Non ci sono episodi di grande corruzione nell’inchiesta sulle tangenti Anas. Ma sono tutte le fasi della gestione di un appalto a rappresentare altrettanti capitoli dove la decisione amministrativa può essere addomesticata in cambio di favori. Struttura di autorità e ruolo marginale dei politici.
L’Anas e la piccola corruzione quotidiana
Ciliegie, ciliegie smozzicate, antinfiammatori, topolini, Lorazepam. Va
sicuramente riconosciuta alla Dama Nera dell’inchiesta Anas, al secolo Antonella
Accroglianò, una notevole fantasia linguistica, degna del miglior Bartezzaghi,
nel trovare termini con cui riferirsi alle mazzette.
Terminato il breve
omaggio, tuttavia, il personaggio restituisce i caratteri squallidi del mondo
della corruzione nelle sue declinazioni minori. Perché quello che l’inchiesta
romana ha svelato riguarda il lavoro di finitura che accompagna l’esecuzione
degli appalti successiva alla aggiudicazione, dove il piatto forte delle
mazzette veniva servito. Degli appalti dell’Anas, come del maiale, non si butta
via niente.
Nell’esecuzione di un appalto può sorgere un contenzioso coi
lunghi tempi della giustizia amministrativa? Il circolo dei corrotti rispondeva,
vero esempio di fuoco amico, offrendo alle imprese un pacchetto completo di
servizi di tutela, tramite sblocco dei contenziosi e velocizzazione dei
pagamenti. O, ancora, gli accordi tra le imprese assegnatarie richiedevano in
corso d’esecuzione la cessione di un ramo di azienda a cui erano assegnati i
lavori? Bene, il nulla osta dell’Anas ha un prezzo, o meglio una ciliegia. E non
sorprende che la regia del gruppo di corrotti potesse indicare quali imprese
coinvolgere nella fase dei subappalti, nella fornitura del calcestruzzo o nel
movimento terra, imprese che, per non smentire una costante delle cronache di
corruzione, vantavano ambigue parentele con le ‘ndrine calabresi.
Ma a ben
vedere queste nuove rivelazioni non sorprendono, poiché la corruzione nasce là
dove esiste uno spazio di discrezionalità e opacità della decisione pubblica,
che si traduce in informazioni confidenziali e scelte arbitrarie vendute al
miglior offerente.
Eravamo sinora abituati ai fatti di grande corruzione,
dove è l’assegnazione dell’appalto, la manipolazione della gara, il palcoscenico
sul quale i personaggi e le pratiche corruttive andavano in scena. Ma, a ben
vedere, gli spazi di opaca discrezionalità non terminano con la fase
dell’assegnazione, poiché la realizzazione del progetto offre ancora una lunga
serie di passaggi in cui la compiacenza dell’amministratore agli interessi
dell’impresa assegnataria può offrire ulteriori occasioni di illecito profitto.
Tutte le fasi relative alla gestione dell’appalto rappresentano altrettanti
capitoli dove la decisione amministrativa può essere addomesticata in cambio di
favori. Corruzione a bassa tensione, si potrebbe dire, capace di seguire
un’opera pubblica dalla culla alla tomba.
Una rete gestita in proprio
Altri due elementi vanno sottolineati in queste cronache di ordinaria
corruzione. Colpisce che i politici siano presenti nelle inchieste dell’Anas, ma
in una posizione defilata. Gli interlocutori politici appaiono utili come
sponda, ma restano tutto sommato ai margini di questo piccolo e coeso “sistema
di autogoverno” della corruzione. La Dama Nera, nei rapporti con i politici,
cerca soprattutto connivenza e disponibilità a restituire i favori ottenuti,
delegando a loro le proprie aspirazioni a diventare responsabile dell’ufficio
gare – vero “cuore pulsante” di qualsiasi potenziale sistema corruttivo.
In
secondo luogo, dalle intercettazioni emerge come la preoccupazione dominante dei
protagonisti della rete di scambi occulti non sia di essere colti con le mani
nel sacco dai magistrati, ma truffati dai propri partner in affari.
Spiati
dalle videocamere degli inquirenti i funzionari ricontano ossessivamente le
bustarelle calcolando la corrispondenza di quote e percentuali, lamentandosi
delle “ciliegie smozzicate” – le tangenti impropriamente rateizzate – che
complicano i calcoli, moltiplicano i rischi e possono pregiudicare il rispetto
di quanto pattuito. Per disciplinare queste transazioni sottobanco occorre il
riconoscimento informale di una comune struttura di autorità da parte dei
molteplici partecipanti all’illecito. È la Dama Nera, collocata dai magistrati
al vertice della struttura criminale, che facendosi forte del suo ruolo
istituzionale provvede a controllare i flussi, smistare i proventi e strigliare
gli imprenditori recalcitranti.
Qui, dunque, il “governo” delle relazioni
inquinate non è delegato a un’organizzazione criminale ad hoc come nel caso di
“mafia capitale” né a un dominus politico, e tende a sovrapporsi alla gerarchia
e ai poteri sanciti dai ruoli pubblici ricoperti. Solo chi sta ai patti e si
assoggetta al vincolo di omertà potrà rimanere nel circuito della corruzione
sistemica, che nell’auspicio della dirigente permetterà a tutti quanti di
ottenere nel tempo sempre più vantaggi e profitti, senza finire “azzoppati” come
i “battitori liberi”: “speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad
adesso e di fare un saltino in avanti per poterci aiutare. Perché quello è lo
scopo: chi cresce fa un salto in avanti e si porta gli altri dietro. Chi ha
cercato di viaggiare da solo poi l’hanno azzoppato”. (info.lavoce)