Nutrirsi d'idee, la svolta democratica di Nicola Zingaretti

Politica | 17 marzo 2019
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In molti hanno salutato l’elezione di Zingaretti come testimonianza di esistenza in vita del Partito Democratico, sperando in un ritorno alla normalità nazionale, dopo tanto peregrinare tra scoscesi dirupi di caccia al negro e di svolte epocali a cinque stelle. Tanto da guardarsi intorno e sostenere la validità di Luca.

In pochi conoscono il nome di battesimo del meno famoso fratello del commissario Montalbano, cioè Nicola e, forse soltanto i romani sanno del suo trascorso tra i giovani comunisti e la sua successiva carriera all’ombra di Veltroni. Non che Nicola mangiasse bambini in gioventù, si accontentava di sgranocchiare qualche coscia di pollo e di badare con rigore giansenista alla famiglia, alle figlie, alla moglie e di attuare politiche di salvaguardia sociale, laddove, alla regione Lazio, i voti degli elettori lo avevano innalzato.

Ancora una volta, nella volatilità, che fa rima con volubilità, del globalismo si affacciano le preferenze dei cittadini, difficili da leggere per le statue di sale della nomenklatura, il capo ingessato a guardare indietro, pur tuttavia strumentalizzate da rottamatori improvvisati. Alla semplicità della espressione di voto con la quale il popolo di sinistra ha voluto Zingaretti, legata al gradimento del fare, al servizio della collettività, si è unita la richiesta di agire in nome e per conto della giustizia sociale, dell’uguaglianza, dei giovani bistrattati, per la modernizzazione del Paese, avviandone un rilancio su scala europea, modificandone il modello.

Con Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio, allora i romani hanno anche votato alle politiche il Movimento 5 stelle, indirizzando un messaggio univoco: rigore, onestà e competenza nell’amministrare la cosa pubblica.

Ora, alle elezioni di maggio, ad annusare l’aria, sbagliato seguire le demoscopiche!, vi saranno sonore bocciature, alle quali il redivivo Partito Democratico non deve badare, puntando a elaborare idee.

Anche qui, confezionare programmi, affidandosi a qualche guru, o scopiazzare dall’America ricette sociali, inapplicabili in Italia, servirebbe soltanto a disorientare gli elettori.

Guardare ai bisogni delle persone con semplicità, costruendo momento dopo momento, proposta dietro proposta, aprendo intorno a ciascuna un ampio dibattito sociale, potrebbe essere la formula della rifondazione, non soltanto del Partito Democratico, bensì del ritorno al primato della politica, partendo dall’esito delle elezioni europee di maggio prossimo.

In una democrazia rappresentativa il valore dei mediatori sociali, associazioni, sindacati, fondazioni, volontariato, assemblee di fedeli delle varie religioni, operanti in Italia, svolge una funzione nevralgica di raccolta dei bisogni e di successivo indirizzo alle istanze istituzionali. Attivando il meccanismo, messo in soffitta, da almeno un decennio da scriteriate politiche liberiste, sdoganerebbe energie sopite, per prime quelli dei giovani, da anni, ormai, in fuga costante dall’Italia.

E allora?

Con 140 caratteri, ora portati a 280, non si costruisce il futuro dell’Italia e dell’Europa. Attraverso un paziente confronto, di cui il dibattito è l’essenza, si comincia a muovere la mente degli uomini e delle donne, da rimettere al centro dell’azione politica come perno della società. Per carità, volendo prevenire osservazioni legittime, se di rifondazione è opportuno parlare per il partito Democratico, non si può glissare sui sindacati, anch’essi necessitano di una salutare scossa, da distinguere dal maquillage, spesso scambiato come rinnovamento, immettendo donne a iosa e giovani imberbi nelle postazioni di comando.

Non è l’età, anche questo un totem modernista, ad accompagnare la crescita e il rilancio delle organizzazioni di massa, bensì l’elaborazione, dalla quale dipende la qualità dell’azione.

Nel furore del cambiamento a tutti i costi, anche l’elezione di Maurizio Landini è stata accolta come la panacea di tutti i mali, così non è. Pur nella convinzione della individuale bravura del nuovo segretario generale della Cgil, si converrà sulla necessità delle riforme sociali, prima tra tutte quella del sistema di protezione, nel quale andrebbe ricompresa l’assistenza sanitaria.

Per non cadere nell’errore più su indicato, l’articolo non può affrontare i capitoli d’intervento, solo sforzarsi d contribuire a indicare una tra le tante strade con le quali iniziare daccapo un percorso di ricerca e di caratterizzazione dei temi sociali in Italia per contribuire a mutare il volto dell’Europa.

Nella consapevolezza del ruolo essenziale dei sindacati nel censimento dei bisogni e nella successiva formulazione delle istanze di base, bisognerà prevedere due elementi di garanzia, un sistema di rappresentanza efficiente, in grado di essere collegato con i lavoratori, con i pensionati, con i giovani, con gli studenti, con le casalinghe, con la vasta platea di cittadini, estranei al mondo dei sindacati e, in seconda battuta, il canone ufficiale della rappresentatività, all’interno del quale prevedere, di volta in volta, argomento per argomento, la certificazione della quota dei cittadini partecipanti.

Nel primo caso, solo delle reti sociali assortite e plurali, formate da sindacati, associazioni, chiese di diverso orientamento, sono in grado di assolvere alla funzione di reperimento delle istanze, intese come proposte e necessità, esercitabili attraverso gli stati generali delle componenti e ceti sociali.

Mentre, la seconda istanza necessiterebbe di strumenti di consultazione onnicomprensivi sia mediali che manuali.

In sostanza, sulle spalle del partito Democratico andrebbe promosso un meccanismo di consenso popolare autentico, alternativo a quello artificioso, attualmente in atto, capace di accogliere le prime istanze di espressione civica, come premessa alla successiva espressione di voto.

Non servirà, seguendo il processo appena descritto, in questo sta la forza intrinseca del progetto, spiegare ai cittadini la strumentalità di idee, quali annegare i migranti in mare o nascondere la recessione economica, in una nazione incapace di produrre ricchezza da anni, dovuta a un sistema iniquo di tassazione dei lavoratori e delle imprese , e, pur tuttavia, ferma al palo di una bassa produttività e di una mancata ed efficiente riforma della pubblica amministrazione, avviando la quale su proposta di Cgil – Cisl – Uil, si muoverebbe dal basso, artefici i lavoratori del pubblico impiego, l’inizio di un processo virtuoso in grado di contagiare l’Europa.

 di Angelo Mattone

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