Lo Monaco: “Fuori la guerra dal nostro futuro”

4 aprile 2022
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Guardi una foto di 40 anni fa e la marcia della pace, organizzata a Comiso nel 1982, ti sembra una piccola Woodstock con falce e martello. Tanti giovani, magari con i capelli meno lunghi, «El pueblo» degli Inti Illimani contrapposto alla celebre versione dell’inno americano, suonato da Jimi Hendrix con la sua Fender Stratocaster, imitando i rumori delle bombe sganciate sul Vietnam. Nel 1969 si voleva opporre il trittico «pace, amore e libertà» alla guerra in Vietnam; nel 1982, si chiedeva il disarmo, contro l’istallazione dei missili Cruise a sud della… portae - rei-Sicilia. Oggi Comiso è ancora protagonista con una nuova marcia della pace e gli striscioni sono tutti per far tacere le armi in Ucraina. Allora come ora, una marcia per mettere in discussione i modelli tradizionali dell’impegno politico, per creare onde che vanno lontano, anche se la rivoluzione è diventata nostalgia e il disarmo è rimasto nelle intenzioni. La processione laica e religiosa è organizzata sempre da Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, certo che una marcia è molto più di un congresso perché coinvolge il popolo, entra nel paesaggio, è atto più che parola. Prima i ricordi: «Eravamo davvero tanti, si disse centomila. Quando Pio La Torre prese le redini del Pci in Sicilia, nell’estate del 1981, trovò già avviato il movimento contro i missili. Ma lui ebbe il merito di dialogare con tutti e di allargare il fronte di partecipazione e la piattaforma: non solo contro i missili a Comiso ma anche per la smobilitazione degli SS20 del Patto di Varsavia. Aderirono comuni, associazioni, Acli, il movimento studentesco, la comunità buddista, destra e sinistra. Un lavoro di intese che diede vita a una manifestazione del popolo, raccogliemmo addirittura un milione di firme contro i missili».
E la marcia di oggi? « L’abbiamo preparata in meno tempo ma il valore simbolico è uguale. Pure questa volta aderiranno decine di associazioni di ogni orientamento, studenti che arriveranno su decine di pullman, sindacati, società civile, sindaci di qualsiasi colore, comunità religiose, compresi buddisti e islamici. Un’adesione che ci incoraggia. Dobbiamo fare fuori la guerra dal nostro futuro. Il nostro appello spiega che solo con la pace si possono garantire democrazia e libertà e sconfiggere le mafie. Queste ultime approfittano di qualsiasi crisi: fra pace e legalità c’è un legame inscindibile. E la Sicilia, al centro del Mediterraneo, deve essere ponte tra continenti, non sponda».
E il 2% del Pil da destinare alle spese militari? «Una tregua immediata e un accordo tra le parti per raggiungere un accordo onorevole per tutti, significherebbe non avere più l’esigenza di incrementare la spesa per le armi. La UE dovrebbe dotarsi di un esercito unico per risparmiare e investire, invece, per assicurare un nuovo modello di sviluppo che escluda disuguaglianza e povertà. Il denaro dobbiamo spenderlo per fronteggiare la minaccia del cambiamento climatico».
L’impegno pacifista di La Torre fu interrotto la mattina del 30 aprile 1982. In quei ventisei giorni tra la marcia e il suo assassinio, di cosa si occupò? «Ancora della raccolta delle firme, e di preparare la festa dei lavoratori. Alle 7 del mattino eravamo già in ufficio, io e lui, nella sede del Pci, in corso Calatafimi. Ero lì ad aspettarlo pure la mattina del 30 aprile quando mi chiamò la Digos. Nel comunicato che scrissi e mandai a Berlinguer dopo l’omicidio, per la prima volta parlai di delitto di matrice politico-mafiosa. I mafiosi furono gli esecutori – la legge La Torre, ancora bloccata in parlamento, li spaventava - ma gli inquirenti sospettarono una convergenza di interessi internazionali, da est e da ovest. Nessuno ha mai spiegato nulla. Gli archivi di Kgb e Cia potrebbero contenere informazioni interessanti».
Cosa si augura per la marcia di oggi? “Ho parlato con i rappresentanti delle varie religioni presenti, spingendoli a pregare il loro dio perché non piova. Io, da laico, mi affiderò a Giove pluvio». (Giornale di Sicilia)
 di Antonella Filippi

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