Le famiglie con figli sono le più esposte alla povertà
Società | 27 luglio 2022
I bambini e i ragazzi, secondo i dati sulla povertà assoluta resi noti dall’Istat, restano la fascia d’età più spesso in povertà. Nel 2021 i minori in povertà assoluta infatti sono stati 1.382.0000. Nello specifico, sono poveri il 13,2% dei bambini con meno di 3 anni, mentre tra quelli poco più grandi (fascia 4-6) l’incidenza raggiunge il 15,4%. In povertà assoluta anche il 14,9% dei residenti tra i 7 e i 13 anni e il 13,2% tra i 14 anni e la maggiore età.
Il 2020, primo anno di pandemia, aveva visto un netto peggioramento rispetto al 2019. I dati del 2021 confermano il dato dell’anno precedente, record della serie storica con un ulteriore peggioramento per i bambini dai 4 ai 6 anni. In Italia le famiglie con i figli piccoli sono quindi quelle più esposte al rischio di trovarsi in una situazione di indigenza e al crescere del numero dei figli, cresce anche l’incidenza della povertà assoluta.
I dati riportati da Openpolis mettono in luce come con la pandemia la povertà peggiora la condizione delle famiglie numerose. Nel 2021 il livello medio di povertà familiare è pari al 7,5%; il tasso cala al 6% tra le persone sole e al 5% tra le famiglie di 2 persone. Sale al 7,1% in presenza di 3 persone; con 4 persone invece all’11,6%. In famiglie con almeno 5 membri si arriva perfino al 22,6%.
Una delle conseguenze del calo della natalità è stata la diminuzione dei nuclei che hanno figli a carico. Tra il 2009 e il 2021 il numero di queste famiglie è calato da 11,8 a 11,4 milioni. La contrazione appare particolarmente marcata tra le famiglie con dei bambini piccoli, mentre crescono quelle in cui vivono dei figli adulti. Se nel 2009 erano 2,8 milioni i nuclei dove il figlio più piccolo aveva fino a 5 anni, a distanza di oltre un decennio sono circa 600mila in meno: 2,2 milioni. Una contrazione superiore al 20%. Sono aumentati altresì i nuclei composti da una sola persona che negli ultimi anni sono diventati circa un terzo delle famiglie esistenti in Italia. Erano meno di una su 4 (23%) all’inizio di questo secolo. Di contro, sono diminuite le famiglie numerose, passate dal 7,5% di quelle presenti in Italia nel 1999-2000 al 5,2% attuale. In conseguenza di tali tendenze in Italia, in media, oggi una famiglia è composta da 2,3 persone. Una cifra variabile a seconda dell’area geografica: sono rispettivamente 2,5 e 2,4 i membri per nucleo nel sud e nelle isole, mentre il rapporto scende a 2,2 nell’Italia nord-occidentale.
Secondo Openpolis il trend discendente nell’ultimo ventennio, tuttavia, è comune a tutte le aree geografiche. Da 2,5 componenti per nucleo nel biennio 1999-2000 ai 2,2 attuali nel nord-ovest, da 2,6 a 2,3 nel centro e nel nord-est. Ma è soprattutto il Mezzogiorno ad aver visto il calo più significativo. Da 3 a 2,5 nel sud continentale e da 2,8 a 2,4 nelle isole. Si tratta dell’effetto di lungo periodo di una diminuzione costante negli anni delle famiglie numerose, avvenuta in tutto il paese, da nord a sud. In linea di massima, maggiore è il numero medio di componenti del nucleo familiare, maggiore è anche il livello di vulnerabilità sociale. Ciò è ovviamente dovuto anche alla stessa modalità di costruzione dell’indicatore, che valorizza il ruolo delle famiglie numerose e con tanti figli come fattore di vulnerabilità sociale, oltre ad altri aspetti quali la presenza di anziani soli e la quota di popolazione meno istruita. A fronte di una media nazionale di 2,3 membri per nucleo, in base ai dati 2018, le famiglie più numerose si trovano nella città metropolitana di Napoli (2,77 in media nella ex provincia). Seguono le aree provinciali di Barletta-Andria-Trani (2,7), Caserta (2,65), Catania (2,6), Palermo e Foggia (entrambe con un rapporto di 2,56 componenti per nucleo familiare). Tra i singoli comuni, isolando i 15 più popolosi, a spiccare è la città di Catania che conta le famiglie mediamente più numerose: in media 2,76 membri per nucleo. Seguono 4 grandi città meridionali: Napoli (2,58), Palermo (2,57), Messina (2,37) e Bari (2,35). Sono anche le uniche città maggiori a superare la media nazionale (2,3). Sesta per numerosità media delle famiglie Verona (2,1), valore in linea con quello di Roma. Non raggiungono il rapporto di 2 membri per nucleo 4 grandi città, tutte settentrionali: Genova (1,98), Trieste (1,92), Bologna (1,89) e Milano (1,85).
