Le emergenze post referendarie che la politica non vuole affrontare

Politica | 16 dicembre 2016
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Il referendum costituzionale ha dato risultati sorprendenti non tanto per la prevalenza dei No sui Sì che era stata anticipata da tutti i sondaggi quanto per la misura dello scarto , per la sua distribuzione nel territorio e soprattutto per la grande partecipazione.

La prevalenza dei No era già nei numeri delle forze politiche che lo sostenevano, praticamente tutte tranne l’Ncd ed alcune forze di centro, con in più la cosiddetta minoranza dello stesso Pd. Di tale svantaggio era cosciente lo stesso Renzi che infatti si è speso molto, senza riuscirci, per illustrare le ragioni del Si specialmente nel sud e nelle isole dove i sondaggi lo davano in sofferenza. Forte delle molte riforme fatte (da quella della scuola a quella della giustizia, da quella del lavoro a quella della pubblica amministrazione, da quella delle unioni civili a quella del “dopo vita”, da quella delle banche popolari a quella delle province per citare le più importanti) sperava che gli italiani avrebbero apprezzato il taglio riformistico del suo governo e considerato soprattutto il merito delle modifiche proposte in relazione alla semplificazione della vita amministrativa ed ai suoi costi .

Invece si è sbagliato perchè è prevalso il criterio (che temeva) della personalizzazione della scelta, a favore o contro Renzi , con il risultato di mobilitare tutto l’elettorato scontento e di attribuire al Presidente del Consiglio tutto ciò di negativo è oggi nella nostra società, compresa la crisi economica che come si sa ha origini in parte esogene ( prodotti subprime) e la questione sociale che come si sa ha origini storiche (questione meridionale) ed implicazioni finanziarie ( il nostro enorme debito pubblico) .

In pratica si è ripetuto anche in Italia ciò che secondo molti si è verificato in occasione del referendum sulla Brexit e della elezione di Trump: il fenomeno per il quale più crescono le sollecitazioni in favore di soluzioni o persone ritenute più opportune per il sistema, ed in Italia ci sono state, più si tende a disattenderle da parte di coloro che si sentono esclusi .

Questa interpretazione spiega sia la elevata partecipazione degli elettori, sia l’alto numero di No, sia la forte concentrazione di questi ultimi nelle regioni dove è più forte il disagio economico e tra le categorie sociali dove è più diffusa la disoccupazione.

Certo non si può escludere che anche altri fattori, gli immigrati, lo schema amico-nemico nei rapporti politici, la scarsa informazione sui quesiti referendari, l’opposizione della Cigl e della cosiddetta minoranza del Pd, possano avere avuto un peso ma secondo molti è stato determinante soprattutto il disagio economico-sociale.

Quale che sia stata la causa o le cause della sconfitta del Si la situazione è oggi la seguente:

a) difficilmente per molti anni si riparlerà di riforme costituzionali con il risultato che sarà ancora una volta rimandata la cosiddetta semplificazione amministrativa , causa di ritardi ed anche di ostacoli agli investimenti;

b) non si può immediatamente votare come auspicato dai partiti di opposizione ed anche dallo stesso Renzi perché manca una legge elettorale coerente tra Camera e Senato;

c) nell’attesa che questa sia approvata, cosa questa secondo esperienza non facile in tempi brevi, dati gli impegni e le emergenze del nostro Paese, si è provveduto alla costituzione di un nuovo governo, quasi del tutto analogo nella composizione al precedente, presieduto da Gentiloni e controllato dal Pd dato che questo partito ha la maggioranza relativa nel nostro Parlamento;

d) il nuovo governo nasce quasi (il gruppo Ala ha dichiarato di uscire dalla maggioranza) con la stessa disposizione del precedente per quanto riguarda le forze in campo, forse con maggiore rabbia delle opposizioni che avrebbero voluto mandare via Renzi e votare;

e) i partiti complessivamente non hanno dato buona prova compresi quelli di sinistra che continuano a farsi male.

 di Diego Lana

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