Olimpiadi a Tokyo nel segno delle emozioni, la forza della volontà
Nel segno delle emozioni, è questo il sunto di quanto si è vissuto finora per le XXXII Olimpiadi.
In questi giorni a Tokyo si sono viste tante lacrime, gli atleti di qualsiasi nazionalità, infatti, hanno dato libero sfogo alla tensione pre e post esibizione.
Fortemente penalizzati dalla pandemia hanno attraversato periodi di scoramento tra rinvii, cancellazioni, timore di contagio, infortuni.
A pochi giorni dall’inizio, una nuova ondata di contagi ha impaurito il popolo giapponese che sperava in un annullamento delle manifestazioni sportive. La macchina organizzativa era già in pieno fermento, le gare sono cominciate ma senza pubblico e gli atleti hanno dovuto convivere con l’ennesima contrarietà: l’assenza dei fan e degli accompagnatori. Ma l’attesa di questo avvincente evento e la voglia di cimentarsi in una prova che potrebbe essere irripetibile hanno avuto il sopravvento sulla mancanza di tifo.
In cuor loro sapevano che gli appassionati di tutto il mondo, incuranti del fuso orario, sarebbero stati attaccati ad uno schermo o ad una radio per seguire le performance dei propri beniamini, o semplicemente per ritornare a sperare in una temporanea normalità.
E in tanti abbiamo seguito i Giochi e continuiamo a farlo, in diretta o in differita, che comunque è sempre bello vedere e rivedere questi epiloghi di lunghi giorni di fatica e allenamenti, ed è ovvio sperare in un titolo olimpico che ci renda orgogliosi di questa Nazionale. Se poi la medaglia non arriva rimane la felicità di sapere che tanti ragazze e ragazze dedicano la loro giovinezza e i loro sacrifici allo Sport, che per tanti è l’occasione per un sano stile di vita e per altri un aiuto a non intraprendere strade pericolose, lontane dalla legalità.
Quando la medaglia arriva, allora provi una gioia enorme, e vorresti abbracciarli e ringraziarli per queste emozioni, poi vedi i loro occhi velati di lacrime, senti le loro urla di esultanza ed è un tutt’uno, atleti e fan, accomunati da un tripudio incontenibile che ci rende fieri e ci fa dimenticare le tristi notizie di questo ultimo anno e mezzo, le immagini di morti, le statistiche giornaliere sugli incrementi dei casi di contagio o sul numero dei ricoveri in terapia intensiva. Per qualche giorno, ci riappropriamo di normalità che profuma di speranze, di propositi e di nuovi impegni, di progetti e di rivincite. E anche se si arriva ultimi poco importa, ci sono stati, ci siamo stati, si riproverà.
Ma delle altre volte si assiste ad epiloghi imprevedibili di atleti che non completano la gara, per infortunio fisico o blackout mentale, come è stato per la ginnasta americana Simone Biles, la super favorita in questi Giochi. E lì il dramma umano stordisce e ci si immedesima in questa sconfitta e ti trovi ad immaginare quante ore infarcite di fatica e di sudore frantumate da una caduta o da uno scivolone e si vede la disperazione per una occasione persa, che chissà se si ripresenterà. Nulla è scontato nello Sport, soprattutto a certi livelli. Ci sono ancora altri giorni per sperare e comunque per gioire, mentre intanto ci godiamo il ricordo di queste memorabili vittorie, di queste medaglie, sognando di rivivere queste ed altre emozioni, come quella provata alla notizia che la velocista bielorussa Krystsina Tsimanouskaya ha ottenuto il visto e l’asilo politico dalla Polonia. Nei giorni scorsi l’atleta aveva fatto parlare di sé perché aveva denunciato il rischio del rimpatrio forzato ad opera delle autorità del suo Paese che voleva punirla per avere espresso delle critiche nel confronti del premier Lukashenko. Adesso Krystsina avrà la possibilità di continuare la sua carriera sportiva. Doppia medaglia d’oro per questo caso, all’atleta e al suo coraggio e alla Polonia per questo bellissimo gesto.
Teresa Monaca
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