Palermo ricorda Nicolò Azoti, una strada in suo nome

Società | 27 gennaio 2020
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“Oggi si conclude una fase e se ne apre un'altra.  Chiediamo al Comune di Palermo di continuare con le intitolazioni di strade nei quartieri affinché tutti i 69 dirigenti sindacali trucidati nelle province siciliane possano avere un luogo della memoria a Palermo. Palermo, con le strade dedicate ai protagonisti del movimento sindacale uccisi, continua a essere un punto  fermo nel  contrasto alla mafia”.
     Lo ha dichiarato  il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo oggi alla cerimonia conclusiva delle “Vie dei diritti”, durante l'intitolazione dell'ex via dell'Ermellino a Nicolò Azoti, segretario della Camera del Lavoro di Baucina, ucciso il 21 dicembre 1946, cinque mesi prima della strage di Portella della Ginestra. Alla cerimonia erano presenti, oltre al segretario Cgil Enzo Campo,   il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il sindaco di Baucina Fortunato Basile e la figlia del sindacalista, Antonella Azoti.   
        Il segretario Cgil ha ricordato tutti i nomi dei sindacalisti ai quali sono state intitolate in poco più di un anno 19 strade a Palermo.  La prima intitolazione delle  “Vie dei diritti”, manifestazione portata avanti dalla Cgil Palermo assieme al Comune di Palermo, risale al 5 dicembre 2018, quando Largo del Camoscio è stato intestato a Giuseppe Puntarello, segretario della Camera del Lavoro di Villabate, ucciso il 4 dicembre del '47. Strada dopo strada, ricorrenza dopo ricorrenza, è stata trasformata la toponomastica del quartiere di Bonagia.   
      “Oggi il ciclo delle vie dei diritti si conclude nel ricordo di Nicolò Azoti,  dirigente sindacale che nella sua Baucina organizzava i lavoratori che lottavano perché si applicassero le leggi per le terre incolte o malcoltivate, che dovevano essere affidate ai braccianti poveri – ha detto Enzo Campo – Fu trucidato come tanti altri dirigenti sindacali, braccianti e contadini  che ora in questo quartiere vengono ricordati come partigiani della libertà e costruttori della nostra Costituzione. La memoria del   movimento contadino, dei tanti che hanno  lottato per la  giustizia, la  dignità, la  libertà, per la terra, è  fondamentale per l'appartenenza a una comunità. Quando si intitolano strade  e piazze e si celebrano il ricordo e la memoria, non si guarda solo al passato di migliaia di uomini e donne che hanno combattuto per il lavoro e i diritti ma si parla alla condizione  presente:  ora come allora il tema fondamentale era ed è il lavoro, la possibilità delle persone di emanciparsi e di vivere dignitosamente con il proprio lavoro”.
     La Cgil, per dare seguito alle “Vie dei diritti”,  sta portando alle stampe anche un “Calendario della Memoria”, da distribuire anche in versione e-book alle scuole. E aprirà una Camera del lavoro nel quartiere. 
  “I sindacalisti  sono stati essi stessi la prima Carta costituzionale  perché diedero ai contadini coscienza dei loro diritti, ancora prima che la Costituzione fosse sancita – ha detto Antonella Azoti, che aveva 4 anni quando il padre venne ucciso – Per tanti anni questi morti sono stati confinati  nell'oblio,  sono rimasti solo nel ricordo dei loro familiari, un ricordo coltivato quasi di nascosto, tra le pareti domestiche. Ma questa non è memoria,  è solo sofferenza, il lutto ha  bisogno di essere condiviso, serve un percorso di ricucitura delle ferite per il suo superamento. Noi  questo non l'abbiamo avuto. Per me la condivisione è arrivata sotto l'albero Flacone, dopo la strage. E per  nessuno dei sindacalisti uccisi c'è stata giustizia. La  memoria storica per questo diventa per noi l'unica forma di giustizia”. “Dopo la strada, tassello prezioso per la memoria – ha aggiunto Antonella Azoti – adesso è importante far conoscere al quartiere la storia di questi nuovi inquilini, i loro progetti di cambiamento, il contesto nel quale furono uccisi.  La memoria in questo modo  diventa attiva ed efficace, e gli incontri con le associazioni, le scuole, i  circoli si trasformano in occasione utile per parlare di lavoro e delle necessità degli abitanti. E  così  i sindacalisti uccisi potranno continuare ad avere un ruolo nella nostra realtà”.



