Nella scuola italiana la quota più bassa di insegnanti giovani
Oltre un milione di studenti in meno e la maggiore percentuale, tra i paesi monitorati dall’Ocse, di docenti ultra 50enni (59%), metà dei quali dovranno essere sostituiti. Queste le due sfide della scuola italiana nei prossimi dieci anni secondo i dati del nuovo rapporto Ocse “Education at a glance 2019”, da cui emerge che l’Italia ha la quota più bassa di insegnanti di età tra i 25 e i 34 anni. Il report, che prende in considerazione vari aspetti del mondo dell'istruzione, dalla scuola dell’infanzia all'università, non restituisce un quadro confortante sul sistema formativo del Bel Paese. Rimane, infatti, alta la quota dei giovani che non studiano, non lavorano e non risultano in formazione, mentre la spesa destinata all’istruzione è tra le più basse tra i paesi dell’Ocse. L’Italia registra la terza quota più elevata di NEET (Not Engaged in Education, Employment or Training), ben il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni rispetto alla media Ocse del 14%. Circa l’11% dei 15-19enni sono NEET, ma questa percentuale triplica nel gruppo 20-24 anni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella fascia d’età in cui inizia il passaggio verso l’istruzione universitaria e il mercato del lavoro. Nonostante il livello di istruzione sia più elevato tra le italiane, nella fascia 25-29 anni sono le donne a registrare la maggiore percentuale di NEET (37%), mentre tra gli uomini la percentuale è più ridotta (26%).
In
tema di spesa per l’istruzione, l’Italia è tra i paesi dell’Ocse
ad investire di meno in tutti i livelli di formazione: solo il 3,6%
del suo PIL, una percentuale inferiore alla media Ocse del 5%. La
spesa per studente è di circa 8.000 dollari statunitensi per
l’istruzione primaria (94% della media Ocse), 9.200 dollari
statunitensi per quella secondaria (92% della media Ocse) e 11.600
dollari statunitensi nei corsi di studio terziari (74% della media
Ocse), somma quest’ultima che include anche le risorse impiegate
per ricerca e sviluppo (se si escludono queste due voci, la spesa per
l’istruzione universitaria è di circa 7.600 dollari statunitensi).
Nel corso dell’ultimo decennio la spesa per la scuola e per
l’università è diminuita del 9%. Ciò è dovuto in parte, ma non
solo, alla riduzione del numero degli studenti, che è stato dell’1%
dalla scuola primaria fino all'istruzione post-secondaria non
terziaria e dell’8% nelle università. Proprio sul fronte
università giungono le peggiori notizie dall’Ocse: l’Italia si
colloca tra gli ultimi paesi per numero di laureati. Solo il 19% dei
25-64enni ha un’istruzione terziaria, contro una media Ocse del
37%. Unico dato positivo è che la quota di laureati italiani nella
fascia di età tra i 25 e i 34 anni è in aumento e ha raggiunto il
28% nel 2018. Probabilmente ad incentivare il conseguimento di un
titolo accademico è stato l’aumento - dal 17% al 39% - degli aiuti
finanziari che gli studenti ricevono in forma di esenzione totale
dalle tasse universitarie, grazie alla legge sulla No Tax area.
Un
dato nettamente positivo per l’Italia riguarda l’alta percentuale
di iscrizione scolastica dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5
anni: il 94%, un valore superiore alla media Ocse. L'istruzione nella
scuola dell'infanzia è principalmente erogata dal settore pubblico -
il 72% dei bambini sono iscritti presso istituti pubblici – per una
spesa complessiva che, dal 2012 al 2016, è stata pari allo 0,5% del
PIL.
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