di Melania Federico
Il 2020, primo anno di pandemia, aveva visto un netto peggioramento rispetto al 2019. I dati del 2021 confermano il dato dell’anno precedente, record della serie storica con un ulteriore peggioramento per i bambini dai 4 ai 6 anni. In Italia le famiglie con i figli piccoli sono quindi quelle più esposte al rischio di trovarsi in una situazione di indigenza e al crescere del numero dei figli, cresce anche l’incidenza della povertà assoluta.
I dati riportati da Openpolis mettono in luce come con la pandemia la povertà peggiora la condizione delle famiglie numerose. Nel 2021 il livello medio di povertà familiare è pari al 7,5%; il tasso cala al 6% tra le persone sole e al 5% tra le famiglie di 2 persone. Sale al 7,1% in presenza di 3 persone; con 4 persone invece all’11,6%. In famiglie con almeno 5 membri si arriva perfino al 22,6%.
Una delle conseguenze del calo della natalità è stata la diminuzione dei nuclei che hanno figli a carico. Tra il 2009 e il 2021 il numero di queste famiglie è calato da 11,8 a 11,4 milioni. La contrazione appare particolarmente marcata tra le famiglie con dei bambini piccoli, mentre crescono quelle in cui vivono dei figli adulti. Se nel 2009 erano 2,8 milioni i nuclei dove il figlio più piccolo aveva fino a 5 anni, a distanza di oltre un decennio sono circa 600mila in meno: 2,2 milioni. Una contrazione superiore al 20%. Sono aumentati altresì i nuclei composti da una sola persona che negli ultimi anni sono diventati circa un terzo delle famiglie esistenti in Italia. Erano meno di una su 4 (23%) all’inizio di questo secolo. Di contro, sono diminuite le famiglie numerose, passate dal 7,5% di quelle presenti in Italia nel 1999-2000 al 5,2% attuale. In conseguenza di tali tendenze in Italia, in media, oggi una famiglia è composta da 2,3 persone. Una cifra variabile a seconda dell’area geografica: sono rispettivamente 2,5 e 2,4 i membri per nucleo nel sud e nelle isole, mentre il rapporto scende a 2,2 nell’Italia nord-occidentale.
Secondo Openpolis il trend discendente nell’ultimo ventennio, tuttavia, è comune a tutte le aree geografiche. Da 2,5 componenti per nucleo nel biennio 1999-2000 ai 2,2 attuali nel nord-ovest, da 2,6 a 2,3 nel centro e nel nord-est. Ma è soprattutto il Mezzogiorno ad aver visto il calo più significativo. Da 3 a 2,5 nel sud continentale e da 2,8 a 2,4 nelle isole. Si tratta dell’effetto di lungo periodo di una diminuzione costante negli anni delle famiglie numerose, avvenuta in tutto il paese, da nord a sud. In linea di massima, maggiore è il numero medio di componenti del nucleo familiare, maggiore è anche il livello di vulnerabilità sociale. Ciò è ovviamente dovuto anche alla stessa modalità di costruzione dell’indicatore, che valorizza il ruolo delle famiglie numerose e con tanti figli come fattore di vulnerabilità sociale, oltre ad altri aspetti quali la presenza di anziani soli e la quota di popolazione meno istruita. A fronte di una media nazionale di 2,3 membri per nucleo, in base ai dati 2018, le famiglie più numerose si trovano nella città metropolitana di Napoli (2,77 in media nella ex provincia). Seguono le aree provinciali di Barletta-Andria-Trani (2,7), Caserta (2,65), Catania (2,6), Palermo e Foggia (entrambe con un rapporto di 2,56 componenti per nucleo familiare). Tra i singoli comuni, isolando i 15 più popolosi, a spiccare è la città di Catania che conta le famiglie mediamente più numerose: in media 2,76 membri per nucleo. Seguono 4 grandi città meridionali: Napoli (2,58), Palermo (2,57), Messina (2,37) e Bari (2,35). Sono anche le uniche città maggiori a superare la media nazionale (2,3). Sesta per numerosità media delle famiglie Verona (2,1), valore in linea con quello di Roma. Non raggiungono il rapporto di 2 membri per nucleo 4 grandi città, tutte settentrionali: Genova (1,98), Trieste (1,92), Bologna (1,89) e Milano (1,85).
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