Ecco le 19 vie dei diritti di Palermo


Giuseppe Puntarello

Largo del Camoscio via Giuseppe Puntarello

1) Il 5 dicembre 2018 è stata intitolata la prima strada a Giuseppe Puntarello, segretario della Camera del Lavoro di Villabate. Giuseppe Puntarello fu ucciso a 53 anni il 4 dicembre '47 da un commando mafioso. Fu un esempio d’impegno e di coraggio nella difesa del locale movimento contadino, soprattutto per l’attuazione del decreto Gullo sulla divisione a favore dei contadini delle terre incolte dei feudi degli agrari. Intanto continuava a svolgere le mansioni di autista di autobus: da diversi anni ormai conduceva l'autobus lungo la linea Ventimiglia-Palermo. L'impegno a fianco dei contadini causò, come per tanti altri sindacalisti siciliani in quegli anni, una opposizione tenace da parte dei latifondisti e dei loro gabelloti mafiosi. I killer lo raggiunsero mentre stava salendo alla guida dell'autobus della ditta di Ventimiglia per cui lavorava come autista.


Felicia Impastato

Via del Bassotto via Felicia Impastato

2) Il 7 dicembre 2018 è stata intitolata la via del Bassotto a Felicia Impastato, madre-coraggio di Peppino Impastato, donna che lottò tutta la vita per fare arrestare i responsabili della morte del figlio. La mattina del 9 maggio 1978 viene trovato sulle rotaie il corpo di Peppino dilaniato dal tritolo. Felicia, dopo giorni di smarrimento, decide di costituirsi parte civile. Una decisione che nelle sue intenzioni doveva servire anche per proteggere Giovanni, il figlio che le era rimasto, impegnato assieme alla moglie, anche lei di nome Felicia, a chiedere giustizia per il fratello. Felicia Bartolotta fa la sua scelta radicale, rompe con i parenti del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla giustizia, di non stare dalla parte dei compagni di Peppino, con i soci del Centro siciliano di documentazione di Palermo, successivamente intitolato a Peppino, e di non parlare con i giornalisti.  Al contrario, da quel momento lei apre a tutti la casa per raccontare la storia del figlio. Partecipa a dibattiti, rilascia intervista in televisione, in cui parla della figura e dell'impegno sociale di Peppino, quel figlio "ribelle" che dai microfoni di Radio Aut prendeva in giro il capomafia Gaetano Badalamenti, la cui abitazione distava appena "cento passi" dalla sua.Dopo la sua morte, avvenuta il 7 dicembre 2004, la sua abitazione, a Cinisi, è divenuta “Casa memoria Felicia e Peppino Impastato”.


