Le concessioni e i lidi che occupano le spiagge a scapito dei bagnanti

Società | 28 agosto 2019
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Un reportage lungo la Penisola per fare un focus sullo stato di salute ambientale e turistico delle coste italiane e il diritto di accesso alla spiaggia libera. A tracciare i tratti salienti dei lidi della Penisola caratterizzata da ben 3.346 km di coste sabbiose – è il rapporto Spiagge 2019 di Legambiente che fotografa una situazione complessa e variegata. Le spiagge libere sono spesso un miraggio, quelle presenti sono il più delle volte di serie B e poste vicino a foci dei fiumi, fossi o fognature dove la balneazione è vietata. A ciò va aggiunto limpatto che ormai i cambiamenti climatici, lerosione e il cemento selvaggio stanno avendo sulle coste ridisegnandole. Ma anche il problema dellinquinamento, laccessibilità negata e quello delle concessioni senza controlli. In questi anni lungo il litorale italiano si è registrato un grande fermento green che punta sulla sostenibilità ambientale, su un impegno plastic-free e sulla difesa della biodiversità anche attraverso lesperienza maturata con il marchio “Ecospiagge per tutti”.

In Italia, secondo i dati e le esperienze virtuose raccolte dallassociazione ambientalista, sono ben 52.619 le concessioni demaniali marittime, di cui 11.104 sono per stabilimenti balneari, 1.231 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, mentre le restanti sono distribuite su vari utilizzi. Le sole concessioni relative agli stabilimenti ed ai campeggi superano il 42% di occupazione delle spiagge, ma se si aggiungono quelle relative ad altre attività turistiche si supera il 50%. In Liguria ed Emilia-Romagna, ad esempio, quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti, in Campania è il 67,7%, nelle Marche il 61,8%. In alcune aree il continuum di stabilimenti assume forme incredibili, come in Versilia, dove sono presenti 683 stabilimenti sui 1.291 dellintera regione. Risalendo dal Porto di Viareggio fino al confine Nord del Comune di Massa si possono percorrere lungo la spiaggia 23 chilometri a piedi con accanto stabilimenti di ogni tipo e dimensione, dove saltuariamente sopravvivono alcune strisce di spiagge libere che tutte assieme non arrivano ad un chilometro di lunghezza. Un sovraffollamento che lascia pochi spazi a quanti cercano spiagge per tuffi liberi. Ci sono poi, secondo Legambiente, situazioni di illegalità che riguardano le coste come il caso di Ostia, nel Comune di Roma, o quello di Pozzuoli dove muri e barriere impediscono addirittura di vedere e di accedere al mare, o di dune sbancate nel Salento per realizzare parcheggi e tirare su stabilimenti balneari. Quasi il 10% delle coste, inoltre, è interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. In Veneto oltre un quarto della costa è in queste condizioni, mentre in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Lazio oltre il 10% della costa rientra in questa categoria. Se si considerano i tratti di costa non balneabili, un ulteriore 9,5% della costa risulta quindi non fruibile. Il risultato è che complessivamente nel nostro Paese la spiaggia libera e balneabile si riduce mediamente al 40% , con situazioni limite in Emilia-Romagna, Campania, Marche, Liguria dove diventa difficile da trovare quelle al contempo libere e balneabili.

Legambiente fornisce il suo elisir e sottolinea limportanza di definire nuove regole e politiche per rilanciare il ruolo delle aree costiere italiane fissando le sfide del futuro. Occorre approvare una legge nazionale in materia di aree costiere, come fatto negli altri Paesi, che dia una risposta alle tre sfide che abbiamo di fronte: quello di garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, di premiare la qualità dellofferta nelle spiagge in concessione e di prevedere dei canoni adeguati con risorse da utilizzare per la riqualificazione del patrimonio naturale costiero. Per far ciò è indispensabile avviare un dialogo sinergico coinvolgendo in primo luogo il settore balneare, i cittadini e gli ambientalisti per ragionare insieme sul futuro delle spiagge italiane unendo qualità, accessibilità, sostenibilità e valorizzazione del territorio.

In Italia non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Tale scelta viene lasciata alle Regioni che il più delle volte optano per percentuali molto basse. In Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate. La Sicilia non ha limiti per le spiagge in concessione, ma ha approvato di recente delle nuove linee guida per il rilascio delle concessioni demaniali marittime. Al contrario emergono esempi virtuosi come quello della Puglia che da 13 anni, grazie alla Legge Regionale 17/2006 (la cosiddetta Legge “Minervini”), ha stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti e fissa una percentuale di spiagge libere del 60%. L’associazione ambientalista, inoltre, ricorda come diverse sentenze della Magistratura abbiano ribadito i poteri dei Comuni nel garantire i diritti dei cittadini di fronte a concessioni balneari che impediscono il libero accesso al mare.

Nel suo rapporto Legambiente mette in risalto che in questi anni c’è stato un vero e proprio boom degli stabilimenti green mettendo in luce che, in molte realtà, c’è una proficua collaborazione tra Comuni e balneari che ha portato ad un’offerta di qualità con strutture leggere che consentono di vedere il mare senza barriere e di far convivere parti in concessione e libere, come avviene con grande successo da diversi anni a San Vito Lo Capo.

 di Melania Federico

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