Mattarella: contro la mafia resistere a intimidazioni e indifferenza

Società | 25 settembre 2019
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«Rievocare la vile uccisione di Cesare Terranova e Lenin Mancuso richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia, opponendosi a logiche compromissorie ed all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto». Lo scrive, in un messaggio inviato al sindaco del comune di Petralia Sottana, Leonardo Iuri Neglia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commemorando il quarantesimo anniversario del duplice assassinio del magistrato Cesare Terranova e del maresciallo della Polizia di Stato Lenin Mancuso, addetto alla sua sicurezza. «Il 25 settembre del 1979 - scrive il Capo dello Stato - venivano uccisi in uno spietato agguato, per aver fedelmente servito lo Stato, il giudice Cesare Terranova e il maresciallo della Polizia di Stato Lenin Mancuso, addetto alla sua sicurezza. Magistrato rigoroso e preparato, profondo conoscitore della realtà siciliana, Cesare Terranova seppe cogliere la forza e la pervasività della mafia, qualificandola per primo come una 'associazione delinquenzialè dalle variegate forme, la più pericolosa ed insidiosa delle quali 'è quella camuffata sotto l’apparenza della rispettabilita». Da giudice istruttore comprese la trasformazione in atto della mafia, ormai infiltrata nella vita pubblica ed economica e ben sorretta dal pilastro inossidabile dell’omertà. A lui si deve l’avvio di una stagione di indagini coraggiose e di processi inediti, culminata molti anni più tardi nel maxiprocesso di Palermo. Proseguì da parlamentare il suo appassionato impegno per l’affermazione della legalità, mettendo a servizio delle istituzioni democratiche il patrimonio di conoscenze acquisito nel corso della sua esperienza giudiziaria. Rievocare la vile uccisione di Cesare Terranova e Lenin Mancuso - sottolinea il presidente della Repubblica - richiama la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia, opponendosi a logiche compromissorie ed all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto. A distanza di quaranta anni - conclude Mattarella - desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza del Paese ai loro familiari, ai colleghi e agli amici che li hanno conosciuti e stimati e che, in questi anni, ne hanno costantemente tenuto viva la memoria».


Precursore, isolato, determinato. Il giudice Cesare Terranova aveva capito il nemico che aveva di fronte e che lo ha ucciso 40 anni, insieme al collaboratore Lenin Mancuso, maresciallo di pubblica sicurezza. Ha operato con grande determinazione, «in un clima di sostanziale scetticismo e isolamento»,ricorda oggi l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, «ed è stato certamente il primo magistrato ad affrontare le indagini di mafia con una visione unitaria, approfondita e moderna del fenomeno». Terranova è riuscito a coglierne i connotati specifici, l’evoluzione inarrestabile, la diffusione crescente e pervasiva nella vita sociale, economica e politica, a evidenziare la necessità di strumenti investigativi adeguati, in grado di attingere anche ai profili patrimoniali, così aprendo la strada alle elaborazioni normative del decennio successivo, che tuttora costituiscono la base dell’attuale azione di contrasto al fenomeno mafioso.

La mattina del 25 settembre 1979, a Palermo, Cesare Terranova, magistrato e per due mandati, dal 72 al 79, parlamentare indipendente del Pci, è stato ucciso subito dopo essere uscito dalla sua abitazione di via Rutelli a due passi da via Libertà, ed essersi messo alla guida della sua auto. Un gruppo armato colpisce a morte anche Lenin Mancuso, da sempre suo fidato collaboratore. Aveva 58 anni.


Terranova è stato un pioniere della lotta contro Cosa nostra in un periodo in cui si faticava a pronunciare la parola mafia. «Durante gli anni della sua permanenza a Palermo, protrattasi fino all’agosto 1971 - prosegue Agueci - il livello di conoscenza del fenomeno mafioso era ancora rudimentale e lacunoso. Gli strumenti investigativi in possesso degli inquirenti risultavano molto scarsi e assolutamente incomparabili con quelli attuali. Gli atteggiamenti di omertà si presentavano granitici e impenetrabili». La consapevolezza sociale e la disposizione di buona parte delle istituzioni erano caratterizzate da indifferenza, sottovalutazione, se non da effettiva connivenza. In tale contesto, le sue indagini si indirizzarono, in particolare, verso la famiglia mafiosa di Corleone, della quale riuscì già da allora a cogliere i connotati di ferocia, risolutezza e volontà espansiva, che avrebbero costituito i presupposti della sanguinosa guerra di mafia scatenatasi negli anni successivi. La sua attività lo aveva quindi reso inviso agli stessi 'corleonesì che lo inserirono tra i loro nemici giurati, all’interno delle istituzioni, destinati prima o poi a essere eliminati.

«Cesare Terranova, il magistrato e l’uomo», è il titolo dell’iniziativa dell’amministrazione comunale di Petralia, paese natale del magistrato. Alle 10, davanti all’Istituto comprensivo di Petralia Sottana, deposizione di una corona davanti al cippo dedicato al magistrato. A seguire un incontro con gli studenti del liceo di Scienze umane Pietro Domina, in cui due dei nipoti di Cesare Terranova presen. Nel pomeriggio conversazione a più voci per ricordare Terranova e Mancuso, con il presidente della Commissione parlamentare antimafia, senatore Nicola Morra, il presidente della commissione regionale Claudio Fava, il procuratore della Repubblica del Tribunale di Termini Imerese Ambrogio Cartosio, Agueci, l’ex presidente del Tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, e il magistrato Roberto Tartaglia, consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno mafioso. A Palermo deposizione, alle 9.30, da parte del questore Renato Cortese di una corona di alloro in ricordo delle vittime.



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