Numero chiuso a Medicina, medici di base …in estinzione ed odissee sanitarie dei cittadini

Società | 12 dicembre 2021
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2 dicembre. Tragedia sulla Palermo-Messina. Una trentasettenne di Mistretta partorisce in autostrada mentre prova a raggiungere l’ospedale di Patti. Il neonato, prematuro alla ventiduesima settimana, muore. Su consiglio del suo medico la donna, alle prese con i dolori del travaglio, si era messa in auto per raggiungere il nosocomio. Dopo il parto così traumatico, sull’asfalto, la signora è stata soccorsa dagli operatori del presidio antincendio in servizio sull’autostrada e poi dalle ambulanze del 118. Ma il neonato è giunto privo di vita nel più vicino ospedale, Sant’Agata di Militello. Così prematuro, si sarebbe potuto salvare forse solo se collocato immediatamente nell’incubatrice dopo la nascita. Il punto nascite di Sant’Agata di Militello è stato chiuso due anni fa. Quello dell’ospedale di Mistretta ben prima.

Ancora primi di dicembre. Cerami, comune di duemila abitanti in provincia di Enna. Un impiegato comunale cinquantasettenne viene colto da un serio episodio infartuale in Municipio. A salvarlo i colleghi di lavoro che sollecitano l’intervento dell’elisoccorso. In paese esiste la guardia medica notturna e festiva ma i due medici di base sono entrambi di Troina, a dodici chilometri, e lavorano dividendosi secondo le rispettive mezze giornate assegnate in entrambi i comuni. Può succedere, come quella mattinata, che il paese sia scoperto e che si verifichi una emergenza.

3 dicembre. Il sistema sanitario nazionale sconta già la carenza di medici, molti altri andranno in pensione nei prossimi mesi, ma l'accesso alle facoltà di Medicina resterà a numero chiuso. Lo annuncia in un intervento a Sassari la ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica Maria Cristina Messa: "Per il momento escludo l'eliminazione del numero chiuso per l'accesso alle Facoltà di Medicina. Lo scorso anno abbiamo avuto 70 mila aspiranti per 14 mila posti disponibili. Ospedali e atenei non sono in grado di assorbire 70 mila aspiranti, anche perché dobbiamo fare in modo che la qualità della formazione resti alta. È vero che la pandemia ha fatto emergere una mancanza di medici, ma si tratta di una carenza della presenza di medici sul territorio, non della presenza complessiva".

La ministra ha aggiunto che il sistema sanitario italiano resta tra i primi in Europa. Tuttavia con un vulnus rilevantissimo come la stessa professoressa Messa è costretta ad ammettere: "Se noi guardiamo il numero di medici per abitante l'Italia è fra le prime in Europa. Manca però la distribuzione corretta di questi medici e quindi è un incrocio che Università, territori, Regioni e Comuni devono fare".

E queste sono le conclusioni della ministro Messa: "Il numero programmato degli studenti di Medicina è aumentato nel corso degli anni, siamo arrivati a più di 14 mila partendo da circa 10 mila. Adesso abbiamo sbloccato l'imbuto che c'era tra la laurea in medicina e la scuola di specializzazione e ora arrivano 19 mila borse di studio. Bisogna poi fare in modo che i medici restino nel nostro Paese, cercando di dare loro una valorizzazione per quello che hanno studiato". 

6 dicembre. A Cesarò, in provincia di Messina, proteste della popolazione senza guardia medica né pediatra per carenza di medici. Scoperto anche l’ancor più piccolo comune di San Teodoro, contiguo a Cesarò, ad appena due chilometri.

7 dicembre. Proteste a Montalbano Elicona, ancora in provincia di Messina. Da oltre un mese i 2.200 abitanti, in gran parte anziani, non hanno medico di base dopo che l’ultimo è andato in pensione a fine ottobre.

