Limiti e possibilità della rivoluzione fiscale di Renzi
Una
delle azioni principali annunciate dal Governo Renzi è quella che brevemente
viene definita come una vera e propria “ rivoluzione fiscale”.
Questa
si articolerà in tre fasi:
1) Revisione
dell’imposizione fiscale sulla casa
2) Alleggerimento
dell’IRAP e dell’IRES per le imprese
3) Revisione
delle aliquote IRPEF sino ai 50.000 euro di reddito annui
Le risorse necessarie sembrano
importanti e le fonti di copertura indicate sono sempre le stesse che, fino ad
oggi, non hanno dato risultati soddisfacenti:
a)lotta all'evasione fiscale b)
spending review c) eventuale ricorso al deficit di bilancio.
A questo, vanno aggiunte le
maggiori entrate fiscali possibili grazie alla prevista crescita del PIL dei
prossimi anni; tuttavia, secondo un recente studio sull’argomento della NENS
citato dallo stesso Governo, gran parte delle maggiori entrate verrà assorbita da un aumento del bilancio
pubblico ( dati previsionali).
Ci si augura che la lotta
all’evasione fiscale possa avere un carattere permanente e, sicuramente, è un
elemento su cui puntare l’attenzione. Quello che lascia perplessi è, invece, la
natura della possibile “spending review”.
Cosa verrebbe tagliato? Quali
servizi? Quali redditi? Solo inefficienze? Quali sono?
L'ultima obiezione riguarda lo
stato delle finanze pubbliche.
Abbiamo accettato una riduzione del rapporto
deficit /PIL, in sede europea, che comporta degli impegni che sarà impegnativo
rispettare. Si può richiedere una maggiore gradualità; ma, se comunque non si
cercano di migliorare i parametri finanziari pubblici in un momento di
crescita, come ci troveremmo in seguito davanti ad un possibile rialzo generale
del costo del denaro o in una prossima situazione congiunturale negativa?
Nasce pertanto il sospetto che
per finanziare l’annunciata “ rivoluzione fiscale” sarà necessario un serio
taglio della spesa pubblica, molto più articolato di quanto si pensi e che
toccherà diversi punti sensibili.
E’ una scelta valida quella di
puntare sulla riduzione della spesa piuttosto che su una sua riqualificazione?
Mi sembra che quello che
trascuriamo è che la politica di bilancio dello Stato in disavanzo, con il
conseguente aumento della spesa pubblica
rappresenta un anticipo a credito non solo del successivo sviluppo, ma
anche di un processo di redistribuzione delle ricchezze, tramite una maggiore
imposizione fiscale nei confronti di coloro che detengono la maggior parte
della ricchezza nazionale o dispongono di redditi dal livello molto al di sopra
della media.
Questo elemento è centrale per
valutare l'importanza dell'azione pubblica, nei periodi di grave depressione
economica o di fallimento di mercato, nei confronti dell'utilizzo dei
principali fattori produttivi: capitali e lavoro. Solo l'azione pubblica può
spezzare, in determinati momenti, questa spirale negativa, finanziare con i
propri acquisti le imprese locali e, per tutto il tempo che il sistema
economico non è in grado di farlo, assorbire la disoccupazione.Tutto questo
mobilitando, con la leva fiscale, le risorse private nel finanziamento di
un‘azione pubblica che opera una vera e propria redistribuzione delle
ricchezze. Solo l'azione pubblica può creare, in certi momenti, quel sistema di
relazioni, sinergie e finanziamenti utili allo
sviluppo dell’innovazione produttiva.
L'ipotesi di fondo che guida la
preannunciata “ Rivoluzione fiscale “ è invece quella di ottenere un incentivo
allo sviluppo della domanda interna dando maggior reddito in special modo a
quelle categorie in cui questo si traduce immediatamente in un incremento
dell'indice del consumo. Lo stimolo alla domanda dovrebbe agire da sostegno al
rafforzamento dei segnali di crescita del PIL già previsti, consentendo un
adeguato circolo virtuoso che permetterebbe, a sua volta, una maggiore
sostenibilità degli sforzi finanziari previsti. .Tutto questo potrebbe essere
valido se il saldo della bilancia commerciale continuasse ad essere positivo,
anche in presenza di una più forte ripresa della domanda interna. La mia
preoccupazione è che, invece, con un sistema produttivo poco competitivo in
vasti settori, l'aumento dei consumi possa, oggi, trasformarsi in un aumento
immediato delle importazioni ed in un
peggioramento della bilancia commerciale, senza quindi mettere in moto
quel circolo virtuoso auspicato.