Pietro Macchiarella

Largo del Daino Largo Pietro Macchiarella

3) Il 15 gennaio è stata intitolata Largo del Daino a Pietro Macchiarella, dirigente sindacale, iscritto al Partito comunista e impegnato nelle lotte dei braccianti agricoli per il rispetto del salario e dell'orario di lavoro. Venne ucciso a Ficarazzi la sera del 16 gennaio 1947, dalla mafia dei giardini, lungo il vialetto d'accesso al fondo Macchiarella, tra Ficarazzi e Villabate. Il sindacalista fu raggiunto da due colpi di lupara alla schiena, mentre stava per aprire il cancello. La voce popolare e i giornali indicarono come mandante dell’omicidio il noto mafioso Francesco Paolo Niosi. Secondo il rapporto dei carabinieri, Niosi aveva più volte manifestato la sua invidia verso Pietro Macchiarella perché ambiva a far pascolare le sue vacche nel fondo di 46 tumuli di Macchiarella e aveva cercato più volte di scalzarlo. Si fece riferimento anche a fatti privati. A conclusione dell’inchiesta, Niosi fu assolto per insufficienza di prove. Negli anni '49-'50 i carabinieri ripresero a indagare su alcuni fatti di sangue avvenuti nei territori dei comuni di Ficarazzi, Misilmeri e Villabate. Ma anche a conclusione di un secondo processo celebrato per l'omicidio Macchiarella, tutti gli imputati furono prosciolti.


Damiano Lo Greco

Via del Segugio via Damiano Lo Greco

4) Il 18 gennaio è stata intitolata la via del Segugio a Damiano Lo Greco, 39 anni, bracciante agricolo di Piana degli Albanesi, militante della Cgil, padre di tre figli, ucciso il 18 gennaio 1951 durante una carica dei carabinieri nel corso di una manifestazione per la pace a Piana degli Albanesi, contro l'intervento bellico in Corea. C'era stata in quei giorni la visita del generale Eisenhower in Italia e c'era il rischio di coinvolgere anche il nostro Paese nella guerra. La gente era preoccupata e scendeva in piazza per protestare. A un certo punto viene aperto il fuoco contro la folla. E un colpo di moschetto raggiunge alle spalle Damiano Lo Greco, Viene ferito gravemente. Portato in ospedale, muore qualche ora dopo nel pomeriggio. La sera del 18 gennaio, Piana è posta in stato d’assedio, vengono arrestati 26 manifestanti, fra cui dieci donne. Da lì partono i depistaggi per non fare emergere la verità. Il procedimento viene archiviato dai magistrati. Vengono negate le esequie, per motivi di ordine pubblico. I suoi funerali si sono svolti dopo 64 anni, il 28 febbraio del 2015, celebrati da don Ciotti. Adesso è sepolto accanto ai martiri di Portella.


Vincenzo Nunzio Sansone

Via della Lontra via Vincenzo Nunzio Sansone


5) Il 13 febbraio 2019 è stata intitolata via della Lontra a Vincenzo Nunzio Sansone, segretario della Camera del Lavoro di Villabate, ucciso il 12 febbraio del 1947. Sindacalista dei poveri, organizzava il lavoro dei contadini in campagna ed era punto di riferimento del popolo. Insegnante di lettere, voleva riscattare le masse operaie e contadine dalla loro miseria. Aveva provato a fondare una delle prime cooperative agricole. La Camera del Lavoro di Villabate presto diventò il luogo di riferimento dove la gente poteva trovare una risposta ai propri bisogni, chiese gli aiuti del Piano Marshall, viveri, vestiario e soldi per i familiari dei morti in guerra. Quando arrivarono i vagoni carichi di beni, la mafia che comandava in paese si impossessò della roba. Sansone fu minacciato e allontanato. Vincenzo Sansone aveva un solo completo, che indossava in estate e in inverno. Quando si consumò, coprì lo strappo con uno scialle. E andava in giro cosi, con lo scialle della nonna.


