Livatino, vita, morte e presunto miracolo di un giudice

Cultura | 23 luglio 2015
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A distanza di venticinque anni, i particolari conservano ancora la loro potenza: la riga precisa dei capelli, la postura fiscale di un corpo alto appena un metro e sessanta, il nodo impeccabile della cravatta, la scrivania oberata di fascicoli processuali, impilati tra il Vangelo e il crocifisso. E poi il lunotto frantumato di una Ford Fiesta colore amaranto sul ciglio della statale che collega Canicattì ad Agrigento, una scarpata senza alberi, un lenzuolo bianco tra le sterpaglie e la polvere.Particolari di un' esistenza - quella del magistrato canicattinese ucciso dalla Stidda il 21 settembre 1990 - raccolti assieme a quelli meno noti ma anche inediti nella biografia scritta dal giornalista e scrittore Roberto Mistretta che le edizioni San Paolo hanno dato alle stampe con il titolo di "Rosario Livatino. L' uomo, il giudice, il credente".Già, il credente. Anzi il Servo di Dio, perchè va avanti con successo il processo canonico di beatificazione avviato nel 2011. Non a caso il libro di Mistretta - scritto in collaborazione con il postulatore della causa Giuseppe Livatino - racconta anche della miracolosa guarigione "annunciata" dal giudice a una signora piemontese, Elena Canale Valdetara, colpita da un tumore al sistema linfatico. Un giovane sconosciuto, con indosso abiti da sacerdote, appare in sogno alla donna e le dice: «La forza che ti guarisce è dentro di te». E il tumore scompare. Ma solo quando sfoglierà l' inserto settimanale del Corriere della Sera dedicato al magistrato ucciso, Elena riconoscerà quel volto. Il volto del "giudice ragazzino" (così lo definì l' allora presidente della Repubblica Cossiga, suscitando polemiche) di cui Mistretta ricostruisce pazientemente il profilo umano e spirituale: a partire soprattutto dall' interpretazione del contenuto delle agende in cui lo schivo magistrato era solito annotare pensieri, travagli, preghiere.Dalle pagine del volume emergono dettagli gustosi. Per esempio l' amore del giudice per la natura, che lo portava a essere ancor più scrupoloso nelle indagini per reati ambientali. Oppure la passione per i film - kolossal, storici, thriller - che registrava e catalogava con cura. Interessante anche la parte in cui l' autore approfondisce il rapporto tra la realtà e il film di Alessandro Di Robilant con Giulio Scarpati e Sabrina Ferilli. Mistretta mette in luce certi stravolgimenti operati dalla pellicola datata 1993.Vi si narra di un rapporto amoroso con un' avvocatessa figlia di un avvocato assassinato dalla mafia.Ma nelle agende vi sono solo tracce di pene d' amore, di ingenui appostamenti per incrociare «il mio sogno biondo», di storie che però non decollano. (La Repubblica)


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