Pennisi: lotta ai boss in nome dei martiri
«La memoria del martirio di don Puglisi come quella di altri sacerdoti uccisi dalla mafia nel primo ventennio del secolo scorso (don Filippo Forti ucciso a San Cataldo nel 1910, don Giorgio Gennaro ucciso nel 1916 a Ciaculli, don Costantino Stella parroco di Resuttana ucciso nel 1919, don Stefano Caronia arciprete di Gibellina ucciso nel 1920 e don Gaetano Millunzi di Monreale ucciso il 13 settembre 1920), è impegnativa per la Chiesa siciliana e per la Chiesa tutta».
Lo afferma Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale. «Il loro martirio - aggiunge - non va disgiunto e isolato da quello di numerosi altri uomini rappresentanti delle istituzioni tra cui magistrati, appartenenti alle forze dell'ordine, giornalisti, persone comune che sono state definiti martiri per la giustizia da Pio la Torre a Rocco Chinnici, da Carlo Alberto Dalla Chiesa a Boris Giuliano, da Piersanti Mattarella a Mario Francese, da Cesare Terranova a Pietro Scaglione, da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, da Placido Rizzotto a Peppino Impastato».
«È compito della Chiesa sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, - osserva - anche i cristiani, possono rischiare con il silenzio e l'indifferenza di alimentare l'humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento dell'attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo, capace di creare una cultura antimafia fondata sulla consapevolezza che il bene comune è frutto dell'apporto responsabile di tutti e di ciascuno». Per Pennisi «la lotta alla mafia passa, anche se non si esaurisce, attraverso un rinnovato impegno educativo e pastorale che porti ad un cambiamento della mentalità e dei comportamenti concreti, ad una profonda conversione personale e comunitaria per una prevenzione dei reati collegati col fenomeno mafioso impegnandosi per la diffusione di una cultura della legalità».
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