Maria Vallone via Maria Vallone nuova intitolazione


6) Il 2 marzo 2019 è stata intitolata nel quartiere di Bonagia una via a Maria Vallone, proprio di fronte alla strada già intestata al marito, il sindacalista di Prizzi Giuseppe Rumore, assassinato il 22 settembre 1919. Donna coraggio, rimasta vedova a 28 anni con una figlia di 4 anni, Maria Vallone, attivista socialista, denunciò gli assassini e accusò gli inquirenti di non aver indagato adeguatamente sul delitto. Rumore fu assassinato dalla feroce mafia del feudo una sera, mentre stava aprendo la porta di casa. Come al solito, era stato “scortato” fino a casa da un gruppo di compagni che temevano per la sua incolumità. Rimasto solo, i killer gli spararono due colpi di fucile. La moglie Maria Vallone aprì il portoncino e il corpo del marito le cadde addosso insanguinato. Morì dopo pochi istanti, lasciando la moglie e la figlioletta Caterina. Maria Vallone, reagì energicamente alla morte del marito, denunciò gli assassini, tenne comizi a Prizzi, parlò nelle leghe socialiste, protestò con gli inquirenti, accusati di non indagare adeguatamente. E malgrado l'altro grande lutto che la colpì nel 1920, la perdita della piccola Caterina, portò avanti la sua attività di agitatrice socialista. Fino alla sua morte, avvenuta il 25 febbraio del 1985, Maria Vallone ha continuato a rilasciare interviste per tenere alto il ricordo e l'impegno del marito.


Placido Rizzotto

Via del Levriere via Placido Rizzotto


7) Il 10 marzo 2019 è stata intitolata la via del Levriere a Placido Rizzotto. Segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Aveva 34 anni quando fu rapito a Corleone la sera del 10 marzo 1948 e ucciso dalla mafia per il suo impegno a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre. Fu un dirigente di punta del movimento sindacale. Il dirigente sindacale fu sequestrato mentre tornava a casa con alcuni compagni di partito, cacciato a forza sulla 1100 di Liggio e portato in contrada “Malvello”, dove venne pestato a sangue e assassinato. Per farlo scomparire per sempre, il suo corpo venne buttato in una “ciacca” di Rocca Busambra. Sulla sua scomparsa indagò Carlo Alberto Dalla Chiesa. I suoi resti sono stati trovati in una foiba di Rocca Busambra nel 2009. I funerali di Stato si sono tenuti nel 2012.


Salvatore Carnevale

Via dell'Airone Via Salvatore Carnevale

8) Il 16 maggio 2019, per il 64° anniversario dell'omicidio del sindacalista di Sciara, è stata intitolata la via Dell'Airone a Salvatore Carnevale. Carnevale fu assassinato dalla mafia il 16 maggio del 1955, a Sciara. Il suo corpo fu ritrovato riverso in una trazzera crivellato da una scarica di colpi di lupara, con il volto completamente sfigurato. Carnevale aveva 32 anni, era uscito di casa all'alba e stava andando a piedi nella cava di pietra dove lavorava, della Lambertini. Socialista, sindacalista, da dieci anni guidava la lotta dei lavoratori del suo paese per il riscatto.

Era nato a Galati Mamertino, in provincia di Messina. A Sciara si era trasferito da bambino con la madre Francesca Serio. Carnevale era aveva dato fastidio ai proprietari terrieri per il suo impegno sindacale e politico. Nel 1951, con un gruppo di contadini, aveva fondato la sezione del Partito socialista di Sciara e aveva organizzato la Camera del lavoro, battendosi per l’applicazione della riforma agraria e la divisione dei prodotti della terra. Carnevale organizzò l’occupazione simbolica del feudo della principessa Notarbartolo, ma fu arrestato insieme a tre suoi compagni. Scarcerato dopo dieci giorni, rinviato a giudizio, dovette aspettare l’estate del 1954 per essere assolto.


Francesca Serio

Via del Cigno Via Francesca Serio

9) Il 16 maggio 2019 è stata intitolata la via del Cigno a Francesca Serio, figura femminile di prestigio del movimento sindacale. Mamma di Salvatore Carnevale, denunciò gli assassini del figlio e non smise mai di chiedere verità e giustizia per la sua morte. Madre e figlio hanno dato così il nome a due strade vicine del quartiere di Bonagia, a Palermo. Quando il figlio viene eletto segretario del Partito socialista, la madre si schiera con lui e partecipa all'occupazione delle terre. E quando Carnevale sarà ucciso a Sciara, dopo essersi scontrato con i mafiosi del feudo della principessa Notarbartolo, qualche ora dopo l'omicidio, Francesca Serio sul luogo del delitto, abbraccia il figlio e punta il dito sui responsabili della sua morte. Dopo il delitto, non smette mai di denunciare i mafiosi di Sciara e la complicità delle forze dell'ordine e della magistratura. E' morta il 18 luglio 1992.


