Oltre 150 milioni di bambini vittime di sfruttamento lavorativo
Sono
152 milioni i minori tra i 5 e i 17 anni, 1 su 10 al mondo, vittime di
sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà – 73
milioni – costretti a svolgere lavori pesanti e pericolosi, che ne mettono a grave
rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di
vista psicologico. Se vivessero tutti in un unico Paese, costituirebbero il
nono Stato più popoloso al mondo, più del doppio dell’Italia,
più grande anche della Russia. “Sessantaquattro milioni di bambine e 88 milioni
di bambini- sottolinea Save the Children-che si vedono sottrarre l’infanzia
alla quale hanno diritto, allontanati dalla scuola e dallo studio, privati
della protezione di cui hanno bisogno e dell’opportunità di
costruirsi il futuro che sognano. In più di 7 su 10 vengono impiegati in
agricoltura, mentre il restante 29% lavora nel settore dei servizi (17%) o nell’industria,
miniere comprese (12%)”.
Nel
nostro Paese- secondo quanto si evince nel Global Childhood report 2019
“Changing Lives in our lifetime” - solo negli ultimi due anni, sono stati
accertati più di 480 casi di illeciti riguardanti l’occupazione
irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri, di cui più di
210 nei servizi di alloggio e ristorazione, 70 nel commercio all’ingrosso
o al dettaglio, più di 60 in attività manifatturiere e oltre 40 in
agricoltura. Un numero, tuttavia, sottostimato a causa della mancanza di una
rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno. Basti
pensare che secondo l’ultima indagine sul lavoro minorile in
Italia, diffusa da Save the Children e dall’Associazione Bruno Trentin nel
2013, i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel fenomeno erano stimati in
260.000, più di 1 su 20 tra i bambini e gli adolescenti della loro età.
“Ancora
troppi bambini nel mondo- ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di
Save the Children- anziché andare a scuola e vivere a pieno la
loro infanzia, oggi sono costretti a lavorare in condizioni difficilissime,
sottoposti a sforzi fisici inappropriati per la loro età,
a orari massacranti anche di 12-14 ore al giorno e a gravissimi rischi per la
loro salute, sia fisica che mentale”. Nonostante i progressi significativi
compiuti negli ultimi 20 anni, il mondo è ancora lontano dal raggiungere l’obiettivo
di sradicare ogni forma di lavoro minorile entro il 2025, come previsto negli
Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, e in base al trend
attuale, in quella data, vi saranno ancora 121 milioni di minori vittime di
sfruttamento lavorativo. Del totale dei minori vittime di sfruttamento
lavorativo oggi presenti al mondo - sottolinea Save the Children - 79 milioni
hanno tra i 12 e i 17 anni di età, mentre 73 milioni sono molto
piccoli, tra i 5 e gli 11 anni, e quindi ancor più vulnerabili ed esposti al
rischio di conseguenze sul loro sviluppo psico-fisico. Quasi la metà del
totale (72 milioni) si trova in Africa, con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad
che fanno registrare le percentuali più alte di bambini tra i 5 e i 17 anni
coinvolti nel lavoro minorile. In questi Paesi, infatti, lavora più di 1
bambino su 2; quasi 1 su 3 (29%) se si considera l’area
dell’Africa subsahariana dove, rispetto al passato, la lotta al
lavoro minorile non soltanto non ha fatto registrare alcun miglioramento ma, al
contrario, ha visto un incremento del fenomeno. In Asia centrale ed Europa
orientale i progressi maggiori, con l’Uzbekistan che ha tagliato il tasso di
lavoro minorile del 92% e l’Albania (dove oggi è vittima di lavoro
minorile il 5% dei minori) del 79%. Restando in Asia, anche Cambogia e Vietnam
si segnalano per aver ridotto nettamente, rispetto a 20 anni fa, il numero di
minori coinvolti nel fenomeno, rispettivamente con una riduzione del 78 e del
67 percento. Nel Sud America e nei Caraibi, infine, dove attualmente più di 1 bambino su
10 è coinvolto nel lavoro minorile, notevoli progressi sono stati compiuti in
particolare dal Brasile che ha ridotto dell’80%
rispetto al 2000 il tasso di lavoro minorile relativo alla fascia di età 5-14
anni, sebbene nel Paese oggi vi siano ancora 1 milione di minori costretti a
lavorare. Decisi passi in avanti compiuti anche in Messico, dove il tasso (per
la fascia di età 5-14 anni) si è ridotto dell’80%
rispetto a vent’anni fa, passando dal 24% al 5%, con oltre 3 milioni di
bambini tuttavia ancora intrappolati nella piaga del lavoro minorile.
Negli ultimi vent’anni per contrastare il fenomeno tuttavia sono stati fatti dei passi avanti: nel 2000, infatti, il lavoro minorile coinvolgeva 246 milioni di bambine e bambini, 94 milioni in più rispetto alla situazione attuale. Progressi che hanno riguardato in particolar modo i minori tra i 12 e i 17 anni, con un tasso calato del 42% rispetto al 2000, mentre si è ridotto il numero di minori tra i 5 e gli 11 anni (passati da 110 milioni nel 2000 ai 73 milioni di oggi).
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