Noi siamo un paese che presenta
un saldo energetico negativo. Oggi stiamo godendo di una situazione eccezionale
di crollo dei prezzi dell'energia ma dovremmo porci in prospettiva l'obiettivo
di ottenere un netto miglioramento della nostra situazione andando verso una
maggiore indipendenza. Abbiamo un forte ritardo sugli investimenti necessari
per assicurare la diffusione della banda larga e recuperare il forte divario
esistente nei confronti dei paesi più avanzati. Potremmo e dovremmo porre a
frutto economico il nostro patrimonio artistico culturale. Dobbiamo comunque
accelerare gli investimenti pubblici /privati per puntare sulla ricerca ed
innovazione e recuperare competitività. rientrando in settori da cui siamo
sempre più assenti.
In sostanza, i limiti della
“rivoluzione fiscale” mi sembrano evidenti sia nella strategia di
approvvigionamento, che non opera un trasferimento delle ricchezze dalla
rendita, dai grandi patrimoni e dai redditi elevati verso il mondo produttivo
ed i ceti meno abbienti, che nella loro destinazione. In particolare:
1) Mancato investimento nel
completamento del pilastro della sicurezza per i lavoratori. Questo sia come
sussidio di disoccupazione per chi ha perso il lavoro, anche nei casi di lunga
durata, che nei confronti di chi è in cerca di prima occupazione o si trova in
uno stato di marginalità. Dovrebbe essere inoltre previsto che chiunque goda di
un sussidio ( oltre alla possibilità di godere di contratto di ricollocamento o
di opportuna valorizzazione e formazione ) sia tenuto alla prestazione di
lavoro di base nel settore dell’edilizia pubblica, pulizia, sorveglianza,
assistenza ecc.
2) rinuncia al sostegno ed
indirizzo alla politica industriale da parte dello Stato con importanti
investimenti diretti ed in sinergia con i privati. E' dai tempi del libro
" La sfida Americana " di J.J Servan Schreiber fino al recente "
Lo stato innovatore " della Mazzuccato che gli USA ci mostrano come la
spesa statale traini l'economia americana all'avanguardia nel mondo. L'hanno
fatto con l'avventura spaziale, con le autostrade informatiche di Clinton, con
la Silicon Valley ecc ec. Noi restiamo sempre invece dubbiosi e diffidenti sul
sostegno statale all'economia. E' vero che a partire dalla fine degli anni '60
lo spettacolo di spreco e corruzione è stato insopportabile; ma, ricordiamoci
che nel dopoguerra, invece, il ruolo dello Stato fu importante, almeno per
quello che riguarda l'energia, le stesse Banche, le infrastrutture ecc. Una
forte discontinuità, in alcuni momenti, può essere ottenuta con un'organizzata
sinergica interazione fra Stato e sistema delle imprese.
c) mancato risanamento delle
finanze pubbliche ( A questo proposito,
si dovrebbe destinare alla riduzione dello stock del debito un piano
articolato di dismissione del patrimonio
mobiliare ed immobiliare pubblico per almeno 400 MM).
Per ottenere adeguate risorse da
una maggiore imposizione fiscale e procedere sulla strada della redistribuzione
delle ricchezze bisognerebbe aumentare le aliquote Irpef progressivamente a
partire dai 75.000 euro; mentre, per quanto riguarda la cedolare secca sugli
introiti di rendita immobiliare e mobiliare, sarebbe opportuno almeno adottare
un criterio progressivo, introducendo una seconda fascia con aliquote superiori
di almeno cinque punti percentuali.
La possibile terza fase di
alleggerimento fiscale nei confronti dei redditi medi mi lascia, pertanto,
molto perplesso,così come il preannunciato ritocco fiscale sulla casa, a meno
che non si tratti ( come ormai si può immaginare) di una semplice
razionalizzazione. Anticiperei, se fosse possibile, lo sgravio fiscale per le
imprese e lo amplierei, ponendo a carico della fiscalità generale la maggior
parte del cuneo fiscale sui lavoro di base, per aumentare la complessiva
competitività del nostro sistema industriale. La riduzione del costo del denaro
in atto( grazie al QE della BCE), del costo dell'energia ed una forte azione di
traino da parte dello Stato potrebbe fare il resto.
La redistribuzione delle
ricchezze, necessaria al nostro sviluppo, non può inoltre evitare di fare i
conti con due mali endemici che ci portiamo dietro da troppi anni: illegalità
diffusa e criminalità organizzata.Due questioni che non possiamo più tollerare
e che vanno attaccate duramente con strumenti eccezionali.
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