Giuseppe Casarrubea Via del Volpino via Giuseppe Casarrubea

Vincenzo Lo Iacono Via dello Spinone via Vincenzo Lo Iacono

10) 11) Il 30 giugno 2019 è stata intitolata la via del Volpino a Giusepe Casarrubea e Vincenzo Lo Jacono, dirigenti sindacale della Cgil di Partinico, morti nella strage di Partinico, avvenuta il 22 giugno del 1947, ad opera di esponenti della banda Giuliano. In quello stesso giorno ci furono gli assalti alle Camere del lavoro di Borgetto, Carini, Cinisi, Monreale, San Giuseppe Jato, ad opera della banda Giuliano. A Partinico accadde il fatto più grave: i due dirigenti sindacali furono colpiti a morte durante l'assalto alla Camera del lavoro del paese. Casarrubea morì sul colpo. Lo Jacono, ferito gravemente con trenta colpi di arma da fuoco, morì dopo sei giorni, in ospedale. Erano seduta davanti alla porta della Camera del Lavoro che era anche la sede del Pci. Le camionette dei banditi passarono lanciando bombe a mano e sparando colpi di mitra. Nella strage furono inoltre feriti Leonardo Addamo e Salvatore Patti. La strage di Partinico costituisce una 'coda' della strage di Portella della Ginestra. Sul luogo della strage venne trovato un volantino firmato dal bandito Giuliano, che invitava i siciliani a lottare «contro la canea dei rossi».


Girolamo Scaccia Via della Capinera via Girolamo Scaccia

Giovanni Castiglione Largo dei Fagiani via Giovanni Castiglione

12) 13) Il 22 ottobre 2019 sono state intitolate due strade a Girolamo Scaccia e a Giovanni Castiglione, contadini, uccisi nella strage di Alia del 22 settembre 1946. La via della Capinera a Girolamo Scaccia, bracciante agricolo di Alia e a Giovanni Castiglione, di Comitini, vice segretario della lega dei contadini, è stato intitolato Largo dei Fagiani. Il 22 settembre del 1946 era in corso una riunione di contadini nella casa a piano terra del segretario della Camera del Lavoro di Alia, Giuseppe Maggio, per discutere sulla possibilità di occupare i feudi Rigiura e Vaccotto, nelle mani dei gabelloti mafiosi, e assegnarli alle cooperative di contadini, in attuazione dei decreti “Gullo”. All'improvviso, ignoti lanciarono una bomba a mano all’interno della casa. Scaccia e Castiglione morirono sul colpo. Gioacchino Gioiello, di 19 anni, e Filippo Ditta, di 29 anni, furono feriti gravemente, mentre altre cinque persone rimasero ferite lievemente. La strage di Alia fu anticipatrice di quella che si sarebbe consumata il 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra.


Giuseppe Maniaci

via dell'Allodola via Giuseppe Maniaci

14) Il 22 ottobre 2019 è stata intitolata la via dell'Allodola a Giuseppe Maniaci, segretario della Confederazione Federterra di Terrasini e dirigente del partito comunista. Venne ucciso a colpi di mitra davanti alla sua casa, in contrada Paternella, a Terrasini, il 25 ottobre del 1947. Aveva 38 anni. Maniaci era contadino, era sposato e aveva un figlioletto di due anni. Il sindacato e le forze di sinistra denunciarono l’ennesimo delitto politico contro un loro esponente. Ma gli investigatori si orientarono subito verso un'altra direzione, la vendetta privata. I carabinieri scrissero che Maniaci aveva rubato delle olive in un fondo coltivato ad uliveto di proprietà di un certo Emanuele Badalamenti di Cinisi, che era stato venduto al noto pregiudicato latitante Procopio Di Maggio. I tre mafiosi sospettati fortemente del delitto non furono neanche denunciati. La Sezione Istruttoria della Corte di Appello di Palermo, per l’omicidio procedette contro “ignoti”. E il 7 aprile 1948 dichiarò di «non doversi procedere perché ignoti gli autori del reato». Un altro delitto impunito.





