Migranti, l’inclusione delle seconde generazioni e il ruolo della comunità educante

Società | 1 aprile 2022
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In Italia vive oltre un milione di minori di origine straniera: sono bambini e ragazzi che non hanno ancora la cittadinanza, o che l’hanno acquisita di recente. La loro integrazione risulta essere una delle sfide cruciali per il futuro del nostro paese. Secondo quanto riportato da uno studio di Openpolis è anche grazie al lavoro delle comunità educanti che si può realizzare l’inclusione. In tale processo il ruolo assunto dalla scuola nonché dalla comunità educante ha un’influenza primordiale. Si possono infatti realizzare i processi di integrazione, di apprendimento e di conoscenza reciproca in primis attraverso l’istruzione, sia formale che informale. Si tratta di percorsi che riguardano l’intera comunità educante, ovvero l’insieme di soggetti che accompagnano il bambino nel percorso di crescita, dalla scuola alla famiglia, fino alle tante realtà presenti sul territorio, come associazioni culturali, sociali e sportive.
In Italia i minori di seconda generazione, cioè ragazze e ragazzi nati da genitori stranieri nel paese di immigrazione, sono 1,3milioni, di cui il 75,3% è nato in Italia. Diversi autori tuttavia estendono la definizione anche a chi, pur non essendo nato nel paese di arrivo, vi è arrivato comunque prima della maggiore età. I due gruppi indicativamente rappresentano rispettivamente il 75% e il 25% dei bambini e dei ragazzi di seconda generazione che vivono in Italia. Per quanto concerne la cittadinanza del minore, le seconde generazioni non sono composte solo da minori stranieri che pure ne costituiscono la netta maggioranza (8 su 10), ma anche da chi ha acquisito successivamente lo status di cittadino del paese di residenza. Pure tra le ragazze e i ragazzi che non hanno la cittadinanza (poco meno di 8 minori di seconda generazione su 10), la quota di chi si sente cittadino italiano risulta piuttosto elevata. Tra gli studenti delle scuole secondarie, in media la maggioranza relativa (38% circa) dichiara di sentirsi tale; un terzo dei giovani dichiara di sentirsi straniero e quasi altrettanto elevata è la quota di chi risponde “non so” (29,2%).
Un altro aspetto preso in esame nello studio è il crescere dell’autopercezione come cittadino italiano tra chi è nato in Italia o tra chi pur essendo nato all’estero è arrivato nei primi 5 anni di vita. Tra questi ultimi soprattutto la quota di chi si sente italiano nonostante abbia una cittadinanza straniera raggiunge il livello più alto: (48%), mentre si rileva il minimo di incerti (26,6%). Solo tra i ragazzi stranieri arrivati in Italia più tardi - dopo i 10 anni di età - la maggioranza (52,8%) dichiara di sentirsi straniero, e solo una minoranza si sente italiano. Un fattore determinante per la loro inclusione sono le amicizie nonché il tempo trascorso fuori dalle mura scolastiche. In tal senso, un indice dell’integrazione è anche offerto dalla quota di alunni di origine straniera che nel tempo libero frequenta compagni con cittadinanza italiana. In media, oltre l’86% degli studenti stranieri delle scuole secondarie dichiara di passare il proprio tempo fuori da scuola con amici italiani, quota che supera il 90% tra chi è arrivato in Italia prima dei 5 anni.
Nel rapporto di Openpolis si legge che chi è arrivato dopo i 10 anni di età tende a vedere più spesso i connazionali (+5,5 punti percentuali rispetto ai ragazzi stranieri nati in Italia) e ad avere molti meno rapporti con i compagni italiani con cui trascorre il proprio tempo libero nel 78,3% dei casi, ovvero 7,5 punti in meno di chi è nato in Italia e quasi 12 in meno di chi è arrivato prima dei 5 anni.
L’arrivo recente nel nostro paese e le difficoltà di inserimento dovute anche a barriere linguistiche, culturali e sociali hanno un impatto determinante. È proprio all’interno della cornice appena descritta che il ruolo della comunità educante diventa inestimabile. Sia per facilitare il percorso di apprendimento, quanto per lo sviluppo della socialità e della conoscenza reciproca, in un contesto rispettoso della diversità. Si tratta di un fattore essenziale per contrastare fenomeni di discriminazione e bullismo di cui in molti casi i minori stranieri sono vittima. I giovani di origine straniera, rispetto ai coetanei italiani, subiscono più spesso fenomeni di discriminazione. Si registra infatti una maggiore frequenza di atti di bullismo di cui essi sono vittime. Ad esserne tra i più colpiti sono perlopiù gli studenti di alcune nazionalità, come quelli di cittadinanza filippina, cinese e indiana. Le statistiche riportano che hanno subito almeno un episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi 142,7 studenti con cittadinanza filippina, ogni 100 alunni italiani. Altro elemento riscontrato è che gli episodi di bullismo colpiscono soprattutto chi vive in zone disagiate: il 10,5% dei ragazzi che vive in zone molto disagiate ha subito infatti atti di bullismo una o più volte alla settimana (8% tra chi vive in zone meno disagiate).
 di Melania Federico

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