Palermo ricorda l’omicidio di Piersanti Mattarella
Politica | 6 gennaio 2016
Il presidente del Senato Piero Grasso, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il presidente della Regione Rosario Crocetta, il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone hanno ricordato Piersanti Mattarella, nel giorno del 36mo anniversario del suo omicidio per mano mafiosa. Un minuto di silenzio è stato osservato nel ricordo dell'allora presidente della Regione e corone di fiori sono state deposte nel luogo dell'eccidio in via Libertà. Presenti autorità civili e militari, tra cui il Questore Guido Longo, il nuovo Prefetto di Palermo Antonella De Miro. Assente alla cerimonia il capo dello Stato Sergio Mattarella. Era il 6 gennaio 1980 quando Piersanti Mattarella fu crivellato a morte dal suo assassino mentre a bordo della sua auto si stava recando a messa con la famiglia.
Trentasei anni dopo l'assassinio di Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato, i sicari non hanno ancora un volto. Per l'omicidio dell'allora presidente della Regione siciliana, ucciso davanti casa in via Libertà, in pieno centro a Palermo il giorno dell'Epifania del 1980, sono stati condannati come mandanti i boss mafiosi della cupola tra cui Totò Riina e Michele Greco. Ma su chi abbia premuto il grilletto contro il leader politico che stava provando a rinnovare la classe dirigente della Dc, il suo partito, rimane il mistero. Nelle carte del processo emerse un chiaro tentativo di depistaggio, vicenda che il presidente del Senato Piero Grasso ha richiamato proprio nel giorno della commemorazione di Piersanti, alla presenza di diverse autorità istituzionali, civili e militari ma con la città completamente assente, mentre il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, dopo aver partecipato alla messa, s'è recato nella tomba del fratello, nel cimitero di Castellammare del Golfo (Tp). «C'è stato un depistaggio, è scritto nelle carte processuali e ci sono punti oscuri», dice Grasso. Che da ex magistrato, sottolinea: «Ho cercato per tanti anni la verità, non dispero che un giorno verrà fuori». La verità sull'omicidio renderebbe il merito a un uomo che «rimane un simbolo ancora attuale, voleva il rinnovamento della Sicilia: qualcosa in questi anni è stato fatto anche se con lentezza e con il sacrificio di tanti uomini e donne». Ma per realizzare il sogno di Piersanti, aggiunge Grasso, «occorre una mobilitazione generale per portare il Paese fuori dalle beghe della corruzione e del malaffare». Non fa sconti a quello che fu anche il suo partito il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, all'epoca consigliere giuridico di Piersanti Mattarella. «A me toccò il compito, come ad altri suoi collaboratori, di indicare ai magistrati quello che pensavo fosse il movente dell'omicidio - ricorda - di richiamare le responsabilità politiche della corrente andreottiana della Dc, di Vito Ciancimino e della famiglia Salvo di Salemi. Quel 6 gennaio del 1980 ha determinato la mia scelta di vita di dedicarmi alla città e alla sua liberazione dalla mafia». Proprio nell'anniversario di quel tragico giorno spunta il fotofit di un presunto sicario nel luogo dell'agguato in cui quella mattina si trovava anche il medico Giovanni Mercadante che 35 anni dopo è stato condannato definitivamente a 10 anni e 8 mesi per mafia. Alcuni testimoni non sarebbero mai stati interrogati dagli investigatori: tra questi anche Mercadante. Per il delitto sono stati assolti i neofascisti Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, accusati di essere i killer. L'avvocato di parte civile della famiglia Mattarella, Francesco Crescimanno, dice: «Questo caso non può restare irrisolto si potrebbe tornare a indagare sui depistaggi per comprendere il coacervo di interessi fra mafia e ambienti della destra eversiva che probabilmente maturarono attorno alla morte di Piersanti Mattarella». Che per la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha lasciato «un patrimonio di valori che tutti noi italiani abbiamo il dovere di custodire e di mettere quotidianamente in campo, ciascuno per i propri ambiti di competenza e di responsabilità». Il senatore del Pd, Beppe Lumia dice che «nonostante siano passati tanti anni non bisogna rinunciare alla ricerca della verità: penso che la Commissione antimafia debba aprire un'inchiesta».
di Alida Federico
Trentasei anni dopo l'assassinio di Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato, i sicari non hanno ancora un volto. Per l'omicidio dell'allora presidente della Regione siciliana, ucciso davanti casa in via Libertà, in pieno centro a Palermo il giorno dell'Epifania del 1980, sono stati condannati come mandanti i boss mafiosi della cupola tra cui Totò Riina e Michele Greco. Ma su chi abbia premuto il grilletto contro il leader politico che stava provando a rinnovare la classe dirigente della Dc, il suo partito, rimane il mistero. Nelle carte del processo emerse un chiaro tentativo di depistaggio, vicenda che il presidente del Senato Piero Grasso ha richiamato proprio nel giorno della commemorazione di Piersanti, alla presenza di diverse autorità istituzionali, civili e militari ma con la città completamente assente, mentre il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, dopo aver partecipato alla messa, s'è recato nella tomba del fratello, nel cimitero di Castellammare del Golfo (Tp). «C'è stato un depistaggio, è scritto nelle carte processuali e ci sono punti oscuri», dice Grasso. Che da ex magistrato, sottolinea: «Ho cercato per tanti anni la verità, non dispero che un giorno verrà fuori». La verità sull'omicidio renderebbe il merito a un uomo che «rimane un simbolo ancora attuale, voleva il rinnovamento della Sicilia: qualcosa in questi anni è stato fatto anche se con lentezza e con il sacrificio di tanti uomini e donne». Ma per realizzare il sogno di Piersanti, aggiunge Grasso, «occorre una mobilitazione generale per portare il Paese fuori dalle beghe della corruzione e del malaffare». Non fa sconti a quello che fu anche il suo partito il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, all'epoca consigliere giuridico di Piersanti Mattarella. «A me toccò il compito, come ad altri suoi collaboratori, di indicare ai magistrati quello che pensavo fosse il movente dell'omicidio - ricorda - di richiamare le responsabilità politiche della corrente andreottiana della Dc, di Vito Ciancimino e della famiglia Salvo di Salemi. Quel 6 gennaio del 1980 ha determinato la mia scelta di vita di dedicarmi alla città e alla sua liberazione dalla mafia». Proprio nell'anniversario di quel tragico giorno spunta il fotofit di un presunto sicario nel luogo dell'agguato in cui quella mattina si trovava anche il medico Giovanni Mercadante che 35 anni dopo è stato condannato definitivamente a 10 anni e 8 mesi per mafia. Alcuni testimoni non sarebbero mai stati interrogati dagli investigatori: tra questi anche Mercadante. Per il delitto sono stati assolti i neofascisti Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, accusati di essere i killer. L'avvocato di parte civile della famiglia Mattarella, Francesco Crescimanno, dice: «Questo caso non può restare irrisolto si potrebbe tornare a indagare sui depistaggi per comprendere il coacervo di interessi fra mafia e ambienti della destra eversiva che probabilmente maturarono attorno alla morte di Piersanti Mattarella». Che per la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha lasciato «un patrimonio di valori che tutti noi italiani abbiamo il dovere di custodire e di mettere quotidianamente in campo, ciascuno per i propri ambiti di competenza e di responsabilità». Il senatore del Pd, Beppe Lumia dice che «nonostante siano passati tanti anni non bisogna rinunciare alla ricerca della verità: penso che la Commissione antimafia debba aprire un'inchiesta».
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