Palermo, il Centro internazionale di fotografia avrà il nome di Letizia Battaglia

Cultura | 14 aprile 2022
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«Il viale principale dei Cantieri Culturali sarà intitolato a Letizia Battaglia, così come il Centro Internazionale di fotografia all’interno dei Cantieri Culturali». Lo ha deciso il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Inoltre poco distante il viale le sarà dedicato un murale vicino a quello realizzato per ricordare Fabrizio De André. «Lasceremo - ha aggiunto il sindaco - anche un muro bianco affinché chiunque voglia scrivere un pensiero, apporre la propria firma o dedicare un ricordo ad una donna che ha saputo andare ‘oltrè, che era ‘oltrè i luoghi comuni e i perbenismi ipocriti». In mattinata era stato il Centro Pio La Torre a lanciare la proposta che il Centro di Fotografia portasse il nome della fotografa che lo ha fondato.
“Tra le sue numerose attività, Letizia Battaglia è stata l'anima e il fulcro portante del Centro Internazionale di Fotografia di Palermo. Ha ospitato mostre fotografiche e proiezioni video di importanti artisti nazionali ed internazionali che hanno arricchito la città. Crediamo che sia doveroso intitolare il Centro a Letizia creando anche una struttura collegiale che abbia il compito di tenere alta la produzione artistica della prestigiosa struttura che i Cantieri culturali ospitano anche in suo nome”, aveva detto il presidente Vito lo Monaco nella proposta avanzata dal Centro studi a cui Letizia Battaglia negli anni ha donato decine di immagini per arricchire l'archivio fotografico frequentato  quotidianamente da migliaia di ricercatori e studenti da tutto il mondo. “Il Comune potrebbe così onorare la memoria di una grande donna – spiega Lo Monaco - e potenziare la struttura voluta da Letizia non solo per ospitare mostre e dibattiti ma anche per animare la cultura della città attraverso laboratori e seminari dedicati ai più giovani”.
Letizia era sempre fuggita da Palermo perché la faceva sentire prigioniera di una condizione che la soffocava e non percepiva come sua. Ma poi a Palermo è sempre ritornata, prigioniera di un amore tormentato, finito solo ora che Letizia Battaglia si è spenta a 87 anni. Se n’è andata pochi giorni prima che la sua storia irrequieta, interpretata da Isabella Ragonese e raccontata in una fiction di Roberto Andò, venisse trasmessa dalla Rai. Letizia Battaglia ha lottato fino all’ultimo contro la malattia e le sofferenze fisiche. Non si era mai fermata tanto che la settimana scorsa aveva partecipato a Orvieto a un workshop di fotografia. E preparava altri viaggi anche all’estero per rispondere ai tanti inviti che ancora riceveva da ogni parte del mondo.

Il suo rapporto con la fotografia era cominciato tardi, nel 1971. Da poco era approdata a Milano, prima tappa di una carriera che ha toccato anche Parigi prima di virare ancora verso la Sicilia. Letizia Battaglia collaborava con qualche testata, ma doveva illustrare i suoi racconti con le immagini. Pier Paolo Pasolini fu il soggetto del suo primo scatto. Era una sfida che affrontò con caparbietà ma anche con grande intuito professionale. La svolta della sua vita arrivò nel 1974. Rispose all’invito del direttore del giornale L’Ora, Vittorio Nisticò, e presto diventò una testimone della grande cronaca di Palermo e della Sicilia.

Per contratto dovette riprendere i morti ammazzati, le mogli delle vittime e le sorelle disperate, le stragi. Le foto di Letizia Battaglia erano icone drammatiche e simboliche delle vicende di mafia. Ma lo erano anche quelle che riprendevano i boss imputati nel maxiprocesso, Giovanni Falcone che raccoglieva le rivelazioni di Tommaso Buscetta, la figura di Giulio Andreotti accusato di avere avuto rapporti con Cosa nostra. Lo scatto più drammatico e più evocativo è quello che riprende Sergio Mattarella mentre cerca di soccorrere il fratello Piersanti abbattuto dai sicari della mafia. L’archivio di Letizia Battaglia è diventato così una immensa galleria di personaggi ma anche un giacimento di memoria e di quella che Andò ha chiamato la «liturgia struggente» dell’Apocalisse palermitana.

Non mancava in quel lavoro un forte impegno civile ma anche un senso di disgusto che portava Letizia Battaglia a cambiare spesso soggetti e a occuparsi soprattutto di donne e di bambine. Celebre, sullo sfondo delle miserie del quartiere della Kalsa, la foto della bambina con il pallone che riuscirà a ritrovare e ad abbracciare dopo 40 anni. Fotografie esposte in tutto il mondo e che le sono valse anche prestigiosi riconoscimenti internazionali come il premio Eugene Smith.

Letizia Battaglia ha fatto la fotoreporter, raccontava, «con onore e disciplina». Non mancava mai gli appuntamenti con le grandi storie. Ma c’è stato un periodo in cui anche lei si è lasciata tentare dalla politica. Con i verdi fu eletta deputato regionale e poi nominata anche assessore al decoro urbano in una delle giunte di Leoluca Orlando con il quale è rimasto un legame così forte da resistere alle scosse di polemiche volanti.
Quando sembrava giunto il momento di lasciare a casa la macchina fotografica, Letizia Battaglia ha trovato altri stimoli per continuare il suo lavoro. Stavolta come testimone di una storia che nei suoi racconti parte quando, giovanissima, diventò mamma e per lei cominciò la grande avventura della vita.


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