Nino Mannino, comunista, e la difficile via italiana al socialismo

Nino Mannino, comunista dal 1961, compie i suoi primi ottant’anni. Il Centro Studi Pio La Torre, del quale è stato presidente dal 2002 al 2005, gli fa tanti auguri. Il suo compleanno sarà occasione per una riflessione più ampia nell’assemblea di fine anno, estesa a tutti gli amici del Centro Pio La Torre, che si terrà presso la sede nel pomeriggio di lunedì 16 dicembre . Nino ha seguito un classico percorso di formazione politica nel PCI di cui è stato segretario dell’organizzazione giovanile e poi del comitato cittadino,della federazione provinciale di Palermo, deputato nazionale per due legislazioni,la IX e la X, durante le quali è stato componente della Commissione bicamerale antimafia, e per anni sindaco di Carini alle porte di Palermo. È una breve sintesi del modello e del metodo peculiare della formazione di un quadro dirigente in un partito di massa (PCI, PSI, DC) nella cosiddetta Prima Repubblica .
Prima di tutto, per il soggetto in prova andava verificata la capacità organizzativa e di dialogo con le “classi sociali” di riferimento del Partito, nel caso del PCI, la classe operaia e lavoratrice, i contadini, gli intellettuali e i ceti medi produttivi. In secondo luogo, l’ eticità dell’impegno di servizio sino alla sua esaltazione quale “scelta di vita”. La Politica, con la P maiuscola, è gramscianamente intesa come la più alta forma di impegno intellettuale, individuale e collettivo. In terzo luogo, la politica intesa come servizio ai cittadini della democrazia e non soddisfazione prioritaria delle ambizioni personali. In quarto luogo la scelta della via democratica al socialismo nella convinzione che fosse l’unica via per realizzare libertà e uguaglianza sociale e quindi un’implicita rinuncia alla dittatura del proletariato con tutte le sue degenerazioni storiche, dallo stalinismo alle teorie del partito unico e alla soggezione dell’individuo alla logica del collettivismo forzato e burocratizzato.
Un rovesciamento ideologico operato sotto la guida di Togliatti, sviluppato e ampliato da Enrico Berlinguer, non il socialismo per arrivare alla democrazia,ma il contrario, la democrazia sola via per arrivare al socialismo cioè alla piena giustizia sociale, alla libertà e all’uguaglianza fra tutti i cittadini, riportando al centro della politica la persona umana. Mannino appartiene anagraficamente a quella terza generazione che ha aderito al PCI della via italiana al socialismo e che è succeduta a quella della clandestinità durante il fascismo, della Resistenza e della nascita della Costituente delle Repubblica democratica fondata sul lavoro. Quelle lezioni ed esperienze sono servite alla terza generazione per consolidare la Repubblica, sconfiggere il terrorismo rosso e nero, il golpismo neofascista, il clientelismo padre della corruzione del sistema politico mafioso, difendere i diritti dei lavoratori e degli oppressi, modernizzare e migliorare il Paese, colmare il divario nord-sud. Oggi quella lezione è ancora valida per fermare l’arretramento del sistema democratico e rilanciare un nuovo modello di sviluppo e di Welfare.
Non ci sono più i partiti di massa ormai deperiti scomparsi dalla scena politica, con i loro sostituti populisti, sovranisti o succubi comunque del pensiero neoliberista del mercato, che oscillano tra Putin o Trump, vivendo una profonda incertezza valoriale e organizzativa come tra le forze riformiste. L’esempio positivo viene in queste settimane dalle sardine. Politica è partecipazione fisica dei cittadini al servizio della democrazia. Chi saprà raccogliere questo messaggio giovanile avrà un futuro nel paese, in Europa e nel mondo.
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