8 dicembre. Berlino. Karl Lauterbach, neoministro della Salute, socialdemocratico, medico epidemiologo, giura assieme agli altri componenti del nuovo governo Scholz. Il parlamentare e medico aveva già dichiarato che la Germania “rafforzerà il proprio servizio assistenziale, senza riduzione di personale”. “Voglio più medici” ha tagliato corto senza tanti giri di parole.

10 dicembre. A Modica, nel Ragusano, proteste e lamentele per l’impressionante sottodimensionamento del Pronto Soccorso nel locale ospedale. Per mancanza di personale medico i pazienti restano in barella anche due giorni prima di essere destinati ai reparti nei casi più gravi o dimessi nei casi più lievi.

Abbiamo spigolato queste notizie da “Gazzetta del Sud”, “La Repubblica”, “TGR Sicilia-Rai”, “TG2-Rai”, “Il Fatto Quotidiano”. Dall’Alto Adige a Lampedusa la stampa locale è piena ormai da diversi anni a questa parte di notizie simili. Carenza di medici. Sia ospedalieri, sia specialisti, sia in particolare di base, quelli che fino a non molto tempo fa si definivano medici di famiglia.

Anche la ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa è medico ed accademica, professoressa ordinaria di diagnostica per immagini e radioterapia nell’Università di Milano-Bicocca, di cui è stata rettrice dal 2013 al 2019. Ma c’è da chiedersi: in che nazione vive la ministro Messa? Ha contezza, lei e tutti coloro che sono paladini del numero chiuso a Medicina, del disagio degli italiani, specie dei milioni e milioni che a partire dalle Alpi e poi giù dagli Appennini fino ad arrivare ai Peloritani, ai Nebrodi e alle Madonie vivono nei borghi e nei piccoli centri montani lontani dai presidi ospedalieri, in diversi giorni dell’anno solitamente anche isolati causa neve, frane, maltempo?

Si rende conto la ministro dell’Università e della Ricerca che il sistema sanitario nazionale – numeri alla mano – non regge più in termini di medicina del territorio con un’età media dei medici elevatissima, con i pensionamenti, con la mancanza di ricambio soprattutto nel fondamentale ambito dei medici di base, dei medici di famiglia?

Nelle Facoltà di Medicina il numero chiuso è stato introdotto con decreto nel 1987. A seguito di numerosi ricorsi nel 1999 il decreto è stato rafforzato trasformandolo in legge, dichiarata peraltro legittima dalla Corte Costituzionale nel 2013. Risultato: il sistema sanitario italiano sta implodendo non tanto e non solo per la pandemia ma soprattutto per il progressivo assottigliarsi di personale medico, in particolare medici del territorio, medici di base. Bastava fare qualche elementare calcolo statistico, di proiezioni anagrafiche, e anche un bambino avrebbe capito che nel giro di una ventina di anni – tagli qui, non copri lì, non assicuri il ricambio là – sarebbe andata a finire in questo catastrofico modo. Con un dato di fatto inoppugnabile: centinaia e centinaia di comuni – specie i più piccoli, quelli dove la tanto decantata “qualità della vita” si scontra con crescenti difficoltà e limitazioni e quando sei buttato sulla lettiga d’una ambulanza per raggiungere un lontano ospedale hai tutto il tempo di realizzare che sei ad un passo dalla morte – sono adesso sempre più privi di medici di base. Ovvero del primo fronte assistenziale sanitario. Ovvero del minimo sindacale quanto a difesa della salute. Insomma, rimane da ricorrere ad una sola definizione: cittadini di serie B certificati.

