Mezzogiorno alla deriva, al Sud un povero su tre

Economia | 28 agosto 2015
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Pil a -1,3% nel 2014, in linea con i valori negativi degli ultimi sette anni di crisi che hanno visto una flessione complessiva di -13,0%. Produzione industriale sempre più ridotta e meno competitiva anche a causa della contrazione degli investimenti e della diminuzione delle agevolazioni alle imprese. Capitale umano ancora più ridimensionato dai continui processi migratori  verso il Nord. Consumi delle famiglie in discesa. Donne e giovani fuori dal mercato del lavoro. Una persona su tre a rischio povertà.

Non lascia alcuna speranza il Rapporto Svimez 2015, che traccia l’immagine di un Sud alla deriva con “il rischio che il depauperamento di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire al Mezzogiorno di agganciare la possibile nuova crescita e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. Un Meridione sempre più distante dal Centro-Nord dove cominciano a registrarsi i primi timidi segnali di ripresa. Ma quali sono i numeri di questo quadro desolante, che vede allargarsi sempre più la forbice tra il Nord e il Sud del Paese? In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 si è fermato al 53,7% rispetto al valore nazionale. Un risultato mai registrato dal 2000 in poi e che si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud (in Sicilia il rischio riguarda il 41,8% della popolazione) e solo una su dieci al Nord. Preoccupante la caduta della produttività riconducibile anche alla modesta domanda estera, ma soprattutto a quella interna in forte calo. I consumi delle famiglie meridionali, infatti, sono diminuiti di -13,2% dal 2008 al 2014, a fronte di -5,5% del resto d’Italia.  Ma, mentre nel 2014 gran parte del Paese ha registrato una crescita dello 0,6%, nel Meridione i consumi hanno continuato a contrarsi (-0,4%). Anche la riduzione della spesa per gli investimenti, che nel settennio di crisi 2008-2014 ha investito indistintamente l’intero territorio nazionale, è stata maggiore al Sud (-38,1%) che nelle altre parti d’Italia (-27,1%), così come pure nel 2014 (-4,0% a fronte di -3,1%), e ha colpito soprattutto l’industria in senso stretto con valori (-59,3%) tre volte superiori rispetto a quelli delle regioni centro-settentrionali (-17,1%). Ridotti maggiormente al Sud gli investimenti perfino nei settori dell’agricoltura (-38% rispetto a -10,8% del Centro-Nord) e dei servizi (-33,1% al Sud a fronte di -31,0% del resto del Paese), mentre in quello delle costruzioni il calo nel Mezzogiorno (-47,4%) è stato meno intenso che al Centro-Nord (-55,2%). Anche le agevolazioni alle imprese si sono dimezzate al Sud rispetto al resto del Paese: dal 63,5% del 2008, sono diventate il 33,2% nel 2013.

La contrazione degli investimenti tra il 2008 e il 2014 si è riflessa nella diminuzione della capacità produttiva. “Nel 2014” - si legge nel Rapporto Svimez - “nel Sud la perdita di capacità produttiva rispetto ai suoi livelli pre-crisi ha superato i 30 punti percentuali, a fronte di una flessione di circa il 17% nel Centro-Nord”. Questo divario di produttività tra il Nord e il Sud si rispecchia anche nella dinamica delle esportazioni: nel settennio di crisi, il Mezzogiorno ha subito una riduzione di -2,9% a fronte di un andamento positivo (+11,1%) del Centro-Nord, tendenza confermata anche per il 2014 (-4,8% contro +3,0%). Ciò, dunque, mette a nudo le difficoltà delle imprese meridionali nel competere sui mercati internazionali, con il rischio di una “desertificazione industriale”.

Puntuali i riflessi sul mercato del lavoro. Tra il 2008 e il 2014 l’occupazione al Sud registra una caduta di -9%, oltre sei volte superiore a quella del Centro-Nord (-1,4%). Delle 811mila persone che hanno perso il lavoro nel periodo della crisi, 576mila sono al Sud. Proprio qui, nel 2014, l’occupazione ha toccato il valore più basso  - circa 5,8 milioni di occupati - dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche ricostruite dall’Istat. Maggiormente penalizzati i giovani: tra il 2008-2014 il Meridione ha perso 622 mila posti di lavoro tra gli under 34 (-31,9% a fronte di -26% del Centro-Nord) e ne ha guadagnati 239mila  tra gli over 55. Per gli under 24 nel 2014 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 56%, contro il 35,5% del resto del Paese. Anche i Neet italiani, che secondo l’Istat nel 2014 sono aumentati del 25% rispetto al 2008, sono maggiormente concentrati al Sud: dei 3 milioni 512 mila stimati, 2 milioni sono meridionali e quasi 2 milioni sono donne. E proprio per le giovani lavoratrici i dati sono sconfortanti: al Sud lavora solo una donna su cinque. Nel 2014, a fronte di un tasso di occupazione femminile nazionale del 52,9% in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6%. 

 di Alida Federico

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