Nella villa di Riina una caserma dei carabinieri

Società | 9 maggio 2015
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Dove era la camera da letto di Totò Riina, ora c'è l'ufficio del comandante della Stazione dei carabinieri. Con tanto di foto del presidente della Repubblica appesa alla parete e crest dell'Arma in bella vista. «E in una terra come la Sicilia, in cui i simboli sono fondamentali, questo vuol dire molto», commenta il ministro dell'Interno Angelino Alfano, a Palermo per partecipare all'inaugurazione della nuova caserma Uditore, presidio di legalità in un quartiere difficile con sede nell'ultimo covo del padrino di Corleone.

Una villetta immersa nel verde, mimetizzata tra la vegetazione, che i costruttori mafiosi Sansone avevano messo a disposizione del capomafia, della moglie Ninetta Bagarella e dei quattro figli. È a poche centinaia di metri da lì che, il 15 gennaio del 1993, giorno dell'insediamento a Palermo del neoprocuratore Giancarlo Caselli, che Totò 'u curtu venne arrestato mentre era in auto col fidato Salvatore Biondino. 

 Il covo dei misteri, lo definirono, alludendo alle singolari vicende che seguirono alla cattura: la villa non è mai stata perquisita dai carabinieri che misero le manette al padrino. E a poche ore dall'arresto venne smobilitato anche il servizio di osservazione esterno all'abitazione. Tanto bastò agli uomini di Cosa nostra per ripulire la casa, smurare la cassaforte, ridipingere le pareti e portar via, sostengono alcuni, l'archivio segreto del boss. Oggi la villetta a due piani, in cui il capomafia trascorse l'ultimo periodo della sua lunga latitanza, è tornata allo Stato.

Confiscata definitivamente 14 anni fa, è stata assegnata all'Arma che l'ha trasformata in una caserma e nella sede della Stazione Uditore, intitolandola, anche questo un simbolo importante, a due vittime di Cosa nostra: Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, i sottufficiali morti nell'attentato al giudice Rocco Chinnici.  Una cerimonia molto sentita, quella dell'inaugurazione: presenti decine di studenti delle scuole elementari e medie, Alfano, il prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, il questore Guido Longo, il comandante generale dell'Arma Tullio del Sette, i vertici siciliani dei carabinieri, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, il nuovo presidente del tribunale Salvatore Di Vitale, Gioacchino Natoli, da qualche settimana a capo della corte d'appello di Palermo, il procuratore generale Roberto Scarpinato e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

«Lo Stato ha vinto e la mafia ha perso e questa caserma ne è la prova», ha detto Alfano, ringraziando i carabinieri. «I mafiosi non sono solo degli assassini, - ha spiegato ai tanti ragazzini presenti - ma sono anche ladri di futuro, speranza e di bellissime parole del nostro vocabolario come onore, famiglia e rispetto». «Come fa a parlare di onore chi uccide? - ha aggiunto - O di rispetto chi fa inginocchiare un commerciante per chiedergli il pizzo? Noi vogliamo riprenderci il senso di queste parole».



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