Luigi Maria Burruano e i suoi cento passi contro la mafia a Cinisi

Cultura | 11 settembre 2017
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L’ultima beffa l’ha fatta andandosene di sera tardi, come un qualsiasi attore che abbandona il palcoscenico. Burruano non voleva esser chiamato Gigi, gli pareva troppo di terra, lui era LuigiMaria e ne andava fiero. Ora viene voglia di abbracciarlo, con quei suoi scatti nervosi, quelle arrabbiature vulcaniche, quel modo di fare che sapeva di strada: perché Gigi (e non Luigi Maria) veniva dalla borgata, meglio dai sottoscala, e nei salotti non ci stava bene. È morto da solo, nel sonno, nella sua casa dell’Uditore che ieri sera si andava affollando di colleghi: gli volevano bene tutti, a quel fratello un po’ matto, sempre sopra le righe. 

Gigi era ammalato da anni, ma il suo era un mal de vivre: non si trovava bene con il mondo, ma da quel palcoscenico lì, non riusciva a stare lontano, neanche quando non era in condizione di recitare. Qualche sera fa aveva avuto un brutto crollo e Salvo Piparo lo aveva accompagnato in ospedale: ma Gigi non se n’era dato per inteso, aveva firmato le dimissioni ed era tornato a casa. Neanche 69 anni (li avrebbe compiuti il 20 ottobre), e sul palcoscenico dal ’67, un anno dopo la nascita de I «il covo umido che attraeva i giovani». Arrivò Giorgio Li Bassi poi gli attori che venivano dal Teatro Garibaldi di Angelo Musco jr: Luisa Di Giovanni, Enzo Fontana e Piergiorgio Siino. E se Fontana faceva il gagà elegante, quell’attore nero e nervoso, era invece l’uomo della strada, il guitto, il sognatore. Gigi Burruano citava Dante e ti raccontava Giuseppe Schiera, leggeva Rebora e mimava l’in - cendio del Teatro Bellini, nel 1964: I Draghi recitavano –Gigi faceva i Draghi -, una lampada appiccò il fuoco – Gigi mimava il fuoco – accorsero i vigili – e Gigi impersonava i vigili…poi ridiventava serio e ti spiegava perché secondo lui, quell’incendio aveva giovato al teatro di Palermo: Nino Drago aveva iniziato ad allevare i giovani comici di allora, ovvero Burruano e Civiletti. Ma la storia vara verso altro: era il 1974, Civiletti era partito soldato, la banda mise in scena «Cu nesci arrinesci» provando negli scantinati di via Manin, «tra sala prove e garconniére».

 La rivolta dei comici contro le etichette partì da «Attore con la “O” chiusa», trenta giorni di repliche in via XX settembre: il pubblico andava per il cabaret –e Burruano ne era la stella –e si ritrovava abbracciato, ammanettato, schernito, a guardare esterrefatto una bara scoperchiata al centro della scena. C’erano Li Bassi, Franco Scaldati, Rory Quattrocchi che a Gigi avrebbe dato una bambina, Gelsomina. Dopo un po’ arriverà anche Tony Sperandeo (che faceva coppia con Giovanni Alamia), l’amico di una vita, colui che spesso aveva tentato di mettere in piedi spettacoli e lavori per restare insieme. Nel 1976, «La coltellata» (primo nudo in scena), anche in questo caso la regia è di Gigi Burruano, in scena i ragazzi di via Cassari con il loro linguaggio da mercato. Al Teatro Biondo arriveranno – Bur - ruano e Salvo Licata – con «Il trionfo di Rosalia»: lo stesso Stabile dove oggi sarà allestita la camera ardente. Seguiranno «Sangue e latte» (1977) in cui nasce quello che sarà forse il personaggio più autentico e bello di Burruano, ‘u rancutanu, l’uomo del ghetto, il sorcio di strada, che recupera il «baccaglio». Insomma, siamo arrivati di corsa a «Palermo oh‘ cara» e lì si deve mettere un punto: perché fu questo lo spettacolo della città vera, oratorio palermitano per attori e pupi, viatico e biglietto aereo staccato per Roma. Ma Burruano non riuscì a cogliere l’occasio - ne, e neanche più tardi, quando la stessa possibilità gliele offrì il cinema: altare e polvere, una gomitata nelle costole e si torna a casa. Come quella bellissima interpretazione de «I Cento passi» che gli fece guadagnare premi (ma non vincere un Nastro) e lanciarono il nipote, Gigi Lo Cascio.

 Lo chiamavano Gigi, lo volevano i registi, ma era difficile contare su di lui, spesso dovevano rinunciare, quando il «mal de vivre » usciva come un fiotto. L’esordio fu nel 1970 con «L’amore coniugale» di Dacia Maraini, vennero poi i due film di Marco Risi, «Mery per sempre» e «Ragazzi fuori», l’ottavo episodio de La Piovra, «L'uomo delle stelle» di Giuseppe Tornatore, «Nowhere» di Luis Sepúlveda, «Il ritorno di Cagliostro» di Ciprì e Maresco,e tanto altro fino a «Baarìa» di Tornatore. Burruano sanguigno, c’è chi ricorda anche che dieci anni fa, esasperato, colpì con una coltellata l'ex genero Fabio Guida che non pagava gli alimenti alla moglie e ai figli. Burruano si fece qualche giorno di arresti domiciliari, patteggiò la pena e i due coniugi tornarono insieme. (Giornale di Sicilia)

 di Simonetta Trovato

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