Perchè le donne guadagnano meno degli uomini
Società | 2 settembre 2023
Secondo gli ultimi dati Eurostat (2021), nell’economia europea complessivamente considerata le donne guadagnano mediamente il 12,7% in meno rispetto agli uomini. Un dato che, tuttavia, varia tra i paesi dell’Unione. La percentuale più alta si registra in Estonia (20,5%), Austria (18,8%) e Germania (17,6%), mentre il divario minore riguarda Slovenia (3,8%), Romania (3,6%) e Lussemburgo (-0,2%). L’Italia si colloca al quintultimo posto nello scenario europeo, con un valore del 5%.
Nell’indice che rileva il divario medio di genere del compenso sul lavoro vengono presi in considerazione la condizione contrattuale, l’ambito lavorativo, l’età e il titolo di studio. Non rientrano, all’interno di questo indice, altri aspetti come il livello di occupazione che potrebbero, invece, contribuire in parte a comprendere meglio le differenze tra il mondo del lavoro maschile e quello femminile. Come puntualizzato da Openpolis, tale indice è calcolato tenendo in considerazione le imprese con più di dieci impiegati e tutti i lavori ad eccezione del settore agricolo, della difesa e degli enti sovranazionali. Non sono compresi contratti di lavoro irregolari, apprendistati e prestazioni di economia informale.
Relativamente alla condizione contrattuale, se si considerano solo i contratti part-time, i paesi con il divario maggiore sono Spagna (22,7%), Croazia (21,6%) e Portogallo (15,9%). Quelli, invece, con una differenza minore sono Romania (0,9%), Bulgaria (-2,8%) e Italia (-3,8%). Guardando ai contratti full-time, la percentuale più alta si registra in Lettonia (17,7%), seguita da Ungheria (17,6%) e Slovacchia (16,4%). Divari minori sono in Romania (2,1%), Belgio (-0,4%) e Italia (-0,7%). Non passa inosservato che in entrambi i casi l’Italia presenta dei numeri negativi, indicando tale valore negativo come nel complesso dell’economia le donne guadagnano di più in termini di salario orario lordo rispetto agli uomini. Secondo Eurostat, questo tipo di valore spesso può essere spiegato dalla selezione delle persone considerate nello studio, soprattutto in paesi in cui il tasso di occupazione femminile è minore. Le donne che entrano nel mercato del lavoro possono avere infatti dei livelli di educazione diversi rispetto agli uomini.
Con riferimento all’ambito lavorativo, fatta eccezione di Spagna e Belgio, i settori finanziario e delle attività assicurative sono quelli in cui si registrano i divari maggiori, con valori che vanno dal 7% del Belgio al 37,5% della Repubblica Ceca.
Se il divario medio di genere del salario orario lordo vede l’Italia piazzarsi nello scenario europeo tra i paesi che presentano una minore disparità, una posizione che verosimilmente giova della modalità di costruzione del relativo indice, nella politica italiana lo squilibrio di genere caratterizza nettamente tutti i livelli. Le donne assessore nei comuni capoluogo sono infatti il 44,5%, le vicesindache il 35,8% e le sindache solo l’8,4%. Le donne che ricoprono il ruolo di consigliere semplice o di vicepresidente nei consigli comunali sono il 32,5% e quelle che li presiedono sono appena il 14%. La minore rappresentanza femminile nelle giunte si registra in tutti i capoluoghi siciliani, dal momento che la legge regionale in materia di nomina dei componenti delle giunte comunali prevede sì degli obblighi in materia di parità di genere, ma decisamente meno stringenti rispetto alla legge nazionale. In Sicilia, infatti, è sufficiente che entrambi i generi siano rappresentati, anche con un solo componente. Accade così che nella giunta del capoluogo etneo ci sia una sola donna su undici, ad Agrigento una su dieci, ad Enna una su nove, a Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani due su sette e a Palermo quattro su dodici.
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