Non solo Covid, le altre necessità della rete sanitaria in Sicilia

Società | 14 ottobre 2020
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Nel supplemento Salute del Corriere della Sera di giovedi 8 ottobre, tra gli altri, era contenuto un articolo sull’ictus, sulla sua diffusione, sulle possibilità di prevenzione e soprattutto sul trattamento nella fase acuta e nella fase successiva della riabilitazione.

Nell’articolo, dopo la notizia della sua diffusione stimata per l’Italia in circa 150.000 casi all’anno, si metteva l’accento, oltre che sui problemi molto complessi della riabilitazione e sulla connessa carenza di adeguate strutture specialmente nel sud, soprattutto sui problemi della fase acuta, riducibili non solo con un tempestivo intervento medico ma anche e soprattutto con utilizzo delle Unità Neurovascolari (Stroke Unit).

Allora come lettore siciliano, consapevole dei pericoli che possiamo correre, mi viene da chiedere nell’interesse di tutti:

  • Quante Unità Neurovascolari (stroke unit) ci sono in Sicilia?

  • Sono ben distribuite nelle diverse province dato che una condizione di efficacia è l’intervento tempestivo?

  • I posti- letto sono in numero adeguato?

  • Sono previsti appositi centri di riabilitazione per la fase successiva a quella acuta e ,se ci sono, sono molti o pochi?

Le domande possono apparire inappropriate data la crescita attuale dei casi di coronavirus ma considerata la frequenza dei casi di ictus e soprattutto la consistenza del danno per colui che viene colpito e per la sua famiglia la preoccupazione appare giustificata tanto più che sono molti quelli che dicono che dobbiamo convivere col covid.

Per rendersi conto di cosa stiamo parlando si consideri che tutti quelli che escono dall’ospedale dopo il trattamento medico devono ricorrere alla riabilitazione per diverse ore al giorno con interventi che possono richiedere la presenza di un fisiatra, di un neurologo, di un logopedista, oltre che di un fisioterapista e degli infermieri, interventi che come tali non possono avvenire a casa del malato.

Da qui le preoccupazioni non solo per il recupero del colpito dall’ictus ma anche per i problemi non solo economici della famiglia, da qui l’urgenza di un intervento delle autorità regionali che in caso di inadeguatezza delle strutture attuali riduca l’entità del disagio sia agendo a monte , sulla prevenzione, sia a valle , con la predisposizione dei mezzi tecnici e professionali atti a circoscrivere i danni per il malato ed i problemi per la famiglia.

Mi rendo conto che il pericolo più immediato è il covid per il quale il governo regionale si è speso e si spende ma data la diffusione dell’ictus, e soprattutto le conseguenze, un intervento in questo campo sarebbe auspicabile tanto più che potrebbero utilizzarsi i fondi del Mes, fondi come è noto destinati a finanziare il potenziamento delle strutture sanitarie.

 di Diego Lana

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