalgie, rimpianti o sensi di colpa.

 di Salvatore Lo Iacono

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