Per Giuseppe Prestipino, convegno a Gioiosa Marea
Cultura | 15 maggio 2022
Insegnò filosofia al Liceo di Patti sino al 1968 e successivamente filosofia della storia e filosofia teoretica all’Università di Siena, fu presidente del Centro studi filosofici, direttore di Critica marxista. Iscritto al Partito comunista italiano dal 1943, fu sindaco di Capizzi, assessore al comune di Patti, deputato regionale dal 1959 al 1967, conobbe e combatté contro il sottosviluppo e la mafia della Sicilia. Durante la quinta legislatura dell’ARS (1963/1967) fu vicepresidente del gruppo comunista e collaboratore di Pio La Torre, segretario regionale del Pci, anch’egli deputato.
Com’era nella prassi dei partiti di massa di quell’epoca il deputato Prestipino sostenne le lotte sociali per la riforma agraria, per la tutela dei diritti del lavoro, per la riforma urbanistica, per la creazione dei servizi sociali e culturali riportandole in proposte di legge alcune delle quali sono firmate assieme a La Torre. Obiettivo del Pci, condiviso pienamente da Prestipino, era realizzare la via italiana al socialismo nel rispetto della Costituzione italiana, delle sue regole democratiche e dei principi di uguaglianza e libertà. Nella qualità di vicepresidente del gruppo fu incaricato di illustrare la mozione del Pci dopo la strage di Ciaculli del 1963 con la quale, approvata dall’Ars, fu avviata la famosa indagine del Prefetto Bevivino sul Sacco edilizio di Palermo che mise in evidenza i rapporti tra mafia e politica nel capoluogo e le trasformazioni della mafia che generarono la strage di Ciaculli mutuando le modalità criminali del terrorismo libanese. Gli anni ’50 e ‘60 furono quelli del boom economico che trasformò l’Italia da paese agricolo-industriale in industriale-agricolo favorendo grandi lotte sociali, la fuga dalle campagne dei soggetti più deboli verso le aree industriali e le città. Le lotte dei lavoratori, guidati dalla sinistra politica e sociale, ottennero l’intervento pubblico dello Stato per la tutela dei diritti della persona, per la creazione di servizi fruibili da tutti nella sanità, nella scuola, nel sistema pensionistico. Sono gli anni del Concilio Vaticano secondo, avviato da Papa Giovanni XXIII, che ha consentito di recuperare la dottrina sociale della Chiesa aprendo la Chiesa alla collaborazione sociale più ampia onde contrastare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
In Sicilia gli anni cinquanta furono quelli retti dai governi centristi della Democrazia Cristiana sostenuti dalla destra liberale e monarchica, dopo la strage di Portella delle Ginestre del 1947, fino alla loro crisi da cui nacque l’Unione cristiano-sociale e il Governo Milazzo appoggiato dal Pci e dalla destra estrema. Alla crisi del milazzismo seguirono i primi governi di centro-sinistra con il Psi ormai in rotta col Pci. Sono gli anni dell’attività parlamentare di Prestipino che ha modo di conoscere e contrastare il potere mafioso il quale sta consolidando la sua presenza e collusione con il sistema politico e istituzionale. Uomini vicini alla mafia frequentano le prefetture, sono rispettati dagli ambienti religiosi, vengono nominati dal governo alla testa di consorzi di bonifica e dello stesso Ente di Riforma agraria poi diventato ESA, ente di sviluppo agricolo, vengono eletti, ove è possibile, sindaco, consigliere comunale, deputato. Sono anche gli anni della guerra del Vietnam contrastata da un grande movimento per la pace in Italia e nel mondo.
Il legame tra mafia, sistema economico e contesto internazionale, osservato e contrastato in quegli anni, si ritrova in suoi scritti recenti pubblicati postumi da colleghi e amici dell’Università di Siena dove Giuseppe Prestipino concluse la sua carriera ma non quella di studioso di Marx, Gramsci, Lukacs, Della Volpe, Bloch.
Da uno di questi scritti postumi traggo la sua seguente valutazione: nell’economia globalizzata attuale, senza alcuna governance democratica, cresce il potere delle nuove mafie transnazionali come potere parallelo a quello della politica e dello Stato con i quali può allearsi, sostituirsi o entrare in conflitto. Soltanto la crescita della democrazia e della partecipazione solidale dei cittadini potranno debellare le mafie e l’egoismo individualista che le genera e le alimenta.
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