Passo indietro nella lotta alla mafia e al racket

Società | 29 giugno 2021
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“Un passo indietro di decenni nella lotta alla mafia e al contrasto al racket”. Così viene definita dal Centro studi Pio La Torre la proposta di riforma del processo penale elaborata dalla commissione Lattanzi in una lettera inviata alla ministra della giustizia, Marta Cartabia, ai presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, ai capigruppo di Camera e Senato, ai componenti della commissione giustizia delle due Camere e a quelli della commissione Antimafia. “Al di là delle considerazioni tecnico - giuridiche sulla illegittimità costituzionale – si legge nella missiva firmata dal presidente del centro, Vito Lo Monaco – impedire la partecipazione attiva al processo ad associazioni antimafia e antiracket che, grazie alla loro attività hanno stimolato la denuncia accompagnando le vittime nel lungo e travagliato percorso post denuncia, dando origine allo stesso processo, appare privo di logica e mortifica il ruolo fondamentale svolto dalle associazioni”.  


La proposta di modifica è contenuta nell’articolo 1bis, sulla definizione di vittima di reato e sulla legittimazione alla costituzione di parte civile. In questo articolo si parla anche di escludere le associazioni dalla possibilità di costituirsi parte civile nei processi penali. Con una ricaduta anche simbolica nei Comuni a rischio infiltrazioni mafiose, come sottolinea il centro Pio La Torre: “La costituzione di parte civile dell'ente locale è un segnale forte e preciso di estraneità e avversione di tutta la collettività nei confronti del fenomeno mafioso”.


“Con la riforma – conclude la lettera del Pio La Torre – si limita il ruolo di queste importanti realtà a quello di mero spettatore del processo privo di poteri, facendo venire meno la tutela degli interessi delle vittime di reato accompagnate nel difficile percorso di denuncia. Per questo ne chiediamo la revisione, per non indebolire la lotta contro la criminalità organizzata. Ci appelliamo a tutte le associazioni antimafia e antiracket perché questa richiesta venga condivisa e diffusa il più possibile”. 




 Ecco il testo integrale della lettera inviata dal Centro Pio La Torre



Alla Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati 

Al Presidente della Camera Roberto Fico 

Alla Ministra della giustizia Marta Cartabia 

Ai componenti della Commissione giustizia di Camera e Senato 

Ai componenti della Commissione Antimafia 

Ai capigruppo di Camera e Senato 

Spett.li componenti della Commissione Antimafia,

 vi facciamo notare che nel progetto di riforma del processo penale elaborato dalla commissione Lattanzi è prevista, tra l’altro, una radicale limitazione alla possibilità per enti ed associazioni lesi dal reato, nonché ai soggetti persone fisiche dallo stesso danneggiati, di partecipare attivamente al processo penale. Invero, la proposta di riforma esclude la possibilità di costituzione di parte civile agli Enti e alle associazioni titolari di un diritto leso dal reato, limitando tale partecipazione al cd intervento ex art. 91 c.p.p. cioè ponendoli, sostanzialmente, in una condizione di meri spettatori privi di qualsiasi potere processuale proprio delle parti del processo. Al di là delle considerazioni tecnico-giuridiche sulla illegittimità costituzionale e razionalità della proposta riforma, è di palmare evidenza come tale esclusione costituisca un passo indietro di decenni nella lotta alla mafia e al fenomeno del racket. Infatti, impedire la partecipazione attiva al processo ad Associazioni antimafia ed antiracket che, grazie alla loro attività, spesso hanno dato origine al processo stesso stimolando la denunzia e accompagnando le vittime nel lungo e travagliato percorso post-denunzia, appare privo di logica e mortifica il fondamentale ruolo dalle stesse svolto. Inoltre, impedire ai Comuni - nel cui territorio risiedono le associazioni mafiose e si commettono i reati fine propri delle stesse, annulla l’altissimo valore simbolico che ha la costituzione di parte civile dell’Ente locale come segnale forte e preciso di estraneità e avversione del soggetto che rappresenta tutta la collettività al fenomeno mafioso. E ciò, a fortiori, come l’esperienza insegna, in presenza di numerosi casi di infiltrazioni mafiose in amministrazioni pubbliche. Con la riforma, in sostanza, si limita il ruolo di queste importanti realtà a quello di mero spettatore del processo privo di poteri senza dare alle stesse e ai propri legali la possibilità di tutelare effettivamente, all’interno del processo, gli interessi delle vittime di reato che hanno accompagnato nel percorso di denunzia. E ciò fa più scalpore quando si pensi, come ci insegna l’esperienza giudiziaria degli ultimi decenni, come tale ruolo di tutela endoprocessuale è stato spesso determinante per le vittime. Certi della Vostra sensibilità politica antimafia, vi chiediamo di cogliere le nostre osservazioni per non indebolire la lotta antimafia.

 

 di Antonella Lombardi

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