Andrea Raia

Via della Martora via Andrea Raia

Il 26 ottobre 2019 è stata intitolata la via della Martora ad Andrea Raia. Quello di Raia è stato il primo delitto di mafia avvenuto nel secondo dopoguerra in Sicilia. Andrea Raia, segretario della Camera del Lavoro di Casteldaccia, era membro del Comitato di controllo dei “Granai del popolo” e gli venne affidato l’incarico di distribuire ai poveri tutte le provviste alimentari che arrivavano: farina, pasta, zucchero. La sua azione entrò in contrasto con quella dell'amministrazione comunale. E' stato ufficialmente riconosciuto che la sua fine fu decretata per la sua incessante opposizione alle speculazioni che avvenivano nei granai del popolo. Venne ucciso la sera del 5 agosto 1944, davanti alla sua abitazione. I fratelli Tomasello furono denunciati come presunti autori del delitto Raia, ma assolti per insufficienza di prove al processo. Nessuno pagò per la sua morte. 



Filippo Intili

Via Folaga via Filippo Intili


16) Il 29 ottobre 2019 è stata intitolata la via Folaga a Filippo Intili, segretario della Camera del Lavoro di Caccamo, assassinato dai killer di don Peppino Panzeca il 7 agosto 1952. Fu tagliato in due con l'accetta. Era a capo delle proteste dei lavoratori per l'applicazione della riforma agraria. Da persona semplice e da appassionato militante comunista, ebbe il coraggio di battersi contro le ingiustizie e la prepotenza della mafia che non permetteva l’applicazione della riforma agraria. Le testimonianze di chi lo ha conosciuto lo descrivono come una persona leale e sempre attenta ai bisogni della popolazione. Il suo corpo martoriato rimase a terra per circa 24 ore fino all'arrivo dei carabinieri per poi essere portato al cimitero comunale e interrato. Dopo l’omicidio, i mafiosi sparsero la voce secondo la quale Intili era stato ucciso perché aveva rubato delle pere. Per l’omicidio vennero arrestati due uomini che al processo vennero assolti. La moglie e i tre figli, alla sua morte, per sopravvivere, dovettero vendere la terra e gli animali. E quando la moglie morì, i figli si trasferirono a Pisa. Per 62 lunghi anni a Caccamo non si è mai più parlato di Filippo Intili. Solo nel 2014 Vera Pegna, consigliere comunale del Pci negli anni 60, scrisse un libro che ne ricordò la figura. Nel 2015, su iniziativa della Cgil e in collaborazione con l’amministrazione comunale di Caccamo, il corpo di Filippo Intili è stato spostato e seppellito in una tomba messa a disposizione dal Comune.



Agostino D'Alessandria

via Cinciallegra via Agostino d'Alessandria


17) Il 29 ottobre è stata intitolata la via Cinciallegra ad Agostino d'Alessandria. Segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi, soprastante per l'irrigazione dell'acqua, Agostino D'Alessandria si batteva contro la mafia dei pozzi d’acqua che vessava i piccoli contadini e teneva in schiavitù gli operai agricoli raccoglitori d’agrumi. La sua azione di denuncia era entrata in contrasto con il potere mafioso, che dominava sul territorio e che non voleva perdere il dominio nell'irrigazione degli agrumeti. D'Alessandria chiedeva il rispetto delle regole e cercava di far valere anche il diritto dei piccoli proprietari dei giardini. Questo dava fastidio, i grandi proprietari volevano che l'accesso all'acqua per loro fosse libero, e per questo venne ucciso il 10 settembre 1945, punito per aver difeso i più deboli.


