Le Bustine di Minerva che fecero crescere l'Italia

Cultura | 22 febbraio 2016
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Di Francesco Nicolosi Fazio

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Mancando Umberto Eco, ci manca ancor più il coraggio. Invece è con assoluta temerarietà che ci accingiamo a scrivere su di Lui. Come facevano gli antichi chiediamo aiuto agli dei, nel caso alla dea della saggezza, Pallade Atena, in Italia Minerva. Come la “bustina”.

Si sfoglia l’Espresso cartaceo per giungere al gran finale con Scalfari e fino a ieri Eco, questi appunto con la sua felicissima “bustina”. Già nel titolo della rubrica si coglieva come di un messaggio quasi estemporaneo, se non provvisorio, come di appunti scritti proprio sull’esiguo spazio del risvolto dei fiammiferi, oggetto che, in qualche modo, ricordano (esistono ancora?) un microscopico libro, che racchiude una, cento fiamme, dentro un cartoncino colorato dove, tra la seconda e la terza di “copertina”, poteva esserci scritta una vita intera.

 

Pochi centimetri quadri.

Eco così riuniva in una pagina una vicenda che dava la misura dell’epoca degli eventi rappresentati. Sempre con sagacia, spesso umorismo, costantemente con grande onestà ed ampia chiarezza di vedute. Molto più che articoli, dei piccoli grandi saggi, utilissimi  messaggi, mai criptati, righe sempre votate alla ricerca di qualcosa che potesse avvicinarsi alla verità, “una” verità per come un essere umano può percepire, con scienza e coscienza. Eco disponeva di entrambi,

La sua poderosa capacità di sintesi gli permetteva, unico giornalista non direttore in Italia, di intitolare i suoi articoli, stante che invece, per consuetudine, il titolo spetta al redattore, come la  copertina al direttore.

Ma la più grande qualità degli scritti bisettimanali su l’Espresso era l’assoluta mancanza di enfasi, una raffinata e naturale sobrietà che poneva il giornalista Eco in una condizione di assoluta “laicità”, di pensiero ed espressione. Certamente non mancavano a lui gli strumenti verbali per colpire al cuore ed al ventre il lettore; grande semiologo, allievo dell’altrettanto grande Pio Baldelli, avrebbe potuto raggiungere qualunque bersaglio, ma la sua prosa era sempre coerente ed onesta.

Con la memoria, tornando indietro nel tempo, mediante la virtuale stratificazione negli anni delle “bustine”, si ottiene un vero e proprio spessore di utili “segnali”, un insieme di sentimenti che ci offre e dona uno strumento impensato, volutamente tralasciato da Eco: la vera poesia.

Nel numero del 28 gennaio si intravedeva la sua volontà, dentro la critica dell’estetica da vignettista del pittore Hayez (il bacio), di smascherare i finti miti ed evitare che certi miti poi travisino la cultura, in ogni sua forma. Nel secondo numero di febbraio ci aveva allarmato l’assenza della “bustina”. Oggi è il lutto, veramente. Per la perdita di un padre culturale, che, nel continuo suo osservare il mondo, ci ha sorretto per mano. Senza nascondere nulla, senza soverchi incoraggiamenti. Che la notte resta comunque buia, oggi ancor di più.

   


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