Nastro d'argento speciale per Fuocoammare di Rosi

Cultura | 13 febbraio 2016
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«Grande cinema, conun effetto di denuncia potente che richiama i Governi del mondo a responsabilità colpevoli eormai indilazionabili»: con questa motivazione che sottolinea qualità artistica ma anche lastraordinaria capacità di incidere nell'attualità di una vergognosa pagina internazionale, IGiornalisti Cinematografici Italiani hanno deciso di assegnare un Nastro d'Argento, nella sezione Documentari, a Gianfranco Rosi. La premiazione il 25 Febbraio, serata alla Casa delCinema. «Con Fuocoammare, appena presentato con grande successo alla Berlinale, in concorso per l'Italia, Rosi è autore di un film - dice il Sngci- che rappresenta un caso due volte speciale: per l'alta qualità narrativa, non c'è dubbio, ma soprattutto per il modo in cui mette il cinema al servizio di una denuncia d'attualità, sul tema delle migrazioni, mai tanto determinata».  «Con questo film, che affida la sua forza non solo narrativa alla rappresentazione piùdiretta della realtà, senza nessuna concessione retorica, Rosi riesce a mostrare agli spettatori, rendendoli partecipi di una tragedia mondiale, quello che l'occhio pigro del mondo continua a non vedere, lasciando all'Italia e ad un lembo di terra abitato da gente speciale come i lampedusani, la responsabilità di gestire il dramma di un Olocausto contemporaneo senza precedenti». «I Giornalisti Cinematografici del Sngci hanno deciso di anticipare ad oggi la notizia del Premio che attende Rosi la sera del 25 Febbraio prossimo alla Casa del Cinema perchè anche il Nastro, che il regista riceve per la seconda volta dopo il premio andato a Sacro Gra,possa rappresentare un invito in più ad andare a vedere il film per confrontarsi con un'opera,da dopodomani nelle sale, che ci consegna una pagina di grande cinema civile nel segnodella solidarietà, oltre l'indifferenza che, sulla tragedia dei migranti, neanche il più militantegiornalismo d'inchiesta è riuscito ancora a sconfiggere». 

 


La naturale integrazione lampedusana al Filmfest di Berlino

Altro che «italiani brava gente», i lampedusani sono anche di più. Gente di mare, piena di storia e sangue misto, vivono l'immigrazione con umanità, come un fatto naturale. La gente che sta sul mare va salvata. Da qualsiasi parte venga. È stato sempre così. 'Fuocoammarè (RPT Fuocoammare) di Gianfranco Rosi, unico film italiano in concorso in questa 66/ma edizione del Festival di Berlino - accolto stamattina con tanti applausi e che potrebbe aspirare a tutto diritto a uno dei premi maggiori - racconta questa isola, vera frontiera d'Europa. E lo fa con la giusta pietà, senza alcuna retorica. Un'isola, quella di Lampedusa, in cui sono sbarcate in questi ultimi anni 400.000 persone e ne ha viste morire ben 15.000. Come era stato per 'Sacro GRÀ, Leone d'oro a Venezia nel 2013, a scorrere sullo schermo di questo documentario la vita ordinaria di alcuni isolani con in sottofondo il fenomeno dei migranti visto come da lontano. Quasi una guida a questo mondo circondato dal mare, gli occhi semplici e pieni di curiosità di Samuele Puccillo, 12 anni. Figlio di pescatori, gira l'isola con il suo amico Mattias a caccia di uccelli da colpire con le loro fionde. Vive con la nonna Maria e lo zio, ex marinaio pescatore atlantico, e soffre solo di una cosa: quando va in barca ha il mal di mare. C'è poi Pietro Bartolo, il direttore sanitario dell'Asl locale. Un uomo buono che cura paesani e immigrati con la stessa passione. Uno che ne ha viste tante, ma pieno di un'umanità che gli fa a un certo punto dire:«è dovere di un uomo che sia davvero un uomo di aiutare queste persone». Ci sono poi le dediche di Giuseppe il dj di Radio Delta, «la moglie Maria per il marito Giacomino dedica Amuri di carritteri» e via con canzoni siciliane e non. E i migranti? Si vedono quando sono raccolti dal mare pieni di nafta, quando vengono perquisiti e assistiti, quando vengono chiusi morti nei sacchi di plastica e anche quando si raccontano in un ritmato gospel che fa così.«Ci bombardavano e siamo scappati dalla Nigeria, siamo scappati nel deserto, nel deserto del Sahara, molti sono morti. Sono stati uccisi, stuprati. Non potevamo restare. Siamo scappati in Libia. E in Libia c'era l'Isis e non potevamo restare...Siamo scappati verso il mare...il mare non è un luogo da oltrepassare. Il mare non è una strada. Ma oggi siamo vivi». Ma i migranti giocano anche a calcetto improvvisando squadre come Sudan contro Eritrea, si coprono con le loro coperte in alluminio, mostrano comunque la loro gioia per avercela fatta. Insomma, isolani e migranti sembrano in 'Fuocoammarè (RPT Fuocoammare) vivere come una vita parallela senza darsi troppo fastidio.  Da questa immersione di Gianfranco Rosi di oltre un anno in questa isola, vera protagonista del documentario, esce così fuori, senza alcuno fuoco d'artificio ideologico, la storia di una possibile convivenza che non potrà non far riflettere la giuria di Berlino. E questo proprio per la mancanza di ogni forzatura. Qui, a Lampedusa, c'è l'incontro di due umanità semplici e senza pregiudizi, capaci di convivere. 


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