Giovanni, Giuseppe, Vincenzo Santangelo

Largo del Fringuello Largo fratelli Santangelo

18) Il 31 ottobre 2019 Largo del Fringuello è stato intitolato a Giovanni, Giuseppe e Vincenzo Santangelo, tre fratelli di Belmonte Mezzagno, contadini. Facevano parte di una cooperativa per l'assegnazione di un feudo. Vennero uccisi il 31 ottobre 1946 nelle campagne del territorio di Misilmeri. Giovanni Santangelo era il maggiore dei tre fratelli. Quando fu assassinato aveva 41 anni. Vincenzo Santangelo, il secondo, aveva 34 anni. E il più piccolo, Giuseppe Santangelo, aveva 25 anni. La banda, dopo essersi accertati che si trattava dei fratelli Santangelo, fece allontanare i due figli di Giovanni, Andrea, di 13 anni, e Salvatore, di 15 anni, sparò sui tre fratelli, che si accasciarono al suolo, fra le urla dei due ragazzi, testimoni della terrificante scena. Le indagini andarono a rilento, il triplice delitto rimase impunito. Con questo triplice omicidio, a scopo intimidatorio, compiuto da 13 banditi, su mandato degli agrari e della mafia del feudo, continua la violenza mirata a distruggere il movimento contadino e a porre fine alle rivendicazioni dei lavoratori per la concessione delle terre incolte. I fratelli Santangelo, contadini poveri che lottavano a mani nude per l'affermazione dei diritti, fanno parte anche loro della lunga strage dei sindacalisti assassinati tra le due guerre che la Cgil ha ricordato nel suo percorso della memoria.


Nicolò Azoti

19) Il 27 gennaio è stata intitolata una strada a Nicolò Azoti. La storia di Nicolò Azoti, ucciso a Baucina cinque mesi prima della strage di Portella, con cinque colpi di pistola sparati da killer rimasti sconosciuti, è rimasta a lungo nell'oblio. La figlia Antonella, che allora aveva 4 anni, a 18 anni scopre leggendo il libro di Michele Pantaleone “Mafia e politica” che il nome del padre è nell’elenco dei sindacalisti uccisi. Dopo la strage Falcone, davanti alla gente in lacrime sotto l’albero di via Notarbartolo, Antonella Azoti trova la forza di prendere il microfono e gridare: “La mafia non uccide solo adesso, ha ucciso anche mio padre, Nicolò Azoti, il 21 dicembre 1946, e prima e dopo di lui ha assassinato tanti altri sindacalisti, che lottavano insieme ai contadini per la libertà e la democrazia in Sicilia”. Ha ricostruito la storia di suo padre nel libro Ad alta voce, il riscatto della memoria in terra di mafia (Terre di mezzo editore), che ha vinto un premio dell'archivio diaristico nazionale di Pieve di Santo Stefano.

Azoti organizzava i braccianti nullatenenti di Baucina. Protagonista nel dopoguerra delle battaglie del sindacato, fondò la sede della Camera del Lavoro nel suo paese e l'ufficio di collocamento, si batté per la riforma agraria, e si scontrò con diversi imprenditori agricoli e con i gabelloti della zona. Più volte fu minacciato perché le sue iniziative furono viste come una dichiarazione di guerra: la legge prevedeva che parte dei terreni incolti o mal coltivati fossero assegnati proprio alle cooperative. Cercarono di fermarlo. Ma lui preferì andare avanti nelle sue battaglie. Dopo l'omicidio, la magistratura e i carabinieri individuarono il gabelloto che aveva ordinato l'omicidio. Ma il mandante riuscì a dimostrare la sua estraneità ai fatti consegnando un falso alibi e l'inchiesta fu archiviata in fase istruttoria. Come finirono archiviati gli omicidi dei 39 sindacalisti uccisi dal 1946 al ‘48 in Sicilia.



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