Il PNRR (Missione 6, Componente 1) “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” prende atto di “significative disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, in particolare in termini di prevenzione e assistenza sul territorio” e di “un’inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali”. E si pone gli obiettivi di “Potenziare il Servizio Sanitario Nazionale, allineando i servizi ai bisogni delle comunità e dei pazienti, anche alla luce delle criticità emerse durante l’emergenza pandemica. Rafforzare le strutture e i servizi sanitari di prossimità e i servizi domiciliari. Sviluppare la telemedicina e superare la frammentazione e la mancanza di omogeneità dei servi sanitari offerti sul territorio. Sviluppare soluzioni di telemedicina avanzate a sostegno dell’assistenza domiciliare”. Destina 2 miliardi di euro all’Investimento 1.1 “Case della Comunità e presa in carico della persona”, 1 miliardo all’Investimento 1.3 “Rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture (Ospedali di Comunità)” e ben 4 miliardi all’Investimento 1.2 “Casa come primo luogo di cura e telemedicina”.

C’è però da chiedersi: con quali braccia, con quali cervelli, con quali professionalità mediche si potrà fare fronte a questo imponente quanto ambizioso sforzo organizzativo e realizzativo? Dove sono e quanti sono i medici per attuarlo – sia quelli di famiglia che negli ospedali – per venire a visitarti a casa, per interloquire con pazienti anziani con il ricorso alla telemedicina, che facciano partorire in sicurezza una donna non in auto o ai bordi della strada, che assistano con la massima rapidità possibile, nel giro di minuti che fanno la differenza tra la vita e la morte, una persona colpita da infarto o da ictus? Abbiamo bisogno di assistenza medica vera. Non di tabelle di tagli e di bilanci delle Asp. Non ci interessano. Esistono decine di altri settori del bilancio dello Stato e delle Regioni meno vitali, meno sensibili. Sui quali contenere le spese ed effettuare tagli e riduzioni di personale. Non in questo.

A nostro personalissimo quanto modesto avviso la ministro Messa dopo le sue dichiarazioni a Sassari dovrebbe essere destituita e tornare ad insegnare nella sua università. Per essere sostituita da qualcuno che finalmente in Italia la pensi come il suo collega ministro e medico tedesco: “Occorrono più medici”. E, sempre a nostro modesto e personalissimo avviso, tutti coloro che trenta o venti anni fa hanno imposto il numero chiuso a Medicina dovrebbero essere mandati a processo per il disastro nella programmazione sanitaria che hanno innescato con una approssimazione statistica e per la difesa di privilegi targati “baronato universitario” e “ordini dei medici” che fa inorridire. Ma riconosciamo di essere eccessivamente giacobini. Ci accontenteremmo di una veloce presa di coscienza e di consapevolezza di come stanno le cose. Ovvero di una cancellazione del numero chiuso – è l’Università che per sua natura “fa” selezione ed autoselezione – e, in attesa di destinare al servizio i nuovi medici laureati e specializzati che si formeranno con numeri ben più consistenti degli attuali, procedere con alcune misure immediate. A cominciare da una profonda revisione della medicina di base nel territorio, con rimodulazioni numeriche ed immissione in servizio anche di medici reclutati all’estero. Esattamente come si è proceduto anni fa nel Regno Unito quando ci si è resi conto delle crepe nel sistema sanitario britannico ed andava irrobustito il numero dei medici in servizio negli ospedali e nel territorio. In tanti professionisti, sia con esperienza che neolaureati, sono partiti alla volta dell’Oltremanica anche dalla Sicilia. Ora, grazie ai geniali fautori del numero chiuso, probabilmente tocca alla sanità italiana reclutare medici stranieri, comunitari e non comunitari, dall’Occidente e dal Terzo Mondo. In attesa che la improcrastinabile cancellazione del numero chiuso – con buona pace della ministro Messa e di tutti coloro che la pensano come lei – ci faccia ritornare a livelli di assistenza medica nei numeri da paese civile. E che non si registrino più casi di neonati che nascono e muoiono sull’autostrada per cancellazione di punti nascita negli ospedali e casi di intere comunità locali di anziani e fragili privi di assistenza sanitaria essenziale. Ossia casi di cittadine e paesi sempre più svuotati di tutto, dai servizi ai negozi al ciabattino o al falegname. Ora svuotati anche di medici di prossimità, di medici di famiglia o di base che dir si voglia.

 di Pino Scorciapino

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