Le nuove mafie prosperano con business senza confini

Cultura | 7 dicembre 2019
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Sala affollata sino ai piani alti al cinema Rouge et Noir di Palermo per la terza conferenza del Progetto Educativo Antimafia del Centro Studi Pio La Torre. Alla conferenza dal titolo «Le nuove mafie: continuità e trasformazione» sono intervenuti come relatori: Antonio La Spina, sociologo e docente presso la Luiss Università di Roma; in videoconferenza Enzo Ciconte, docente presso l’Università di Pavia; Giorgia Righi, capo ricerca su tratta e traffico di migranti per l’Ufficio delle Nazioni Unite su Droga e Crimine (UNODC); a moderare gli interventi Rino Cascio, capo redattore di Rai Sicilia. 

Nel corso del primo intervento il professore La Spina ha sottolineato come il termine “nuovo” riferito alle mafie, così come alle organizzazioni criminali in generale, possa avere una doppia valenza. Da un lato, infatti, ci si potrebbe riferire alle nuove organizzazioni criminali presenti a livello internazionale che operano nei traffici illeciti di droga e di essere umani; dall’altro alle nuove forme che “le vecchie mafie”, le cosiddette “mafie tradizionali” hanno assunto ai giorni nostri. Mentre in passato quest’ultime fondavano il loro potere sul controllo del territorio attraverso l’estorsione e avevano la finalità di costituire una sorta di monopolio, oggi sono, invece, ramificate su più territori e spesso convivono con le nuove forme di criminalità organizzata e con quelle definite “etniche”. Non nascono e non si diffondono dunque in contesti di “tradizionale radicamento” e proprio per questo motivo sono costrette a trovare nuove forme e nuovi appigli. Questo processo è quello che è avvenuto al Nord Italia per esempio, là dove non si era abituati al pagamento del pizzo le mafie hanno cercato legami con gli imprenditori. Un altro aspetto interessante è che mentre in passato i gruppi criminali erano membri dello stesso territorio e si facevano la guerra per contenderselo, la diversa provenienza su un “territorio neutro” sembra determinare una sorta di compresenza. Anche in questo caso, il contrasto a queste nuove mafie viene data dalla lungimiranza della legge 416 bis che condanna qualsiasi «associazione di tipo mafioso».

Durante il suo intervento il professore Enzo Ciconte ha parlato di come le mafie si siano trasferite al nord, identificando i seguenti aspetti principali: 1) La legge di soggiorno obbligato (in passato); 2) la necessità di trovare beni e di difendere illeciti; 3) la necessità di trovare i fondi; 4) lo sviluppo finanziario. Era dunque inevitabile, secondo il professore, che le mafie si spostassero al nord. Riporta l’esempio di Pavia dove dieci anni fa scoppiò il caso che vide alcuni politici e alcune persone di alto livello invischiate con esponenti delle organizzazioni criminali. Il professore ha riportato anche un altro cambiamento estremamente interessante: se prima le mafie si fondavano sul silenzio e l’omertà, oggi anche le mafie hanno scoperto i social network e tramite questi trovano affiliati e persone disposte a sostenerli. Conclude il suo intervento sottolineando come «non esista territorio al mondo privo della presenza di una qualche mafia».

Giorgia Righi nel corso del suo intervento ha parlato della mafia nigeriana, di come essa sia nata dalle confraternite universitarie chiamate “cult”, le quali nate per rivendicare la propria appartenenza a gruppi sociali e/o religiosi sono, in alcuni casi, diventate dopo gli anni ’60, a seguito della guerra civile esplosa in Nigeria, gruppi criminali di rivendicazione. Mostrando un power point ha illustrato la formazione, i riti svolti per diventare membri, i colori e i simboli che contraddistingue chi ne fa parte.

Osas Egbon, presidentessa dell’associazione Donne di Benin City, ha concluso la conferenza raccontando dal palco la sua testimonianza di donna ex vittima di tratta. Altre due testimonianze riguardanti il traffico degli esseri umani sono state raccontate da un ragazzo del Centro Circondariale di San Cataldo presente in videoconferenza e da un ragazzo dell’Istituto Comprensivo Francesco Ferrara proveniente dal Mali che ha raccontato tutto quello che ha visto e vissuto prima di arrivare qui, a Palermo.

Una conferenza intensa quella di oggi, e a caldo, abbiamo voluto raccogliere alcune delle impressioni degli studenti che erano presenti in sala.

Ajimo, ragazzo italo-tunisimo dell’Istituto Comprensivo Francesco Ferrara, ci dice che lui trova sempre interessantissimi gli argomenti trattati nelle conferenze e che oggi ciò che l’ha colpito di più «è la testimonianza di Osas, perché come abbiamo visto anche nel video e come lei stessa ha detto, le donne che sono costrette a prostituirsi sono delle vittime. Ed è vero, io sono d’accordo, sono delle vittime. Non è una cosa giusta, anche perché, secondo me che sono “maschio”, non dico “uomo” perché ancora devo crescere, devo ancora costruirmi; è ingiusto che un uomo vada a pagare una donna per un rapporto sessuale. Il sesso è una cosa naturale ed è giustissimo che avvenga naturalmente. Un uomo che fa una cosa del genere non può definirsi tale». Anche tre ragazzi dell’Istituto Superiore Einaudi Pareto ci hanno raccontato il loro preziosissimo punto di vista:

Vincenzo: «la cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto che è stato un incontro diverso, nel senso che il tema non è stato quello della mafia tradizionale, non si parlato più solo di Palermo o dell’Italia, ma anche del fatto che sia presente sul nostro territorio la mafia nigeriana, per esempio, con altre modalità, altri modelli e altre modernità. Quindi dato che avviene nel nostro territorio è giusto che se ne parli ed è giusto che si trovi una soluzione.»

Martina: «io penso che sia stato un argomento molto importante da affrontare perché è presente nel nostro paese e quindi influisce anche su tutti noi. Una cosa fondamentale che penso è che questi argomenti vadano affrontati sin dall’inizio della scuola, perché se dai l’istruzione ai bambini e li fai crescere con degli ideali arriveranno ad essere delle persone che non cadranno in tentazione nella rete della mafia. Se la scuola agisce formandoli, loro non cadranno, anche se dovessero fare parte di una famiglia mafiosa.»

Alessio: «per me la cosa più importante per sradicare la mafia è conoscerla, poi è importantissimo sottrarre le persone più soggette a questo tipo di criminalità e dalle realtà difficili che vivono tutti i giorni. Come accadeva alla Kalsa, come accade oggi in Nigeria, si dovrebbe intervenire nei luoghi specifici.»

Non poteva esserci conclusione migliore per questa giornata di quella data dalle voci e dalle opinioni di questi giovani che sempre più spesso mostrano di avere le idee chiare ed essere pronti per affrontare con spirito critico la realtà che li circonda.

 di Selenia Di Bella

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