Le donne e i media, il gap italiano nell'Europa

Cultura | 6 gennaio 2016
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Si parla tanto di parità dei diritti, eppure non variano negli ultimi 5 anni i valori di presenza femminile sui mezzi di comunicazione. Ancora oggi lo spazio riservato alle donne nei media è pari solamente al 24% delle presenze globali, a fronte di una rappresentanza nella società che supera il 50%. Questo è quanto emerge dagli studi condotti ogni cinque anni dalla Wacc, associazione mondiale per la comunicazione cristiana, che dal 1995  organizza il più vasto studio globale, Global Media Monitoring Project (GMMP), legato alle relazioni fra questioni di genere e i mezzi di comunicazione. Quest’anno la quinta edizione del rapporto è stata sviluppata fra 114 nazioni con oltre 45 mila interviste effettuate. Nel 2015 le donne nei media hanno rappresentato il 38% delle persone intervistate al fine di riportare la propria esperienza personale su una determinata questione, il 19% degli esperti interpellati e il 20% dei portavoce. Nella comunità scientifica le donne rappresentano il 35% del personale, ma occupano appena l'8% dello spazio pubblico. Discorso simile per quel che riguarda la politica, in cui le donne compaiono soltanto il 16% del tempo. Dati migliori per quel che riguarda le televisioni fra giornalisti e conduttrici di telegiornali. In sostanza, la presenza femminile è aumentata dal 7% del 1995 al 21% del 2015, ma siamo ancora al di sotto della media globale del 24% e il processo è troppo lento. La distribuzione delle donne e degli uomini per i temi dell’informazione 2015 continua a mostrare un’evidente marginalizzazione delle donne nelle notizie di politica (15%) ed economia (10%). Le donne superano gli uomini solo nelle poche notizie relative a scienze e salute (64%). A vent’anni dal primo GMMP, le sfide degli stereotipi e della discriminazione di genere nei media si dimostrano persistenti e complesse nel tempo, nello spazio e nelle piattaforme di distribuzione dei contenuti. Allo stesso tempo, tuttavia, vanno segnalati alcuni esempi positivi di media gender-fair. In particolare, in Italia, ci sono stati sviluppi interessanti negli ultimi 5 anni, attraverso iniziative di rilevanza nazionale, quali l’adozione di disposizioni da parte degli organi di stampa, inclusa l’azienda radio-televisiva pubblica RAI, e buone pratiche adottate da gruppi di giornaliste. Tutto ciò sembra suggerire non solo una rinnovata attenzione, ma anche l’emergere di una sensibilità verso l’uguaglianza di genere e la non discriminazione delle donne nelle notizie e, più in generale, da parte dei mezzi di comunicazione. Secondo i più recenti dati Eurostat sull’occupazione, l’Italia risulta essere il fanalino di coda tra i 27 paesi europei analizzati, con un tasso di occupazione femminile del 50,3%, appena al di sopra della Grecia (44,3%), contro una media europea del 63,5%.

Le edizione tra il 2010 e 2015 del GMMP sono state quelle più dibattute sulla questione donne e media soprattutto in Italia, tanto da sollecitare molte associazioni di categoria dando origine a due importanti iniziative: La 27esima ora e l’associazione Gi.U.Li.A. (Giornaliste Unite Libere Autonome). La 27esima ora è uno spazio importante di dibattito online su temi che riguardano da vicino la vita delle donne, dalla violenza ai problemi di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nato su iniziativa della vice-direttrice del Corriere della sera, Barbara Stefanelli. Il blog già a un anno dal suo esordio registrava settecentomila contatti mensili, collocandosi fra i primi dieci più frequentati in rete e il secondo blog legato a una testata giornalistica. Inoltre, continua a crescere estendendo la propria attività oltre la rete e di recente ha lanciato anche una radio (Radio27). Mentre, Gi.U.Li.A. è una rete che coinvolge più di 800 giornaliste in Italia, con un blog di diffusione delle tematiche femminili e di pari opportunità, con diverse iniziative culturali e sociali e con un impegno profuso nella sensibilizzazione della società civile, così come della categoria professionale, sui temi della rappresentazione bilanciata e non stereotipata delle donne nei media. Anche la riforma dell’Ordine dei Giornalisti, che prevede la formazione continua nel corso della carriera professionale dei giornalisti, ha incluso l’informazione di genere nei programmi formativi (articolo 10), proprio perché le rappresentazioni mediatiche sono importanti affinché cittadine e cittadini siano disponibili ad accogliere e sostenere precise politiche, anche di pari opportunità. È attraverso questi meccanismi che, nel mondo, le basi culturali della disuguaglianza di genere e della discriminazione contro le donne vengono spesso rafforzate attraverso i media.

 di Melinda Zacco

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