Le mafie si arricchiscono con l'emergenza Covid

18 luglio 2020
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L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19 è un’occasione per le organizzazioni criminali per consolidare ancora di più i propri affari e per ampliare il consenso. È quanto sottolinea la Dia nella sua relazione relativa all’attività antimafia svolta nel secondo semestre 2019 e che dedica una sezione speciale all’emergenza Covid-19. Secondo la Dia, si profila un doppio scenario. Un primo di breve periodo, in cui le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare sul territorio, specie nelle aree del Sud, il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali. Un secondo, di medio-lungo periodo, in cui, poiché l’economia internazionale avrà bisogno di liquidità, le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di iniezioni finanziarie.

Già da tempo – sottolinea ancora la Dia - si è osservata la tendenza delle organizzazioni mafiose ad operare sotto traccia e in modo silente, evitando azioni eclatanti. Le mafie rivolgono le proprie attenzioni verso ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Si tratta di modelli di mafia moderni, capaci sia di rafforzare i propri vincoli associativi, mediante la ricerca di consenso nelle aree a forte sofferenza economica, sia di stare al passo con le più avanzate strategie d’investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi dell’Unione Europea. In tale quadro, l’attuale grave crisi sanitaria si presenta per le organizzazioni criminali come una “opportunità” per ampliare i propri affari, a partire dai settori economici già da tempo infiltrati, per estendersi anche a nuove tipologie di attività.


Il ruolo di Cosa Nostra – La mafia siciliana, in particolare, potrebbe sfruttare la crisi epidemica per confermare il suo radicamento sociale attraverso una strategia a più livelli. Il primo attraverso l’elargizione di “sussidi” alle famiglie più indigenti. Il secondo livello è più elevato. Cosa nostra continua a mantenere il controllo di molte filiere produttive, a partire da quella della distribuzione alimentare, a quella turistico-alberghiera, dell’industria manifatturiera e del ciclo dei rifiuti. A queste attività si affiancano, poi, gli investimenti realizzati nel settore dei giochi e delle scommesse ed in quello immobiliare (anche attraverso il controllo delle aste giudiziarie), nei lavori connessi alla realizzazione degli impianti di energia da fonti rinnovabili e in tutti quei settori che usufruiscono di finanziamenti pubblici statali e comunitari, a partire da quelli a sostegno dell’agricoltura e di promozione dello sviluppo rurale. Questa strategia, che già vede coinvolta una fascia non certo irrilevante dell’economia siciliana, a seguito dell’emergenza coronavirus potrebbe estendersi, andando ad “occupare” anche i settori connessi alla sanità. Un posizionamento ancora più forte nel sistema sanitario regionale avrebbe, quale ulteriore effetto collaterale, quello di incidere sugli apparati della Pubblica Amministrazione che saranno chiamati alla gestione dei finanziamenti e degli appalti pubblici.


L’infiltrazione negli Enti locali - La pressione delle organizzazioni criminali sta frenando la buona gestione amministrativa degli Enti pubblici e l’attività delle imprese, spesso costrette ad operare con il timore di minacce e in un regime di concorrenza pesantemente viziata dalle infiltrazioni dei sodalizi mafiosi. Nel 2019 sono stati sciolti venti consigli comunali e due aziende sanitarie provinciali, che si sono aggiunti alle ventinove amministrazioni ancora in fase di commissariamento. In totale sono cinquantuno gli Enti in gestione commissariale per infiltrazioni mafiose, di cui 25 in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e 1 in Basilicata: si tratta del numero, in assoluto, più alto dal 1991, anno di introduzione della norma sullo scioglimento per mafia degli enti locali. Nell’Isola, ai già commissariati comuni di San Biagio Platani, Camastra, Bompensiere, Trecastagni e Vittoria, si sono aggiunti nel corso del 2019 Pachino, Mistretta, San Cataldo, San Cipirello, Torretta, Misterbianco e, a dicembre, Mezzojuso.


L’espansione della Stidda agrigentina - Dalla relazione emerge come, se in Sicilia occidentale si conferma una strutturazione cristallizzata in mandamenti e famiglie, nella provincia di Agrigento continua a registrarsi una “zona” permeabile anche all’influenza di un’altra organizzazione, la cosiddetta “stidda”, di più recente costituzione. La stidda, originaria del comprensorio di Gela (Cl), ha progressivamente ampliato la propria sfera d’azione, estendendosi ai territori delle province limitrofe. Le indagini del secondo semestre dello scorso anno hanno messo in evidenza come il sodalizio mafioso abbia ampliato il proprio raggio di azione fino a diventare – sulla scia di

Cosa Nostra - un'impresa criminale inserita nelle reti finanziarie del Nord Italia. Nel territorio di Brescia, infatti, è emersa la presenza di elementi riconducibili alla stidda, dediti ad affari che hanno coinvolto alcuni imprenditori e professionisti lombardi nonché, in misura minore, piemontesi, in un giro di false compensazioni di crediti d’imposta.


I beni sequestrati e confiscati - In Sicilia sono quasi 6.200 gli immobili in gestione, mentre oltre 6.300 sono quelli già destinati. La gran parte di questi immobili è costituita da appartamenti e ville, da terreni agricoli e magazzini, ma sono compresi anche laboratori artigianali, strutture alberghiere, stalle, scuderie e perfino case di cura. Sono invece 810 le aziende attualmente ancora in gestione e 495 già destinate, tra le quali soprattutto imprese di costruzioni, ma anche attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio, società di trasporti, di ricezione turistica, di produzione di energia e di servizi vari, nonché società che svolgevano attività finanziarie.


Mafia e giochi – Tra i settori finanziari più redditizi nei quali le organizzazioni criminali hanno negli ultimi anni esteso sempre più i loro interessi vi è senz’altro anche quello legato al gioco d’azzardo e alle scommesse. In questo ambito i profitti vengono realizzati secondo due direttrici: da un lato la gestione “storica” del gioco d’azzardo illegale, le cui prospettive sono andate allargandosi con l’offerta online; dall’altro, la contaminazione del mercato del gioco e delle scommesse legali, che garantisce rilevanti introiti a fronte del rischio di sanzioni ritenute economicamente sopportabili. Alla tradizionale attività estorsiva ai danni delle società concessionarie, delle sale da gioco e degli esercizi commerciali, soprattutto bar e tabaccherie, in cui si esercita il gioco elettronico, si affianca l’imposizione degli apparecchi negli esercizi pubblici da parte di referenti dei clan o l’alternativa, offerta alle vittime, di consentire l’installazione ad altri, a fronte, però, del pagamento di una somma mensile per ogni apparecchio. C’è poi un ulteriore aspetto dai drammatici risvolti sociali: le mafie approfittano dei giocatori affetti da ludopatia, concedendo loro prestiti a tassi usurari. Si genera così, un circolo vizioso, in cui alla dipendenza dal gioco si somma la “dipendenza” economica dai clan. Queste condotte fanno da ponte verso la seconda direttrice altrettanto importante per le mafie, quella dell’infiltrazione del gioco legale. In questo caso le condotte criminali sono per lo più finalizzate all’alterazione dei flussi di comunicazione dei dati di gioco, dagli apparecchi al sistema di elaborazione del concessionario. Grazie a questo meccanismo la criminalità si appropria non solo degli importi di spettanza dei Monopoli a titolo di imposta, ma anche dell’aggio del concessionario che è direttamente proporzionale al volume delle giocate.

Davide Mancuso



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