Nazionalisti ed estrema sinistra, omaggio alla Catalogna
La Catalogna si aggiunge, dopo il voto di domenica, ai tanti problemi che angustiano la politica europea. La “strana alleanza” tra indipendentisti ed estrema sinistra, pur non consegnando la maggioranza assoluta dei votanti ad Artur Mas, gli apre le porte del Palau de la Generalitat con l'obiettivo dichiarato di conquistare di un'indipendenza che dischiuderebbe scenari inquietanti per l'intera Europa. La Catalogna è la Lombardia della Spagna, di cui rappresenta il 20% del prodotto interno lordo del paese e il 18% della popolazione: troppo grande perché la sua uscita non rappresenti una ferita inguaribile per la democrazia spagnola, troppo piccola per poter realisticamente conseguire la trasformazione dell'ampia autonomia che le è concessa all'interno del regno iberico in sovranità statale. Essa rappresenta, tuttavia, un grande rischio per l'Europa: la miopia culturale e l'ostinazione burocratica con cui Bruxelles si ostina a non prendere atto che l'epoca dell'austerità è finita, stanno diffondendo in tutto il Continente i germi della dissoluzione della costruzione europea. Come non denunciare la contraddizione tra l'eccesso di attenzione alla Grecia, che ha monopolizzato per mesi il dibattito e il silenzio imbarazzato davanti ai comportamenti illiberali e razzisti del governo ungherese nei confronti dei migranti, ma anche sul terreno delle libertà democratiche? Come non ricordare che solo dopo la presa di posizione della Merkel, l'Unione ha messo mano alla grande emergenza dei migranti, che segnerà il destino dell'Europa nei prossimi anni? Siamo di fronte ad un bivio di carattere epocale: l'alternativa alla costruzione di istituzioni federali con la conseguente cessione di sovranità da parte degli stati nazionali, non è il ritorno allo stato nazionale che caratterizzò i secoli dell'egemonia europea sul mondo, ma l'avvio di processi di disarticolazione che si trasformerebbero in una immensa slavina. Oggi è la Catalogna, ieri fu la Scozia: tutt'altro che secondaria tra le cause della vittoria dei Conservatori nelle ultime elezioni politiche britanniche è stato il collasso del Labour in una regione a forte presenza operaia e popolare, ove esso raccoglieva tradizionalmente gran mole di consensi. A Barcellona è franato il Partito Popolare, ad Edimburgo i voti di sinistra si sono trasferiti in massa al Partito Nazionale Scozzese dell'aggressiva leader Nicola Sturgeon. L'ascesa a capo del Labour Party di un MP (member of Parliament) over-sixty da sempre “eretico”, è il segno della difficoltà della sinistra europea a rispondere a sfide senza precedenti. Al netto della solidarietà generazionale, in tempi di rottamazione e giovanilismo imperanti, non sono tra gli entusiasti del nuovo leader della sinistra britannica. Tuttavia, tra le prime dichiarazioni di James Corbyn vi è stato il richiamo a quel “far politica per il 99% della gente non per l'1% dei privilegiati” che è alla base della critica alla politica dell'austerità che viene da economisti statunitensi come Paul Krugman e Joseph Stiglitz (pericolosissimo rivoluzionario che ha fatto parte del consiglio dei consulenti economici di Bill Clinton ed è stato chief economist della Banca mondiale); ora quell'ammonimento ha trovato seguito coerente nella scelta di costituire un “all star team” di economisti. Di esso faranno parte, oltre al già citato premio Nobel, Thomas Piketty, Marana Mazzucato, Anastasia Nesvetailova studiosa dei rapporti tra crisi finanziaria e globalizzazione (cfr La Repubblica 29/09/2015). E' una decisione che va nella direzione di approfondire alcune delle principali cause della debolezza ideologica e politica della socialdemocrazia nel Continente: il ritardo nell'elaborare un'analisi della crisi globale e della crescita geometrica della diseguaglianza nelle società di capitalismo avanzato, l'insufficienza delle tradizionali politiche pro-labor sommata alla sostanziale subalternità alle politiche di austerità. Se si riflette un attimo, fuori dagli obblighi della polemica quotidiana, ci si accorgerà che solo dove la ricerca di senso della sinistra europea di tradizione socialista si sta orientando verso figure esterne ai tradizionali gruppi dirigenti, emergono segni di uscita dalla crisi di rappresentanza e dalla paralisi di politiche innovative. Vale per Corbyn e, all'estremo opposto, per Renzi (scandalizzerò i rari lettori, ma è così), mentre pare scomparsa all'orizzonte la grande socialdemocrazia tedesca (chi conosce in Italia Sigmar Gabriel, presidente della Spd e ministro dell'Economia del governo di coalizione?) e i socialisti francesi non riescono a trovare la via d'uscita da una crisi che trova rappresentazione fisica nella debole e contraddittoria figura di Francois Hollande. Il dato catalano, tuttavia, non fa bene neanche ad un'altra famiglia della sinistra europea, i movimenti come Podemos e Syriza. Tsipras ha dimostrato le sue doti di leadership, affrontando e vincendo le terze elezioni in un anno, così come aveva dimostrato notevoli capacità tattiche nel referendum della scorsa estate: i nodi dell'economia greca e del suo rapporto con i vincoli europei, tuttavia, restano tutti sul tavolo e lo costringeranno a far i conti con diversi problemi, di soluzione tutt'altro che facile. Che riesca ad affrontarli e superarli sarà un bene per tutta Europa. Pablo Iglesias, che nel voto di domenica ha subito una flessione, ha promesso ai catalani il referendum in caso di vittoria; una mossa rischiosa perché è pericoloso inseguire la pulsioni dell'estrema sinistra catalana. D'altro canto, il processo di democratizzazione radicale e l'antagonismo pluralistico che costituiscono la base ideologica del movimento spagnolo poco ha a che fare con le istanze che stanno a fondamento dell'indipendentismo catalano. I popolari hanno perso nettamente, i socialisti hanno invece tenuto: quali ripercussioni ci saranno a livello nazionale nei prossimi appuntamenti elettorali? Vedremo, la situazione è tutta in divenire. Poteva mancare la Sicilia, che sta, come il prezzemolo, su tutto? Un noto sito di informazione dà notizia che il comitato Sicilia nazione ha tenuto un incontro con i rappresentanti di diversi partiti sul tema “la Sicilia e la lezione della Catalogna”Ci mancavano anche i siculo – indipendentisti, come se non fossero già tanti i guai di cui è oberata questa nostra disgraziata e indebitata regione.
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